Zelboraf: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Zelboraf

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Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Zelboraf: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Zelboraf 240 mg compresse rivestite con film

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Ogni compressa contiene 240 mg di vemurafenib (in forma di co-precipitato di vemurafenib e ipromellosa acetato succinato).

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Compressa rivestita con film (compressa).

Compresse rivestite con film di colore da bianco rosato a bianco arancione, ovali, biconvesse, rivestite con film di circa 19 mm, con la dicitura “VEM” impressa su un lato.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Vemurafenib è indicato, in monoterapia, per il trattamento di pazienti adulti con melanoma inoperabile o metastatico, positivo alla mutazione del BRAF V600 (vedere paragrafo 5.1).

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Il trattamento con vemurafenib deve essere iniziato e supervisionato da un medico qualificato, esperto nell’uso di medicinali antitumorali.

Prima di iniziare la terapia con vemurafenib, si deve accertare la presenza della mutazione BRAF V600 nel tessuto tumorale dei pazienti, mediante un test validato (vedere paragrafi 4.4 e 5.1).

Posologia

La dose raccomandata di vemurafenib è di 960 mg (4 compresse da 240 mg), due volte al giorno, (equivalente ad un dosaggio giornaliero complessivo di 1.920 mg). Vemurafenib può essere assunto con o senza cibo, tuttavia deve essere evitata una costante assunzione di entrambe le dosi giornaliere a stomaco vuoto (vedere paragrafo 5.2).

Durata del trattamento

Il trattamento con vemurafenib deve protrarsi fino alla progressione di malattia o allo sviluppo di un livello inaccettabile di tossicità (vedere la tabella 1 e 2 di seguito riportate).

Dimenticanza di dosi

Qualora venga dimenticata una dose, è possibile assumerla fino a 4 ore prima della dose successiva, al fine di mantenere il regime di due volte al giorno. Non si devono assumere due dosi contemporaneamente.

Vomito

In caso di vomito dopo la somministrazione di vemurafenib, il paziente non deve assumere una dose supplementare del medicinale ed il trattamento deve essere continuato come al solito.

Adeguamenti della posologia

È possibile che la gestione di reazioni avverse da farmaco o il prolungamento dell’intervallo QTc richiedano una riduzione della dose, l’interruzione temporanea e/o la cessazione del trattamento (vedere tabelle 1 e 2). Non sono raccomandati adeguamenti della posologia che comportino una dose inferiore a 480 mg due volte al giorno.

Qualora il paziente sviluppi un carcinoma cutaneo a cellule squamose (cuSCC), si raccomanda di continuare il trattamento senza modificare la dose di vemurafenib (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).

Tabella 1: Schema di modifica della dose in base al grado di qualsiasi evento avverso (AE)

Grado (CTC-AE) (a) Modifica della dose raccomandata
Grado 1 o Grado 2 (tollerabile) Mantenere vemurafenib a una dose di 960 mg due volte
al giorno.
Grado 2 (intollerabile) o Grado 3
1a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 2 o 3 Interrompere il trattamento fino al grado 0-1. Riprendere
alla dose di 720 mg, due volte al giorno (o 480 mg, due volte al giorno, se la dose è già stata ridotta).
2a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 2 o 3, o persistenza dopo l’interruzione del trattamento Interrompere il trattamento fino al grado 0-1. Riprendere alla dose di 480 mg due, volte al giorno (o interrompere definitivamente, se la dose è già stata diminuita a
480 mg, due volte al giorno).
3a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 2 o 3, o persistenza dopo la 2a riduzione della dose Sospendere definitivamente.
Grado 4
1a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 4 Sospendere definitivamente o interrompere il trattamento con vemurafenib fino al grado 0-1. Riprendere alla dose di 480 mg due, volte al giorno (o interrompere definitivamente se la dose è già stata
ridotta a 480 mg, due volte al giorno).
2a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 4 o persistenza di qualsiasi evento avverso di grado 4
dopo la 1a riduzione della dose
Sospendere definitivamente.

(a) L’intensità degli eventi avversi clinici è valutata secondo i Comuni Criteri della Terminologia per gli Eventi Avversi v4.0 (CTC-AE).

Un prolungamento dell’intervallo QT, dipendente dall’esposizione, è stato osservato in uno studio non controllato, in aperto, di fase II, in pazienti che avevano già ricevuto trattamenti per il melanoma metastatico. È possibile che la gestione del prolungamento dell’intervallo QTc richieda misure di monitoraggio specifiche (vedere paragrafo 4.4).

Tabella 2: Schema di modifica della dose in base al prolungamento dell’intervallo QT

Valore QTc Modifica della dose raccomandata
QTc>500 ms al basale Trattamento non raccomandato.
L’aumento del QTc soddisfa sia valori > 500 ms che variazione >60 ms, rispetto ai
valori di pre-trattamento
Sospendere definitivamente.
1a manifestazione del QTc >500 ms durante il trattamento e variazione rispetto al valore di pre-trattamento che rimane <60 ms Interrompere temporaneamente il trattamento fino a quando il valore di QTc non scende al di sotto di 500 ms.
Vedere le misure di monitoraggio al paragrafo 4.4.
Riprendere alla dose di 720 mg due volte al
giorno (o 480 mg due volte al giorno, se la dose è già stata ridotta).
2a manifestazione del QTc >500 ms durante il trattamento e variazione rispetto al valore di pre-trattamento che rimane <60 ms Interrompere temporaneamente il trattamento fino a quando il valore di QTc non scende al di sotto di 500 ms.
Vedere le misure di monitoraggio al paragrafo 4.4.
Riprendere alla dose di 480 mg due volte al giorno (o interrompere definitivamente, se la dose è già stata diminuita a 480 mg due volte
al giorno).
3a manifestazione del QTc >500 ms durante il
trattamento e variazione rispetto al valore di pre-trattamento che rimane <60 ms
Sospendere definitivamente.

Popolazioni speciali

Anziani

Non è richiesta alcuna correzione speciale della dose in pazienti di età > 65 anni.

Compromissione renale

Nei pazienti con compromissione renale sono disponibili dati limitati. Nei pazienti con severa compromissione renale non è possibile escludere il rischio di un’aumentata esposizione. I pazienti con severa compromissione renale devono essere monitorati attentamente (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).

Compromissione epatica

Nei pazienti con compromissione epatica, sono disponibili dati limitati. Dal momento che vemurafenib viene eliminato a livello epatico, è possibile che i pazienti con compromissione epatica da moderata a severa possano avere un’aumentata esposizione e pertanto devono essere monitorati attentamente (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).

Popolazione pediatrica

Nei bambini di età inferiore a 18 anni, la sicurezza e l’efficacia di vemurafenib non sono state stabilite. I dati al momento disponibili sono riportati nei paragrafi 4.8, 5.1 e 5.2, ma non può essere fatta alcuna raccomandazione riguardante la posologia.

Pazienti non caucasici

In pazienti non caucasici, la sicurezza e l’efficacia di vemurafenib non sono state stabilite. Non ci sono dati disponibili.

Modo di somministrazione

Vemurafenib è per uso orale. Le compresse devono essere inghiottite intere con acqua. Non devono essere masticate o schiacciate.

 

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Prima di iniziare la terapia con vemurafenib, si deve accertare la presenza della mutazione BRAF V600 nel tessuto tumorale dei pazienti, mediante un test validato. In pazienti con tumori che esprimono mutazioni rare del BRAF, diverse da V600E e V600K, l’efficacia e la sicurezza di vemurafenib non sono state dimostrate in modo convincente (vedere paragrafo 5.1). Vemurafenib non deve essere usato in pazienti con melanomi maligni BRAF “ceppo selvatico” (wild-type).

Reazione di ipersensibilità

Sono state segnalate gravi reazioni di ipersensibilità associate a vemurafenib, compresa l’anafilassi (vedere paragrafi 4.3 e 4.8). Tra le reazioni di ipersensibilità severe possono essere incluse la sindrome di Stevens-Johnson, eruzione cutanea generalizzata, eritema o ipotensione. In pazienti che manifestano reazioni di ipersensibilità severe, occorre interrompere definitivamente il trattamento con vemurafenib.

Reazioni dermatologiche

Durante lo studio clinico registrativo, nei pazienti trattati con vemurafenib sono state osservate reazioni dermatologiche severe, tra cui rari casi di sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica. Reazioni al farmaco, con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS), sono stati osservati in associazione a vemurafenib, successivamente alla commercializzazione (vedere paragrafo 4.8). Nei pazienti che manifestano una reazione dermatologica severa, il trattamento con vemurafenib deve essere definitivamente interrotto.

Potenziamento della tossicità da radiazioni

In pazienti trattati con radioterapia, prima, durante o successivamente al trattamento con vemurafenib, sono stati osservati casi di reazioni da richiamo e di sensibilizzazione da radiazioni. La maggior parte dei casi erano di natura cutanea, ma alcuni casi che hanno visto l’interessamento di organi viscerali, hanno avuto esito fatale (vedere paragrafi 4.5 e 4.8) Vemurafenib deve essere usato con cautela quando somministrato in concomitanza o successivamente a radioterapia.

Prolungamento dell’intervallo QT

Un prolungamento dell’intervallo QT, dipendente dall’esposizione, è stato osservato in uno studio non controllato, in aperto, di fase II, su pazienti che avevano già ricevuto trattamenti per il melanoma metastatico (vedere paragrafo 4.8). Il prolungamento dell’intervallo QT può tradursi in un aumento del rischio di aritmie ventricolari, compresa la Torsione di punta. Il trattamento con vemurafenib va evitatoin pazienti con anomalie degli elettroliti (compreso il magnesio) non correggibili, sindrome del QT lungo, oppure che stanno assumendo medicinali noti per allungare l’intervallo QT.

In tutti i pazienti, si devono monitorare l’elettrocardiogramma (ECG) e gli elettroliti (compreso il magnesio), prima del trattamento con vemurafenib, dopo un mese di trattamento e dopo la correzione della dose.

In particolare, nei pazienti con compromissione epatica da moderata a severa, si raccomanda un ulteriore monitoraggio, con cadenza mensile durante i primi 3 mesi di trattamento, successivamente ogni 3 mesi o con frequenza maggiore se dettato da necessità cliniche. Non si raccomanda di iniziare un trattamento con vemurafenib in pazienti con QTc>500 millisecondi (ms). Se durante il trattamento il QTc supera 500 ms, si deve interrompere temporaneamente il trattamento con vemurafenib, correggere le anomalie degli elettroliti (compreso il magnesio) e controllare i fattori di rischio cardiaci per il prolungamento dell’intervallo QT (ad es., insufficienza cardiaca congestizia, bradiaritmie). Il trattamento deve essere ripreso una volta che il QTc sarà sceso al di sotto di 500 ms, e ad una dose inferiore, come descritto nella Tabella 2. Nel caso in cui l’aumento del tratto QTc abbia un valore sia >500 ms che >60 ms rispetto ai valori pre-trattamento, si raccomanda di interrompere definitivamente la somministrazione di vemurafenib.

Reazioni oftalmologiche

Sono state osservate gravi reazioni oftalmologiche, comprese uveite, irite e occlusione della vena retinica. I pazienti devono essere monitorati periodicamente per individuare eventuali reazioni oftalmologiche.

Carcinoma cutaneo a cellule squamose (cuSCC)

In pazienti trattati con vemurafenib, sono stati segnalati casi di cuSCC (compresi quelli classificati come cheratoacantoma o cheratoacantoma sottotipo misto) (vedere paragrafo 4.8).

Su tutti i pazienti, si raccomanda di effettuare una valutazione dermatologica prima di iniziare la terapia e di monitorarli routinariamente durante il trattamento. Ogni eventuale lesione cutanea sospetta deve essere asportata, sottoposta a valutazione dermatopatologica e trattata secondo gli standard di assistenza in vigore a livello locale. Il medico che ha effettuato la prescrizione deve esaminare il paziente per cuSCC, durante il trattamento, con cadenza mensile e fino ai sei mesi successivi alla sospensione della terapia. Nei pazienti che sviluppano cuSCC, si raccomanda di continuare il trattamento senza correzione della dose. Il monitoraggio deve continuare per i 6 mesi successivi all’interruzione di vemurafenib o fino all’inizio di un’altra terapia antineoplastica. I pazienti devono essere istruiti a informare il medico nel caso in cui dovessero verificarsi alterazioni cutanee.

Carcinoma non cutaneo a cellule squamose (non-cuSCC)

In studi clinici, dove i pazienti sono stati trattati con vemurafenib, sono stati segnalati casi di non- cuSCC. I pazienti devono essere sottoposti all’esame della testa e del collo, consistente in almeno un’ispezione visiva della mucosa orale e nella palpazione dei linfonodi, prima di cominciare il trattamento e ogni 3 mesi durante il trattamento.

Inoltre, i pazienti devono essere sottoposti a scansione mediante Tomografia Computerizzata (TC) del torace, prima del trattamento e ogni 6 mesi durante il trattamento.

Si raccomandano esami anali e pelvici (per le donne) prima e alla fine del trattamento o quando considerato clinicamente indicato.

Successivamente alla sospensione di vemurafenib, il monitoraggio di non-cuSCC deve continuare per un massimo di 6 mesi o fino all’inizio di un’altra terapia antineoplastica. I rilevamenti anomali devono essere gestiti secondo la pratica clinica.

Nuovo melanoma primario

Negli studi clinici, sono stati segnalati nuovi melanomi primari. I casi sono stati gestiti mediante asportazione locale e i pazienti hanno proseguito il trattamento senza correzione della dose. Per il carcinoma cutaneo a cellule squamose, il monitoraggio delle lesioni cutanee deve essere effettuato come descritto in precedenza.

Altri tumori

Sulla base del meccanismo d’azione, vemurafenib può causare progressione di tumori associati alle mutazioni di RAS (vedere paragrafo 4.8). In pazienti con un pregresso o concomitante tumore, associato alla mutazione di RAS, occorre considerare attentamente i benefici e i rischi prima della somministrazione di vemurafenib.

Pancreatite

In soggetti trattati con vemurafenib, sono stati osservati casi di pancreatite . Un dolore addominale di eziologia non certa, deve essere prontamente indagato (anche con la misurazione di amilasi e lipasi nel siero). I pazienti devono essere strettamente monitorati quando riprendono il trattamento con vemurafenib, dopo un episodio di pancreatite.

Danni epatici

Con vemurafenib, sono stati segnalati casi di danno epatico, inclusi casi di danno epatico severo (vedere paragrafo 4.8). Si devono misurare gli enzimi epatici (transaminasi e fosfatasi alcalina) e la bilirubina, prima di cominciare il trattamento e monitorare, con cadenza mensile, durante il trattamento o, comunque, in accordo alle necessità cliniche. Le anomalie nei risultati di laboratorio devono essere gestite mediante riduzione della dose, sospensione del trattamento o con la definitiva interruzione del trattamento (vedere paragrafi 4.2 e 4.8).

Tossicità renale

Con vemurafenib è stata osservata tossicità renale, da un aumento della creatinina sierica fino a nefrite interstiziale acuta e necrosi tubulare acuta. La creatinina sierica deve essere misurata prima dell’inizio del trattamento e monitorata durante il trattamento, in accordo alle necessità cliniche (vedere paragrafi 4.2 e 4.8).

Compromissione epatica

Nei pazienti con compromissione della funzionalità epatica, non è necessaria alcuna correzione della dose iniziale. I pazienti con compromissione epatica lieve, dovuta a metastasi epatiche, senza iperbilirubinemia, possono essere monitorati secondo le raccomandazioni generali. Sono disponibili solo dati molto limitati in pazienti con compromissione epatica da moderata a severa. I pazienti con compromissione epatica da moderata a severa possono incorrere in un’aumentata esposizione (vedere paragrafo 5.2). Pertanto è necessario un attento monitoraggio, in particolare dopo le prime settimane di trattamento, perché si può verificare un accumulo in un periodo di tempo prolungato (diverse settimane). Si raccomanda, inoltre, il monitoraggio con ECG, a cadenza mensile durante i primi tre mesi.

Compromissione renale

Nei pazienti con compromissione renale lieve o moderata, non è necessaria alcuna correzione della dose iniziale. Sono disponibili solo dati limitati in pazienti con compromissione renale severa (vedere paragrafo 5.2). Vemurafenib deve essere utilizzato con cautela nei pazienti con compromissione renale severa, che devono essere monitorati attentamente.

Fotosensibilità

In pazienti a cui è stato somministrato vemurafenib, negli studi clinici, e stata osservata fotosensibilità, da lieve a severa (vedere paragrafo 4.8). A tutti i pazienti deve essere consigliato di evitare l’esposizione al sole durante la terapia con vemurafenib. Durante la terapia con il medicinale, ai pazienti deve essere consigliato di indossare indumenti protettivi e di utilizzare una protezione solare ad ampio spettro contro gli ultravioletti A (UVA)/ultravioletti B (UVB) e burro di cacao per le labbra (fattore di protezione ≥ 30), quando si trovano all’aperto, per proteggersi dalle scottature solari.

Per fotosensibilità di grado 2 (intollerabile) o maggiore, si consiglia di apportare modifiche alla dose (vedere paragrafo 4.2).

Contrattura di Dupuytren e fibromatosi della fascia plantare

Con l’utilizzo di vemurafenib sono stati segnalati casi di contrattura di Dupuytren e fibromatosi della fascia plantare. La maggior parte dei casi è stata di severità da lieve a moderata, ma sono stati segnalati anche casi di contrattura di Dupuytren severi ed invalidanti (vedere paragrafo 4.8).

Gli eventi devono essere gestiti attraverso una riduzione della dose, con la sospensione temporanea o l’interruzione definitiva del trattamento (vedere paragrafo 4.2).

Effetti di vemurafenib su altri medicinali

Vemurafenib può aumentare l’esposizione plasmatica di medicinali prevalentemente metabolizzati dal citocromo CYP1A2 e diminuire l’esposizione plasmatica di medicinali prevalentemente metabolizzati dal citocromo CYP3A4. L’uso concomitante di vemurafenib ed agenti metabolizzati da CYP1A2 e CYP3A4 con ridotte finestre terapeutiche, non è raccomandato. Per i medicinali prevalentemente metabolizzati mediante CYP1A2 o CYP3A4, si devono considerare correzioni della dose, sulla base delle loro finestre terapeutiche, prima di trattare in concomitanza con vemurafenib (vedere paragrafi 4.5 e 4.6).

Quando si usa vemurafenib in concomitanza con warfarin, fare attenzione e considerare l’ipotesi di effettuare un ulteriore monitoraggio dell’INR (rapporto internazionale normalizzato).

Vemurafenib può aumentare l’esposizione plasmatica di medicinali che sono substrati della P-gp (glicoproteina-P).

Quando vemurafenib viene somministrato in concomitanza con substrati della P-gp, occorre prestare cautela. Può essere considerata una riduzione della dose e/o un monitoraggio addizionale dei livelli di medicinali, con ristretto indice terapeutico, substrati della P-gp (NTI) (ad es., digossina, dabigatran etexilato, aliskiren), quando tali medicinali sono usati in concomitanza con vemurafenib (vedere paragrafo 4.5).

Effetti di altri medicinali su vemurafenib

La somministrazione concomitante di forti induttori di CYP3A4, P-gp e glucoronidazione (ad es., rifampicina, rifabutina, carbamazepina, fenitoina o erba di San Giovanni [ipericina]), deve essere evitata, quando possibile, perchè può portare ad una ridotta esposizione di vemurafenib (vedere paragrafo 4.5). Per mantenere l’efficacia di vemurafenib, si deve considerare un trattamento alternativo provvisto di minore potenziale di induzione. Deve essere usata cautela quando vemurafenib viene somministrato con forti inibitori del CYP3A4/P-gp. II pazienti devono essere monitorati attentamente per gli eventi avversi e, se clinicamente indicato, si deve considerare un aggiustamento della dose (vedere Tabella 1 al paragrafo 4.2).

Co-somministrazione con ipilimumab

In uno studio di Fase I, a seguito della co-somministrazione di ipilimumab (3 mg/kg) e vemurafenib (960 mg BID or 720 mg BID), è stato osservato l’aumento asintomatico di grado 3 delle transaminasi (ALT/AST >5x ULN) e della bilirubina (bilirubina totale >3x ULN). Sulla base di questi dati preliminari, la somministrazione di ipilimumab e vemurafenib non è raccomandata.

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Effetti di vemurafenib sugli enzimi farmaco-metabolizzanti

I risultati di uno studio di interazione farmacologica, in vivo, condotto su pazienti affetti da melanoma metastatico, hanno dimostrato che vemurafenib è un inibitore moderato del CYP1A2 e un induttore del CYP3A4.

L’uso concomitante di vemurafenib con agenti metabolizzati da CYP1A2 e con ridotte finestre terapeutiche (ad es., agomelatina, alosetron, duloxetina, melatonina, ramelteon, tacrina, tizanidina, teofillina) non è raccomandato. Se la co-somministrazione non può essere evitata, occorre prestare cautela, in quanto vemurafenib può incrementare l’esposizione plasmatica di farmaci che sono substrati del CYP1A2. Se clinicamente indicato, è possibile valutare una riduzione della dose del farmaco concomitante, substrato del CYP1A2. In uno studio clinico, la co-somministrazione di vemurafenib ha incrementato l’esposizione plasmatica (AUC) della caffeina (substrato del CYP1A2) di 2,6 volte. In un altro studio clinico, vemurafenib ha aumentato Cmax e AUCinf di una singola dose da 2 mg di tizanidina (substrato del CYP1A2) approssimativamente di 2,2 volte e di 4,7 volte, rispettivamente.

L’uso concomitante di vemurafenib ed agenti metabolizzati dal CYP3A4, con ristrette finestre terapeutiche, non è raccomandato. Se la co-somministrazione non può essere evitata, occorre considerare che vemurafenib può ridurre la concentrazione plasmatica dei substrati del CYP3A4 e in tal modo la loro efficacia può essere alterata. Su questa base, l’efficacia delle pillole contraccettive metabolizzate dal CYP3A4, usate in concomitanza con vemurafenib, può essere ridotta. Per i substrati del con ristretto indice terapeutico, possono essere considerate correzioni della dose, se clinicamente indicato (vedere paragrafi 4.4 e 4.6).

In uno studio clinico, la co-somministrazione di vemurafenib ha ridotto l’AUC di midazolam (substrato del) di circa il 39% (massima riduzione fino all’80%).

Con una concentrazione di vemurafenib di 10 µM, si è osservata, in vitro, una lieve induzione del CYP2B6, causata dal medicinale. Al momento non è noto se vemurafenib, a un livello plasmatico di 100 µM, osservato in pazienti allo stato stazionario (approssimativamente 50 µg/ml), possa diminuire le concentrazioni plasmatiche di substrati del CYP2B6, ad es., il bupropione, somministrati in concomitanza.

La co-somministrazione di vemurafenib ha incrementato l’AUC di S-warfarin (substrato del CYP2C9), del 18% Durante l’uso concomitante di vemurafenib e warfarin occorre prestare cautela e valutare un ulteriore monitoraggio dell’INR (rapporto internazionale normalizzato) (vedere paragrafo 4.4).

Vemurafenib, in vitro, inibisce moderatamente CYP2C8. La rilevanza in vivo di questo dato non è nota, ma non si può escludere il rischio di un effetto clinicamente rilevante, in caso di somministrazione concomitante dei substrati di CYP2C8. La somministrazione concomitante di substrati del CYP2C8, con una ridotta finestra terapeutica, deve essere effettuata con cautela, in quanto vemurafenib può aumentare le loro concentrazioni.

In considerazione della lunga emivita di vemurafenib, il completo effetto inibitorio di vemurafenib su un medicinale concomitante può non essere osservato prima di 8 giorni di trattamento con vemurafenib.

Al termine del trattamento con vemurafenib, può essere necessario un periodo di washout di 8 giorni per evitare interazioni con un trattamento successivo.

Radioterapia

In pazienti trattati con vemurafenib, è stato osservato un potenziamento della tossicità da radioterapia (vedere paragrafi 4.4 e 4.8). Nella maggior parte dei casi i pazienti avevano ricevuto regimi di radioterapia con dosi maggiori o uguali a 2Gy/giorno (regimi ipofrazionati).

Effetti di vemurafenib sui sistemi di trasporto dei farmaci

Studi in vitro hanno dimostrato che vemurafenib è un inibitore dei trasportatori di efflusso P- glicoproteina (P-gp) e proteina resistente al cancro della mammella (BCRP).

Uno studio di interazione farmacologica clinica ha dimostrato che dosi orali multiple di vemurafenib (960 mg, due volte al giorno), hanno aumentato l’esposizione di una singola dose orale del substrato P- gp digossina, approssimativamente di 1,8 e 1,5 volte per AUClast e Cmax della digossina, rispettivamente.

Deve essere prestata cautela nel dosaggio di vemurafenib, quando usato in concomitanza con substrati della P-gp (ad es., aliskiren, ambrisentan, colchicina, dabigatran etexilato, digossina, everolimus, fexofenadina, lapatinib, maraviroc, nilotinib, posaconazolo, ranolazina, sirolimus, sitagliptin, talinololo, topotecan) e, se clinicamente indicato, può essere presa in considerazione una riduzione della dose del medicinale somministrato in concomitanza.

Bisogna considerare un monitoraggio addizionale dei livelli di medicinali substrati di P-gp, con un indice ristretto terapeutico (ad es., digossina, dabigatran etexilato, aliskiren) (vedere paragrafo 4.4).

Gli effetti di vemurafenib sui medicinali che sono substrati di BCRP non sono noti.

Non si può escludere che vemurafenib possa aumentare l’esposizione di medicinali trasportati dal BCRP (ad es., metotrexato, mitoxantrone, rosuvastatina). Molti medicinali antitumorali sono substrati del BCRP e pertanto esiste un rischio teorico di interazione con vemurafenib.

I possibili effetti di vemurafenib su altri trasportatori, al momento, non sono noti. Effetti dei medicinali concomitanti su vemurafenib Studi in vitro indicano che il metabolismo del CYP3A4 e la glucuronidazione, sono responsabili del metabolismo di vemurafenib. L’escrezione biliare sembra essere un’altra via importante di eliminazione. Studi in vitro hanno dimostrato che vemurafenib è un substrato dei trasportatori di efflusso della P-gp e BCRP. Al momento non è noto se vemurafenib è un substrato anche di altre proteine di trasporto. La somministrazione concomitante di forti inibitori o induttori del CYP3A4 o inibitori/induttori dell’attività della proteina di trasporto, può alterare le concentrazioni di vemurafenib. La somministrazione concomitante di itraconazolo, un forte inibitore del CYP3A4/Pgp, ha incrementato l’AUC di vemurafenib allo stato stazionario del 40% circa. Vemurafenib deve essere utilizzato con cautela, quando somministrato in associazione con forti inibitori del CYP3A4, della glucuronidazione e/o delle proteine di trasporto (ad es., ritonavir, saquinavir, telitromicina, ketoconazolo, itraconazolo, voriconazolo, posaconazolo, nefazodone, atazanavir).

Pazienti co-trattati con questi agenti devono essere monitorati attentamente per gli eventi avversi e, se clinicamente indicato, si deve considerare un aggiustamento della dose (vedere Tabella 1 al paragrafo 4.2).

In uno studio clinico, la somministrazione concomitante di una singola dose di 960 mg di vemurafenib con rifampicina, ha ridotto significativamente (40% circa) l’esposizione plasmatica di vemurafenib.

La somministrazione concomitante di forti induttori di P-gp, glucuronidazione e/o CYP3A4 (ad es., rifampicina, rifabutina, carbamazepina, fenitoina, erba di San Giovanni [Hypericum perforatum]), può portare a un’esposizione subottimale a vemurafenib, pertanto deve essere evitata.

Gli effetti degli inibitori di P-gp e BCPR che non sono anche forti inibitori del CYP3A4 non sono noti. Non è possibile escludere che la farmacocinetica di vemurafenib possa essere compromessa da alcuni medicinali attraverso l’influenza sulla P-gp (ad es., verapamil, ciclosporina, , chinidina,) o BCRP (ad es., ciclosporina, gefitinib).

 

04.6 Gravidanza e allattamento

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Donne in età fertile/Contraccezione nelle donne

Le donne in età fertile devono utilizzare un metodo contraccettivo efficace durante il trattamento e per almeno 6 mesi dopo il trattamento.

È possibile che vemurafenib provochi una diminuzione dell’efficacia dei contraccettivi ormonali (vedere paragrafo 4.5).

Gravidanza

Non esistono dati sull’utilizzo di vemurafenib in donne in gravidanza.

Vemurafenib non ha mostrato alcuna evidenza di teratogenicità, su embrioni/feti di ratto o coniglio (vedere paragrafo 5.3). In studi sugli animali è stato osservato che vemurafenib attraversa la placenta. Per via del suo meccanismo d’azione, vemurafenib può causare danno fetale quando somministrato a donne in gravidanza. Vemurafenib non deve essere somministrato a donne in gravidanza, a meno che il beneficio potenziale per la madre superi il rischio potenziale per il feto.

Allattamento

Non è noto se vemurafenib sia escreto nel latte materno. Il rischio per i neonati/lattanti non può essere escluso. Deve essere presa la decisione se interrompere l’allattamento o interrompere la terapia con vemurafenib, tenendo in considerazione il beneficio dell’allattamento per il bambino e il beneficio della terapia per la donna.

Fertilità

Negli animali, non sono stati effettuati studi specifici con vemurafenib per valutarne l’effetto sulla fertilità. Tuttavia, in studi di tossicità a dose ripetuta, condotti su ratti e cani, non sono stati rilevati reperti istopatologici negli organi riproduttivi maschili e femminili (vedere paragrafo 5.3).

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Vemurafenib ha un’influenza trascurabile sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. I pazienti devono essere consapevoli del potenziale affaticamento o dei potenziali problemi di vista che possono controindicare la guida.

 

04.8 Effetti indesiderati

Indice

Riassunto del profilo di sicurezza

Le più comuni reazioni avverse da farmaco (ADR), di qualsiasi grado (> 30%), segnalate con vemurafenib, comprendono, artralgia, stanchezza, eruzione cutanea, reazione di fotosensibilità, alopecia, nausea, diarrea, cefalea, prurito, vomito, papilloma della cute e ipercheratosi. Le ADR più comuni (≥ 5%), di grado 3, sono state cuSCC, cheratoacantoma, eruzione cutanea, artralgia gamma- glutamil transferasi (GGT) aumentata. Il più comune trattamento di CuSCC è stato mediante asportazione locale.

Tabella riassuntiva delle reazioni avverse

Le ADR che sono state segnalate in pazienti con melanoma sono elencate qui di seguito, secondo la classificazione MedDRA per sistemi e organi, frequenza e ordine di gravità. Per la classificazione della frequenza ci si è avvalsi della seguente convenzione: Molto comune ≥ 1/10 Comune ≥ 1/100, < 1/10

Non comune ≥ 1/1.000, < 1/100 Raro ≥ 1/10.000, < 1/1.000 Molto raro < 1/10.000 Nel presente paragrafo, le ADR si basano sui risultati ottenuti in 468 pazienti, trattati in uno studio in aperto, randomizzato, di fase III, in pazienti adulti con melanoma positivo per la mutazione del BRAF V600, inoperabile o allo stadio IV, nonché di uno studio a singolo braccio, in fase II, in pazienti con melanoma positivo per la mutazione del BRAF V600, allo stadio IV, nei quali in precedenza almeno una terapia sistemica non aveva dato buon esito (vedere paragrafo 5.1). In aggiunta, sono riportate le ADR derivanti da rapporti di sicurezza (safety reports), nell’ambito di tutti gli studi clinici e successivamente alla commercializzazione. Tutti i termini compresi si basano sulla percentuale più elevata osservata tra gli studi clinici di fase II e di fase III. All’interno di ciascun gruppo di frequenza, le ADR vengono presentate in ordine di gravità decrescente e sono state segnalate usando NCI- CTCAE v 4.0 per la valutazione della tossicità (criteri comuni di tossicità).

Tabella 3: ADR che si sono manifestate in pazienti trattati con vemurafenib nello studio di fase II o di fase III e eventi riportati nei rapporti di sicurezza (safety reports), nell’ambito di tutti gli studi clinici(1) e successivamente alla commercializzazione (2).

Classificazione sistemica organica Molto comune Comune Non comune Raro
Infezioni ed infestazioni Follicolite
Tumori benigni, maligni e non specificati (incl. cisti e polipi) Carcinoma a cellule squamose della cute (d), cheratoacantoma,
cheratosi seborroica, papilloma della cute
Carcinoma a cellule basali, nuovo melanoma primario(3) non-cuSCC(1)(3) Leucemia Mielomonocitica cronica (CMML) (2)(4),
Adenocarcinoma pancreatico(5)
Patologie del sistema emolinfopoietico Neutropenia, trombocitopenia (6)
Disturbi del sistema immunitario Sarcoidosi (1)(2)(j)
Disturbi del metabolismo e della nutrizione Appetito ridotto
Patologie del sistema nervoso Cefalea, disgeusia, capogiri Paralisi del settimo nervo, neuropatia
periferica
Patologie dell’occhio Uveite, Occlusione della vena retinica, iridociclite
Patologie vascolari Vasculite
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Tosse
Patologie
gastrointestinali
Diarrea, vomito,
nausea, costipazione
Pancreatite(2)
Classificazione sistemica organica Molto comune Comune Non comune Raro
Patologie epatobiliari Lesione epatica(1)(2) (g)
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Reazione di fotosensibilità, cheratosi attinica, eruzione cutanea, eruzione cutanea maculo-papulare, prurito, ipercheratosi, eritema, eritrodisestesia palmo-plantare,
alopecia, cute secca, ustione solare
Eruzione cutanea papulare, pannicolite (incluso eritema nodoso), cheratosi pilare Necrolisi epidermica tossica (e), sindrome di Stevens-Johnson (f) Reazione da farmaco con eosinofilia e sintomi sistemici (1)(2)
Patologie del sistema
muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Artralgia, mialgia,
dolore ad un arto, dolore muscoloscheletrico, dolore dorsale,
Artrite Fibromatosi della
fascia plantare (1)(2) Contrattura di Dupuytren(1)(2)
Patologie renali e urinarie Nefrite interstiziale acuta(1)(2) (h), necrosi
tubulare acuta (1)(2) (h)
Patologie generali e condizioni relative
alla sede di somministrazione
Stanchezza, piressia, edema periferico, astenia
Esami diagnostici ALT aumentata (c), fosfatasi alcalina aumentata (c), AST aumentata (c), bilirubina aumentata (c), GGT aumentata (c), peso diminuito, QT
dell’elettrocardiogra mma prolungato, creatinina ematica
aumentata(1)(2) (h)
Traumatismi, intossicazioni e
complicazioni da procedura
Potenziamento della tossicità da radiazioni(1) (2) (i)

(1) Eventi riportati nei rapporti di sicurezza (safety reports) nell’ambito di tutti gli studi clinici (2) Eventi riportati successivamente alla immissione in commercio

(3) E’ ragionevole ipotizzare una relazione di causalità tra il medicinale e l’evento avverso (4) Progressione di una pre-esistente leucemia mielomonocitica cronica con mutazione di NRAS.

(5) Progressione di un pre-esistente adenocarcinoma pancreatico con mutazioni KRAS

(6) Calcolato sulla base di studi di fase II e di fase III.

Descrizione di reazioni avverse selezionate

Enzimi epatici aumentati (c)

Le alterazioni enzimatiche epatiche rilevate nello studio clinico di fase III, vengono riportate di seguito come percentuale di pazienti che hanno avuto un incremento degli enzimi epatici fino al grado 3 o 4, rispetto al valore basale: Molto comune: GGT

Comune: ALT, fosfatasi alcalina, bilirubina

Non comune: AST

Non sono stati registrati aumenti di ALT, fosfatasi alcalina o bilirubina di grado 4.

Lesione epatica(g)

Sulla base dei criteri di lesione epatica indotta dal farmaco, sviluppati da un gruppo di lavoro internazionale di esperti clinici e scienziati, la lesione epatica è stata definita come una qualsiasi delle seguenti anomalie dei valori di laboratorio: ≥ 5x ULN ALT

≥ 2x ULN ALP (senza altre cause di aumento di ALP)

≥ 3x ULN ALT con aumento simultaneo della concentrazione di birilubina > 2x ULN

Carcinoma cutaneo a cellule squamose (cuSCC) (d)

In pazienti trattati con vemurafenib sono stati segnalati casi di cuSCC. Nell’ambito di studi clinici, in pazienti trattati con vemurafenib, l’incidenza di cuSCC è stata di circa il 20%. La maggioranza delle lesioni asportate, esaminate da un laboratorio dermopatologico centrale indipendente, è stata classificata come SCC-sottotipo cheratoacantoma o con elementi misti-cheratoacantoma (52%). La maggior parte delle lesioni classificate come “altra” (43%) erano lesioni cutanee benigne (ad es., verruca volgare, cheratosi attinica, cheratosi benigna, cisti/cisti benigna). Normalmente il cuSCC si manifestava in una fase precoce del trattamento, con un tempo mediano alla prima insorgenza di 7 o 8 settimane. Dei pazienti che hanno sviluppato cuSCC, circa il 33% ha sviluppato >1 manifestazione, con un tempo mediano tra le manifestazioni pari a 6 settimane. Di norma i casi di cuSCC sono stati gestiti mediante semplice asportazione e generalmente i pazienti continuavano il trattamento senza modifica della dose (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).

Carcinoma non cutaneo a cellule squamose (non-cuSCC)

In pazienti in trattamento con vemurafenib, mentre erano arruolati negli studi clinici, sono stati segnalati casi di non-cuSCC. Il monitoraggio di non-cuSCC deve essere effettuato come riportato nel paragrafo 4.4.

Nuovo melanoma primario

Negli studi clinici, sono stati segnalati nuovi melanomi primari. Questi casi sono stati gestiti mediante asportazione ed i pazienti hanno proseguito il trattamento senza correzione della dose. Il monitoraggio delle lesioni cutanee deve avvenire come definito al paragrafo 4.4.

Potenziamento della tossicità da radiazioni(i)

I casi segnalati includono fenomeno di richiamo, lesioni cutanee da radiazioni, polmonite da radiazioni, esofagite da radiazioni, proctite da radiazioni, epatite da radiazioni, cistite da radiazioni, e necrosi da radiazioni.

In uno studio clinico di fase III (MO25515, n= 3219), è stata osservata una più alta incidenza del potenziamento della tossicità da radiazioni, quando i pazienti trattati con vemurafenib hanno ricevuto radioterapia prima e durante la terapia con vemurafenib (9,1%), rispetto a quei pazienti trattati con radioterapia e vemurafenib contemporaneamente (5,2%) o a quelli per i quali la radioterapia è stata precedente al trattamento con vemurafenib (1,5%).

Reazioni di ipersensibilità (e)

Sono state segnalate gravi reazioni di ipersensibilità, compresa l’anafilassi, in associazione a vemurafenib. Tra le reazioni di ipersensibilità severe essere sono in incluse la sindrome di Stevens- Johnson, eruzione cutanea generalizzata, eritema o ipotensione. In pazienti che manifestano reazioni di ipersensibilità severe, occorre interrompere definitivamente il trattamento con vemurafenib (vedere paragrafo 4.4).

Reazioni dermatologiche (f)

Nei pazienti trattati con vemurafenib, nello studio clinico registrativo, sono state osservate reazioni dermatologiche severe, tra cui rari casi di sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica. Nei pazienti che manifestano una reazione dermatologica severa, occorre interrompere definitivamente il trattamento con vemurafenib.

Prolungamento dell’intervallo QT

L’analisi dei dati ECG centralizzati, provenienti da un sotto-studio QT di fase II, non controllato, in aperto, condotto su 132 pazienti a cui era stata somministrata una dose di vemurafenib di 960 mg, due volte al giorno (NP22657), ha evidenziato un prolungamento del QTc, dipendente dall’esposizione.

L’effetto QTc medio è rimasto stabile tra 12 e 15 ms, oltre il primo mese di trattamento, con il maggiore prolungamento medio del QTc (15,1 ms; IC superiore 95%: 17,7 ms), osservato entro i primi 6 mesi (n=90 pazienti). Due pazienti (1,5%) hanno sviluppato valori assoluti di QTc emergenti col trattamento >500 ms (CTC Grado 3) e solo un paziente (0,8%) ha mostrato un cambiamento di QTc dai valori basali di >60 ms (vedere paragrafo 4.4).

Danno renale acuto(h)

Con vemurafenib, sono stati riportati casi di tossicità renale, dall’aumento della creatinina fino a nefrite interstiziale acuta e necrosi tubulare acuta, alcuni osservati in un contesto di eventi di disidratazione. Aumenti di creatinina sierica sono stati nella maggior parte dei casi di entità da lieve (>1-1.5x ULN) a moderata (>1.5-3x ULN) ed è stato osservato essere reversibili (vedere tabella 4).

Tabella 4: Modifiche della creatinina dal valore basale nello studio di fase III

Vemurafenib (%) Dacarbazina (%)
Modifica  1 grado, dal basale a qualsiasi altro grado 27,9 6,1
Modifica  1 grade, dal basale al grado 3 o maggiore 1,2 1,1
0,3 0,4
0,9 0,8

Al grado 3

Al grado 4

Tabella 5: Casi di danno renale acuto nello studio di fase III

Vemurafenib (%) Dacarbazina (%)
Casi di lesione renale acuta* 10,0 1,4
Casi di lesione renale acuta associati ad eventi di
disidratazione
5,5 1,0
Dose modificata per lesione renale acuta 2,1 0

Tutte le percentuali sono espresse come casi sul totale dei pazienti, esposti a ciascun medicinale.

* Comprende la lesione renale acuta, compromissione renale e anomalie di laboratorio, coerenti con la lesione renale acuta.

Sarcoidosi (j)

Nei pazienti trattati con vemurafenib sono stati osservati casi di sarcoidosi, che per lo più hanno visto l’interessamento di pelle, polmoni ed occhi. Nella maggior parte dei casi, vemurafenib è stato mantenuto e l’evento di sarcoidosi si è risolto o è persistito.

Popolazioni speciali

Anziani

Nello studio di fase III, 94 (28%) dei 336 pazienti con melanoma inoperabile o metastatico, trattati con vemurafenib avevano ≥ 65 anni. Nei pazienti anziani (≥ 65 anni), c’è una probabilità maggiore che si verifichino reazioni avverse, compresi cuSCC, diminuzione dell’appetito e disturbi cardiaci.

Genere

Durante gli studi clinici con vemurafenib, le reazioni avverse di grado 3, più frequentemente segnalate in pazienti di sesso femminile, rispetto a quelli di sesso maschile, sono state eruzione cutanea, artralgia e fotosensibilità.

Popolazione pediatrica

La sicurezza di vemurafenib nei bambini e negli adolescenti non è stata stabilita. Da uno studio clinico condotto su sei pazienti adolescenti, non è emerso alcun nuovo segnale di sicurezza.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’Allegato V.

 

04.9 Sovradosaggio

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Non esiste alcun antidoto specifico per il sovradosaggio di vemurafenib. I pazienti che sviluppano reazioni avverse devono ricevere un adeguato trattamento sintomatico. Nel corso di studi clinici, non si sono osservati casi di sovradosaggio con vemurafenib. In caso di sospetto sovradosaggio, occorre interrompere vemurafenib e iniziare una terapia di supporto.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: Agenti antineoplastici, inibitore delle protein-chinasi, codice ATC: L01EC01 Meccanismo d’azione ed effetti farmacodinamici

Vemurafenib è un inibitore della serina-treonina chinasi BRAF.

Le mutazioni nel gene BRAF si traducono nell’attivazione costitutiva delle proteine BRAF che possono causare la proliferazione cellulare senza fattori di crescita associati.

I dati preclinici generati in saggi biochimici hanno dimostrato che vemurafenib può inibire in modo potente le chinasi BRAF attivate da mutazioni del codone 600 (tabella 6).

Tabella 6: Attività inibitoria chinasica di vemurafenib contro diverse BRAF chinasi

Chinasi Frequenza prevista nel melanoma positivo alla mutazione V600 (t) Concentrazione inibente 50 (nM)
BRAFV600E 87,3 10
BRAFV600K 7,9% 7
BRAFV600R 1% 9
BRAFV600D <0,2% 7
BRAFV600G <0,1% 8
BRAFV600M <0,1% 7
BRAFV600A <0,1% 14
BRAFWT N/A 39

(t)Stima basata su 16.403 melanomi con mutazioni del codone 600 BRAF, nel database pubblico COSMIC, versione 71 (novembre 2014).

Questo effetto inibitorio è stato confermato in saggi di fosforilazione ERK e di anti-proliferazione cellulare, su linee cellulari disponibili di melanoma, che esprimono BRAF V600-mutante. In saggi di anti-proliferazione cellulare, la concentrazione inibente 50 (IC50) contro le linee cellulari V600- mutate (linee cellulari con mutazioni V600E, V600R, V600D e V600K) variava da 0,016 a 1,131 M, mentre la IC50 contro le linee cellulari BRAF con il ceppo non mutato (wild-type) era rispettivamente di 12,06 e 14,32 M.

Determinazione dello stato di mutazione del BRAF

Prima di iniziare la terapia con vemurafenib, si deve accertare la presenza della mutazione BRAF V600 nel tessuto tumorale dei pazienti, mediante un test validato. Negli studi clinici di fase II e di fase III, i pazienti idonei sono stati identificati avvalendosi di un saggio della reazione a catena della polimerasi, in tempo reale (cobas® 4800 BRAF V600 Mutation Test). Questo test dispone del marchio CE e viene utilizzato per valutare lo stato della mutazione del BRAF del DNA isolato da tessuto tumorale fissato in formalina e immerso in paraffina (FFPE). Questo test è stato concepito per rilevare la mutazione BRAF V600E predominante, con elevata sensibilità (fino al 5% di sequenza V600E in un background di sequenza del ceppo non mutato –wild-type- da DNA, derivato da FFPE). Studi clinici e non-clinici, con analisi di sequenziamento retrospettive, hanno mostrato che il test rileva con minore sensibilità anche le mutazioni meno comuni BRAF V600D e V600K. Tra i campioni disponibili dagli studi clinici e non-clinici (n=920), risultati positivi alla mutazione con il test cobas e successivamente analizzati mediante sequenziamento, nessun campione è stato identificato come ceppo non mutato – wild-type- sia con sequenziamento di Sanger che 454.

Efficacia e sicurezza clinica

L’efficacia di vemurafenib è stata valutata su 336 pazienti di uno studio clinico di fase III (NO25026) e in 278 pazienti di due studi clinici di fase II (NP22657 e MO25743). Tutti i pazienti dovevano presentare melanoma avanzato con mutazioni del BRAF V600, secondo il cobas 4800 BRAF V600 Mutation Test.

Risultati dello studio di fase III (NO25026) in pazienti non precedentemente trattati

Uno studio di fase III, in aperto, multicentrico, internazionale, randomizzato, supporta l’uso di vemurafenib in pazienti non trattati precedentemente per il melanoma positivo alla mutazione del BRAF V600E, inoperabile o metastatico. I pazienti sono stati randomizzati al trattamento con vemurafenib (960 mg, due volte al giorno) o con dacarbazina (1000 mg/m2 al giorno, 1 ogni 3 settimane).

In totale, 675 pazienti sono stati randomizzati con vemurafenib (n=337) o con dacarbazina (n=338). La maggior parte dei pazienti era costituita da soggetti di sesso maschile (56%) e caucasici (99%), l’età mediana era pari a 54 anni (il 24% era ≥ 65 anni), tutti i pazienti avevano un performance status ECOG di 0 o 1 e la maggior parte dei pazienti aveva malattia in stadio M1c (65%). Gli endpoint co- primari di efficacia dello studio erano la sopravvivenza globale (OS) e la sopravvivenza libera da progressione della malattia (PFS).

L’analisi “ad interim” pre-specificata con un cut-off dei dati al 30 dicembre 2010, si sono osservati miglioramenti significativi degli endpoint co-primari di OS (p<0,0001) e PFS (p<0,0001) (log-rank test non stratificato). Su raccomandazione del Comitato di monitoraggio della sicurezza dei dati (DSMB), questi risultati sono stati resi disponibili a gennaio 2011 e lo studio è stato modificato per permettere ai pazienti trattati con dacarbazina di passare al trattamento con vemurafenib.

Successivamente, sono state eseguite analisi a posteriori (post-hoc) della sopravvivenza, come descritto nella Tabella 7.

Tabella 7: Sopravvivenza globale, in pazienti non trattati precedentemente, con melanoma positivo alla mutazione del BRAF V600 alla data di cut-off dello studio (N=338 dacarbazina, N=337 vemurafenib)

Date di cut-off Trattamento Numero di decessi (%) Hazard Ratio (95% IC) Numero di
pazienti cross- over (%)
30 dicembre
2010
dacarbazina 75 (22) 0,37 (0,26, 0,55) 0 (non
applicabile)
vemurafenib 43 (13)
31 marzo
2011
dacarbazina 122 (36) 0,44 (0,33, 0,59) (w) 50 (15%)
vemurafenib 78 (23)
3 ottobre
2011
dacarbazina 175 (52) 0,62 (0,49, 0,77) (w) 81 (24%)
vemurafenib 159 (47)
1 febbraio 2012 dacarbazina 200 (59) 0,70 (0,57, 0,87) (w) 83 (25%)
vemurafenib 199 (59)
20 dicembre
2012
dacarbazina 236 (70) 0,78 (0,64, 0,94) (w) 84 (25%)
vemurafenib 242 (72)

(w)Risultati non resi noti al momento del “cross-over”

Risultati resi noti al momento del “cross-over”: 31 marzo 2011: HR (IC 95%) = 0,47 (0,35, 0,62); 3 ottobre 2011: HR (IC 95%) = 0,67 (0,54, 0,84); 1 febbraio 2012: HR (95% IC) = 0,76 (0,63, 0,93); 20 dicembre 2012: HR (95% CI) = 0,79 (0,66, 0,95)

Figura 1: Curve di Kaplan-Meier di sopravvivenza globale – pazienti non trattati precedentemente (cut-off al 20 dicembre 2012) <.. image removed ..> La Tabella 8 mostra l’effetto del trattamento per tutte le variabili di stratificazione pre-specificate, che sono considerate fattori prognostici.

Tabella 8: Sopravvivenza globale in pazienti non trattati precedentemente, con melanoma positivo alla mutazione del BRAF V600 per LDH, stadio del tumore e stato ECOG (analisi post hoc, cut-off al 20 dicembre 2012, risultati non resi noti al momento del cross over)

Variabile di
stratificazione
N Hazard Ratio Intervallo di confidenza al
95%
LDH normale 391 0,88 0,67; 1,16
LDH >ULN 284 0,57 0,44; 0,76
Stadio IIIc/M1A/M1B 234 1,05 0,73; 1,52
Stadio MIC 441 0,64 0,51; 0,81
ECOG PS=0 459 0,86 0,67; 1,10
ECOG PS=1 216 0,58 0,42; 0,9

LDH Lattato deidrogenasi, EGOC PS: Eastern Cooperative Oncology Group Performance Status

La Tabella 9 mostra il tasso di risposta globale e la sopravvivenza libera da progressione della malattia, in pazienti non trattati precedentemente con melanoma, positivo alla mutazione del BRAF V600.

Tabella 9: Tasso di risposta globale e sopravvivenza libera da progressione della malattia, in pazienti non trattati precedentemente, con melanoma positivo alla mutazione del BRAF V600

vemurafenib dacarbazina p-value (x)
Cut-off del 30 dicembre, 2010 (y)
Tasso di risposta globale
(IC 95%)
48,4%
(41,6%, 55,2%)
5,5%
(2,8%, 9,3%)
<0,0001
Sopravvivenza libera da progressione della malattia (PFS)
Hazard Ratio
(IC 95%)
0,26
(0,20, 0,33)
<0,0001
Numero di eventi (%) 104 (38%) 182 (66%)
PFS mediana (mesi)
(IC 95%)
5,32
(4,86, 6,57)
1,61
(1,58, 1,74)
Cut-off del 1 febbraio 2012 (z)
Sopravvivenza libera da progressione della malattia (PFS)
Hazard Ratio
(IC 95%)
0,38
(0,32, 0,46)
<0,0001
Numero di eventi (%) 277 (82%) 273 (81%)
PFS mediana (mesi) (CI 95%) 6,87
(6,14, 6,97)
1,64
(1,58, 2,07)

(x) Log-rank test non stratificato per PFS e test del chi-quadro per il tasso di risposta globale.

(y) Alla data del 30 dicembre 2010, un totale di 549 pazienti erano valutabili per la PFS e 439 pazienti erano valutabili per il tasso di risposta globale.

(z) Alla data del 1 febbraio 2012, un totale di 675 pazienti era valutabile per l’analisi a posteriori –post-hoc- di aggiornamento della PFS.

Nello studio NO25026, un totale di 57 pazienti su 673, i cui tumori sono stati analizzati retrospettivamente mediante sequenziamento, ha mostrato di essere affetto da melanoma positivo alla mutazione del BRAF V600K. Nonostante fossero limitate dall’esiguo numero di pazienti, le analisi di efficacia in tali pazienti con tumori positivi alla mutazione V600K, indicavano un similare beneficio del trattamento con vemurafenib in termini di OS, di PFS e di migliore risposta globale confermata. Non sono disponibili dati relativi a pazienti affetti da melanomi con mutazioni rare del BRAF V600, diverse da V600E e V600K.

Risultati dello studio di fase II (NP22657), in pazienti che avevano fallito una terapia precedente È stato condotto uno studio di fase II, a singolo braccio, multicentrico, internazionale, su 132 pazienti con melanoma metastatico, positivi alla mutazione del BRAF V600E, secondo cobas 4800 BRAF V600 Mutation Test, a cui era stata somministrata almeno una terapia precedente. L’età mediana era pari a 52 anni, con il 19% dei pazienti al di sopra dei 65 anni. La maggior parte dei pazienti era costituita da soggetti di sesso maschile (61%), caucasici (99%) e aveva la malattia in stadio M1c (61%). Nel 49% dei pazienti almeno 2 terapie precedenti non avevano avuto buon esito.

Con un follow-up mediano di 12,9 mesi (intervallo da 0,6 a 20,1), l’endpoint primario di migliore tasso di risposta globale confermata (CR + PR), valutato da un comitato di revisione indipendente (IRC), è stato pari al 53% (IC 95%: 44%, 62%). La sopravvivenza globale mediana è stata pari a 15,9 mesi (IC 95%: 11,6, 18,3). Il tasso di sopravvivenza globale a 6 mesi è stato pari al 77% (IC 95%: 70%, 85%) e a 12 mesi è stato pari al 58% (IC 95%: 49%, 67%).

Nove dei 132 pazienti arruolati in NP22657 avevano tumori positivi alla mutazione V600K, secondo valutazione retrospettiva con il metodo di sequenziamento di Sanger. Tra questi pazienti, 3 avevano PR, 3 SD, 2 PD e uno non era valutabile.

Risultati dello studio di fase II (MO25743) in pazienti con metastasi cerebrali

È stato condotto uno studio a singolo braccio, multicentrico (N = 146), con vemurafenib, in pazienti adulti con melanoma metastatico, confermato istologicamente positivo alla mutazione del BRAF V600 (secondo il cobas 4800 BRAF V600 Mutation Test) e con metastasi cerebrali. Lo studio ha incluso due coorti che arruolavano simultaneamente: Coorte 1 con pazienti non precedentemente trattati (N = 90): pazienti che non avevano ricevuto precedenti trattamenti per metastasi cerebrali; era consentita una precedente terapia sistemica per melanoma metastatico, esclusi gli inibitori di BRAF e gli inibitori di MEK.

Coorte 2 con pazienti precedentemente trattati (N = 56): pazienti che erano stati precedentemente trattati per metastasi cerebrali e sono progrediti dopo questo trattamento. Per i pazienti trattati con radioterapia stereotassica (SRT) o chirurgia, doveva essersi sviluppata una nuova lesione cerebrale, misurabile secondo i criteri RECIST, dopo questa precedente terapia.

Sono stati arruolati un totale 146 pazienti. La maggior parte erano maschi (61,6%), e Caucasici (92,5%), e l’età mediana era 54 anni (intervallo da 26 a 83 anni), distribuiti in modo simile tra le due coorti. Il numero mediano di lesioni cerebrali al basale era 2 (intervallo da 1 a 5), in entrambe le coorti. L’obiettivo primario di efficacia dello studio era il tasso di migliore risposta complessiva (BORR) nel cervello di pazienti con melanoma metastatico con metastasi cerebrali non precedentemente trattate, valutato da un comitato di revisione indipendente (IRC).

Gli obiettivi secondari comprendevano una valutazione dell’efficacia di vemurafenib, misurata tramite BORR nel cervello di pazienti precedentemente trattati, la durata della risposta (DOR), la sopravvivenza libera da progressione della malattia (PFS) e la sopravvivenza globale (OS), in pazienti con melanoma con metastasi cerebrali (vedere tabella 10).

Tabella 10: Efficacia di Vemurafenib in pazienti con metastasi cerebrali

Coorte 1 Non
precedentemente trattati
n = 90
Coorte 2
Precedentemente trattati
n = 56
Totale
n = 146
BORRa cerebrale Numero di pazienti responsivi (%)
(95% IC)b
16 (17,8%)
(10,5, 27,3)
10 (17,9%)
(8,9, 30,4)
26 (17,8%)
(12,0, 25,0)
DORc cerebrale(n) Mediana (mesi)
(95% IC)d
(n = 16)
4,6
(2,9, 6,2)
(n = 10)
6,6
(2,8, 10,7)
(n = 26)
5,0
(3,7, 6,6)
BORR
extracranico n (%)a
26 (32,9%) 9 (22,5%) 35 (29,4%)
PFS – totale Mediana (mesi)e
(95% IC)d
3,7
(3,6, 3,7)
3,7
(3,6, 5,5)
3,7
(3,6, 3,7)
PFS – solo cerebrale Mediana (mesi)e
(95% IC)d
3,7
(3,6, 4,0)
4,0
(3,6, 5,5)
3,7
(3,6, 4,2)
OS
Mediana (mesi) (95% IC)d
8,9
(6,1, 11,5)
9,6
(6,4, 13,9)
9,6
(6,9, 11,5)

a Tasso di migliore risposta complessiva confermata, valutata da un comitato di revisione indipendente, numero di responsivi n (%) b Intervallo di Confidenza (IC) bilaterale 95% secondo il Sistema Clopper-Pearson

c Durata della risposta, valutata da un comitato di revisione indipendente

d Stima di Kaplan-Meier

e Valutato dallo sperimentatore

Popolazione pediatrica

Risultati dello studio di fase I (NO25390) su pazienti pediatrici

È stato condotto uno studio di fase I, con incremento progressivo della dose, volto a valutare l’uso di vemurafenib in sei pazienti adolescenti, affetti da melanoma allo stadio IIIC o IV, positivo alla mutazione BRAF V600. Tutti i pazienti trattati avevano almeno 15 anni di età e un peso corporeo minimo di 45 kg. Tre pazienti sono stati trattati con vemurafenib 720 mg, due volte al giorno, mentre gli altri tre con vemurafenib 960 mg, due volte al giorno. Non è stato possibile stabilire la massima dose tollerata. Sebbene siano state osservate regressioni transitorie del tumore, il tasso di migliore risposta globale (BORR) è stato pari allo 0% (IC al 95%: 0%, 46%), sulla base delle risposte confermate. Lo studio è stato chiuso a causa dello scarso arruolamento. Per informazioni sull’uso pediatrico, vedere paragrafo 4.2.

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Vemurafenib è una sostanza di Classe IV (scarsa solubilità e permeabilità), sula base dei criteri descritti dal Sistema di Classificazione Biofarmaceutica (Biopharmaceutics Classification System). I parametri farmacocinetici per vemurafenib sono stati determinati usando l’analisi non compartimentale in studi di fase I e di fase III (20 pazienti dopo aver ricevuto per 15 giorni dosaggi di 960 mg, due volte al giorno, e 204 pazienti allo stato stazionario al giorno 22), nonché mediante l’analisi PK della popolazione, avvalendosi dei dati raggruppati di 458 pazienti, 457 dei quali erano caucasici.

Assorbimento

La biodisponibilità allo stato stazionario era compresa tra 32 e 115% (media 64%) rispetto ad una microdose endovena, in uno studio di fase I con condizioni alimentari non controllate in 4 pazienti con tumori positivi alla mutazione BRAF V600.

Vemurafenib viene assorbito con un Tmax mediano approssimativamente di 4 ore, a seguito di una singola dose di 960 mg (4 compresse da 240 mg). Vemurafenib mostra un’elevata variabilità inter- paziente. Nello studio di fase II, AUC0-8h e Cmax al giorno 1 erano pari a 22,1 ± 12,7 µgh/ml e 4,1 ± 2,3 µg/ml. Si verifica accumulo di vemurafenib, con somministrazioni superiori a più di due volte al giorno. Nell’analisi non compartimentale, dopo la somministrazione di una dose di 960 mg di vemurafenib, due volte al giorno, il rapporto Giorno 15/Giorno 1 variava tra 15 e 17 volte per AUC e tra 13 e 14 volte per Cmax, producendo AUC0-8h e Cmax , rispettivamente, pari a 380,2 ± 143,6 μg•h/ml e 56,7 ± 21,8 μg/ml, in condizioni di stato stazionario.

Il cibo (un pasto con elevato contenuto di grassi) aumenta la biodisponibilità relativa di una singola dose da 960 mg di vemurafenib. Dopo un pasto e a digiuno, i rapporti della media geometrica dei valori di Cmax e AUC erano, rispettivamente, di 2,5 e da 4,6 a 5,1. Se una singola dose di vemurafenib veniva assunta insieme al cibo, il Tmax mediano era aumentato da 4 a 7,5 ore.

L’effetto del cibo sull’esposizione di vemurafenib, allo stato stazionario, non è al momento noto. La regolare assunzione di vemurafenib a stomaco vuoto può determinare un’esposizione allo stato stazionario significativamente più bassa rispetto all’assunzione di vemurafenib durante o subito dopo i pasti. L’assunzione occasionale di vemurafenib a stomaco vuoto dovrebbe avere un impatto limitato sull’esposizione allo stato stazionario, a causa dell’elevato accumulo di vemurafenib allo stato stazionario. I dati di sicurezza ed efficacia degli studi pivotal sono stati raccolti in pazienti che hanno assunto vemurafenib con o senza cibo.

La variabilità dell’esposizione può anche verificarsi a causa delle differenze del contenuto dei liquidi gastrointestinali, dei volumi, del pH, della motilità, del tempo di transizione e della composizione biliare.

Allo stato stazionario, l’esposizione media di vemurafenib nel plasma è stabile durante l’intervallo di 24 ore, come indicato dal rapporto medio di 1,13 tra le concentrazioni plasmatiche prima e 2-4 ore dopo l’assunzione della dose del mattino.

Nella popolazione di pazienti con melanoma metastatico, in seguito a somministrazione orale, si stima che la costante del tasso di assorbimento sia pari a 0,19 hr-1 (con il 101% di variabilità tra i pazienti).

Distribuzione

Nei pazienti con melanoma metastatico, si stima che il volume di distribuzione apparente di vemurafenib sia pari a 91 l (con una variabilità tra i pazienti pari al 64,8%). Il medicinale crea, in vitro, facilmente legami con le proteine plasmatiche umane (>99%).

Biotrasformazione

Le proporzioni relative di vemurafenib e dei suoi metaboliti sono state caratterizzate in uno studio di bilanciamento della massa umana, con una dose singola di vemurafenib marcato con 14C, somministrato per via orale. CYP3A4, in vitro, è l’enzima primario responsabile del metabolismo di vemurafenib. Nell’uomo sono stati anche identificati metaboliti di coniugazione (glucuronidazione e glicosilazione). Tuttavia, il composto precursore era il componente predominante (95%) nel plasma. Sebbene il metabolismo non sembri indurre una quantità rilevante di metaboliti nel plasma, per l’escrezione, l’importanza del metabolismo non può essere esclusa.

Eliminazione

Nei pazienti con melanoma metastatico, si stima che la clearance apparente di vemurafenib sia pari a 29,3 l/giorno (con una variabilità tra i pazienti pari al 31,9%). Dall’analisi PK della popolazione, l’emivita di eliminazione della popolazione, stimata per vemurafenib, è pari a 51,6 ore (l’intervallo tra il 5° e il 95° percentile delle stime dell’emivita individuale è 29,8 – 119,5 ore).

Nello studio di bilanciamento della massa umana con vemurafenib, somministrato per via orale, in media il 95% della dose veniva recuperato entro 18 giorni. La maggior parte del materiale correlato a vemurafenib (94%) era recuperato nelle feci e <1% nelle urine. L’eliminazione renale non sembra essere importante per l’eliminazione di vemurafenib, mentre l’escrezione biliare del composto immodificato può essere un’importante via di eliminazione. Vemurafenib, in vitro, è un substrato e un inibitore di P-gp.

Popolazioni speciali

Anziani

Sulla base dell’analisi PK di popolazione, l’età non ha alcun effetto statisticamente significativo sulla farmacocinetica di vemurafenib.

Genere

L’analisi della farmacocinetica di popolazione ha indicato, nei pazienti di sesso maschile, rispetto al sesso femminile, una clearance apparente maggiore del 17% (CL/F) e un volume di distribuzione apparente maggiore del 48% (V/F)Non è chiaro se si tratti di un effetto correlato al genere o alla corporatura. Tuttavia, le differenze di esposizione non sono sufficientemente ampie da richiedere una correzione della dose in base alla corporatura o al genere.

Compromissione renale

Nell’analisi farmacocinetica di popolazione, effettuata avvalendosi di dati derivanti da studi clinici in pazienti con melanoma metastatico, una compromissione renale lieve e moderata non ha influenzato la clearance apparente di vemurafenib (clearance della creatinina >40 ml/min). Non sono disponibili dati in pazienti con compromissione renale severa (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).

Compromissione epatica

Sulla base dei dati preclinici e dello studio di bilanciamento della massa umana, la maggior parte di vemurafenib viene eliminata per via epatica. Nell’analisi farmacocinetica di popolazione, effettuata avvalendosi di dati derivanti da studi clinici in pazienti con melanoma metastatico, aumenti di AST e ALT fino a tre volte il limite superiore della norma, non hanno influenzato la clearance apparente di vemurafenib. I dati sono insufficienti a determinare l’effetto della compromissione epatica, metabolica o escretoria, sulla farmacocinetica di vemurafenib (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).

Popolazione pediatrica

I dati limitati di farmacocinetica, ricavati da sei pazienti adolescenti di età compresa tra 15 e 17 anni, affetti da melanoma in stadio IIIC o IV, positivo alla mutazione BRAF V600, suggeriscono che le caratteristiche farmacocinetiche di vemurafenib riscontrate negli adolescenti, sono tendenzialmente simili a quelle osservate negli adulti. Per informazioni sull’uso pediatrico, vedere paragrafo 4.2.

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

Il profilo di sicurezza preclinico di vemurafenib è stato valutato in ratti, cani e conigli.

Nel cane, studi di tossicologia a dose ripetuta hanno identificato il fegato e il midollo osseo come organi bersaglio. Nello studio a 13 settimane sui cani, sono stati notati effetti tossici reversibili (necrosi e degenerazione epatocellulare), a livello epatico, con esposizioni inferiori all’esposizione clinica prevista (sulla base della comparazione delle AUC). In uno studio su cani, anticipatamente interrotto a 39 settimane BID, ad esposizioni simili all’esposizione clinica prevista (sulla base della comparazione delle AUC), in un cane, si è osservata necrosi focale del midollo osseo. In uno studio di citotossicità del midollo osseo, in vitro, a concentrazioni clinicamente rilevanti, è stata rilevata una lieve citotossicità in alcune popolazioni di cellule linfo-ematopoietiche di ratti, cani e umani.

È stato dimostrato che vemurafenib è fototossico, in vitro, su colture di fibroblasti murini, in seguito ad irradiazione UVA, ma non in vivo, secondo uno studio condotto sui ratti a dosi massime di 450 mg/kg/giorno (a esposizioni inferiori all’esposizione clinica prevista sulla base della comparazione delle AUC). Negli animali non sono stati effettuati studi specifici con vemurafenib, per valutare l’effetto sulla fertilità. Tuttavia, in studi di tossicità a dose ripetuta, non sono stati rilevati evidenze istopatologiche sugli organi riproduttivi di ratti e cani di sesso maschile e femminile, a dosi massime di 450 mg/kg/giorno (a esposizioni inferiori all’esposizione clinica prevista sulla base della comparazione delle AUC). Non è stata osservata alcuna teratogenicità in studi di sviluppo embrio- fetale, in ratti e conigli, a dosi massime, rispettivamente, di 250 mg/kg/giorno e 450 mg/kg/giorno, che hanno portato a esposizioni inferiori all’esposizione clinica prevista (sulla base della comparazione delle AUC). Tuttavia, le esposizioni negli studi di sviluppo embrio-fetale erano inferiori all’esposizione clinica, sulla base della comparazione delle AUC, pertanto è difficile definire in quale misura questi risultati possano essere estrapolati all’uomo. Non è quindi possibile escludere un effetto di vemurafenib sul feto. Non sono stati effettuati studi riguardanti lo sviluppo pre- e postnatale.

In saggi in vitro, non sono stati identificati segni di genotossicità (mutazione batterica [saggio di AMES], aberrazione del cromosoma linfocitario umano), né nel test del micronucleo del midollo osseo di ratto in vivo condotto con vemurafenib.

Con vemurafenib, non sono stati condotti studi di cancerogenicità.

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

Indice

Nucleo della compressa Croscarmellosa sodica Silice colloidale anidra Magnesio stearato Idrossipropilcellulosa Film di rivestimento Polivinile alcool Titanio diossido (E171) Macrogol 3350 Talco Ferro ossido rosso (E172)

 

06.2 Incompatibilità

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Non pertinente.

 

06.3 Periodo di validità

Indice

3 anni.

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

Indice

Conservare nella confezione originale per proteggere il medicinale dall’umidità.

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

Indice

Blister in alluminio/alluminio, perforati, divisibili per dose unitaria. Confezione: 56 x 1 compresse rivestite con film (7 blister da 8 x 1 compresse)

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

Indice

Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

Indice

Roche Registration GmbH Emil-Barell-Strasse 1 79639 Grenzach-Wyhlen Germania

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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EU/1/12/751/001

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

Indice

Data della prima autorizzazione: 17 febbraio 2012 Data dell’ultimo rinnovo: 22 settembre 2016

 

10.0 Data di revisione del testo

Indice

Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 18/07/2023

 


 

PRESCRIVIBILITÀ ED INFORMAZIONI PARTICOLARI

Informazioni aggiornate al: 21/01/2024
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Zelboraf – 56 cp rivest 240 mg (Vemurafenib)
Classe H: Nota AIFA: Nessuna   Ricetta: Ricetta Non Ripetibile Limitativa Tipo: Ospedaliero esitabile Info: Obbligatoria la compilazione di scheda di monitoraggio AIFA per le prescrizioni SSN ATC: L01EC01 AIC: 041863010 Prezzo: 3425,81 Ditta: Roche Spa


 


FARMACI EQUIVALENTI (stesso principio attivo)

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