Jakavi 5 mg compresse: Scheda Tecnica del Farmaco

Jakavi 5 mg compresse

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Jakavi 5 mg compresse: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Jakavi 5 mg compresse Jakavi 10 mg compresse Jakavi 15 mg compresse Jakavi 20 mg compresse

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Jakavi 5 mg compresse

Ogni compressa contiene 5 mg di ruxolitinib (come fosfato).

Eccipiente con effetti noti

Ogni compressa contiene 71,45 mg di lattosio monoidrato.

Jakavi 10 mg compresse

Ogni compressa contiene 10 mg di ruxolitinib (come fosfato).

Eccipiente con effetti noti

Ogni compressa contiene 142,90 mg di lattosio monoidrato.

Jakavi 15 mg compresse

Ogni compressa contiene 15 mg di ruxolitinib (come fosfato).

Eccipiente con effetti noti

Ogni compressa contiene 214,35 mg di lattosio monoidrato.

Jakavi 20 mg compresse

Ogni compressa contiene 20 mg di ruxolitinib (come fosfato).

Eccipiente con effetti noti

Ogni compressa contiene 285,80 mg di lattosio monoidrato. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Compressa

Jakavi 5 mg compresse

Compresse rotonde bianche-quasi bianche di circa 7,5 mm di diametro contrassegnate con “NVR” su un lato e “L5” sull’altro.

Jakavi 10 mg compresse

Compresse rotonde bianche-quasi bianche di circa 9,3 mm di diametro contrassegnate con “NVR” su un lato e “L10” sull’altro.

Jakavi 15 mg compresse

Compresse ovali bianche-quasi bianche di circa 15,0 x7,0 mm contrassegnate con “NVR” su un lato e “L15” sull’altro.

Jakavi 20 mg compresse

Compresse allungate bianche-quasi bianche di circa 16,5 x7,4 mm contrassegnate con “NVR” su un lato e “L20” sull’altro.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Mielofibrosi (MF)

Jakavi è indicato per il trattamento della splenomegalia o dei sintomi correlati alla malattia in pazienti adulti con mielofibrosi primaria (nota anche come mielofibrosi idiopatica cronica), mielofibrosi post policitemia vera o mielofibrosi post trombocitemia essenziale.

Policitemia vera (PV)

Jakavi è indicato per il trattamento di pazienti adulti con policitemia vera che sono resistenti o intolleranti a idrossiurea.

Malattia del trapianto contro l’ospite (GvHD)

Jakavi è indicato per il trattamento di pazienti di età pari o superiore ai 12 anni con malattia del trapianto contro l’ospite acuta o con malattia del trapianto contro l’ospite cronica che presentano una risposta inadeguata al trattamento con corticosteroidi o altre terapie sistemiche (vedere paragrafo 5.1).

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Il trattamento con Jakavi deve essere iniziato solo da un medico esperto nella somministrazione di medicinali antitumorali.

Prima di iniziare la terapia con Jakavi deve essere effettuata una conta ematica completa, inclusa una conta differenziale dei globuli bianchi.

Monitorare ogni 2-4 settimane la conta ematica completa, inclusa la conta differenziale dei globuli bianchi, fino alla stabilizzazione delle dosi di Jakavi, e in seguito come clinicamente indicato (vedere paragrafo 4.4).

Posologia

Dose iniziale

La dose iniziale raccomandata di Jakavi nella mielofibrosi (MF) è basata sulla conta piastrinica (vedere Tabella 1): Tabella 1 Dosi iniziali nella mielofibrosi

Conta piastrinica Dose iniziale
Maggiore di 200.000/mm3 20 mg per via orale due volte al giorno
Da 100.000 a 200.000/mm3 15 mg per via orale due volte al giorno
Da 75.000 a meno di 100.000/mm3 10 mg per via orale due volte al giorno
Da 50.000 a meno di 75.000/mm3 5 mg per via orale due volte al giorno

La dose iniziale raccomandata di Jakavi nella policitemia vera (PV) è di 10 mg per via orale due volte al giorno.

La dose iniziale raccomandata di Jakavi nella malattia del trapianto contro l’ospite (GvHD) acuta e cronica è di 10 mg per via orale due volte al giorno. Jakavi può essere aggiunto all’uso continuato di corticosteroidi e/o inibitori della calcineurina (CNIs).

Modifiche della dose

Le dosi possono essere titolate sulla base dell’efficacia e della sicurezza.

Mielofibrosi e policitemia vera

Se l’efficacia è considerata insufficiente e le conte ematiche sono adeguate, le dosi possono essere aumentate di un massimo di 5 mg due volte al giorno, fino alla dose massima di 25 mg due volte al giorno.

La dose iniziale non deve essere aumentata entro le prime quattro settimane di trattamento e in seguito non più frequentemente di intervalli di 2 settimane.

Il trattamento deve essere interrotto per conte piastriniche inferiori a 50.000/mm3 o conte assolute di neutrofili inferiori a 500/mm3. Nella PV, il trattamento deve essere interrotto anche quando l’emoglobina è inferiore a 8 g/dL. Dopo il recupero delle conte ematiche sopra questi livelli, la somministrazione può essere ripresa con dosi di 5 mg due volte al giorno, gradualmente aumentate sulla base di un accurato monitoraggio della conta ematica completa, inclusa una conta differenziale dei globuli bianchi.

Devono essere considerate riduzioni di dose se la conta piastrinica diminuisce durante il trattamento come indicato nella Tabella 2, con l’obiettivo di evitare interruzioni di dose per trombocitopenia.

Tabella 2 Raccomandazioni posologiche per pazienti con MF con trombocitopenia

Dose al momento della diminuzione delle piastrine
25 mg
due volte al giorno
20 mg
due volte al giorno
15 mg
due volte al giorno
10 mg
due volte al giorno
5 mg
due volte al giorno
Conta piastrinica Nuova dose
Da 100.000 a <125.000/mm3 20 mg
due volte al giorno
15 mg
due volte al giorno
Nessuna modifica Nessuna modifica Nessuna modifica
Da 75.000 a <100.000/mm3 10 mg
due volte al giorno
10 mg
due volte al giorno
10 mg
due volte al giorno
Nessuna modifica Nessuna modifica
Da 50.000 a <75.000/mm3 5 mg
due volte al giorno
5 mg
due volte al giorno
5 mg
due volte al giorno
5 mg
due volte al giorno
Nessuna modifica
Meno di 50.000/mm3 Sospendere Sospendere Sospendere Sospendere Sospendere

Nella PV, devono essere considerate riduzioni di dose se l’emoglobina scende al di sotto di 12 g/dL e sono raccomandate se questa scende al di sotto di 10 g/dL.

Malattia del trapianto contro l’ospite

Possono essere necessarie delle riduzioni della dose e delle temporanee interruzioni del trattamento nei pazienti con GvHD con trombocitopenia, neutropenia o livelli elevati di bilirubina a seguito di una terapia di supporto standard inclusi fattori di crescita, terapie antiinfettive e trasfusioni. E’ raccomandata la riduzione della dose di un livello (da 10 mg due volte al giorno a 5 mg due volte al giorno o da 5 mg due volte al giorno a 5 mg una volta al giorno). Nei pazienti che non riescono a tollerare Jakavi alla dose di 5 mg una volta al giorno, il trattamento deve essere interrotto. Le raccomandazioni posologiche dettagliate sono indicate nella Tabella 3.

Tabella 3 Raccomandazioni posologiche durante la terapia con ruxolitinib per pazienti con GvHD con trombocitopenia, neutropenia o un livello elevato di bilirubina totale

Parametro di laboratorio Raccomandazioni posologiche
Conta piastrinica <20,000/mm3 Ridurre la dose di Jakavi di un livello. In caso di conta piastrinica ≥20,000/mm3 nell’arco di
7 giorni, la dose può essere aumentata fino al livello di dose iniziale, in caso contrario
mantenere la dose ridotta
Conta piastrinica <15,000/mm3 Sospendere Jakavi fino a conta piastrinica
≥20,000/mm3, quindi riprendere ad un livello di dose inferiore
Conta assoluta dei neutrofili (Absolute neutrophil count, ANC) ≥500/mm3 to <750/mm3 Ridurre Jakavi di un livello di dose. Riprendere al livello di dose iniziale in caso di ANC
>1,000/mm3
Conta assoluta dei neutrofili <500/mm3 Sospendere Jakavi fino a ANC >500/mm3, quindi ripendere ad un livello di dose inferiore.
In caso di ANC >1,000/mm3, la dose può essere ripresa al livello iniziale
Aumento della bilirubina totale non causato da GvHD (GvHD non epatica) Da >3,0 a 5,0 x limite superiore della norma (upper limit of normal, ULN): continuare Jakavi ad un livello di dose inferiore fino a ≤3,0 x ULN
Da >5,0 a 10,0 x ULN: sospendere Jakavi fino a 14 giorni fino ad un livello di bilirubina totale
≤3,0 x ULN. In caso di livello di bilirubina totale ≤3,0 x ULN, il dosaggio può essere ripreso alla dose corrente. Se la bilirubina totale
non si riduce ≤3,0 x ULN dopo 14 giorni, riprendere ad un livello di dose inferiore.
>10,0 x ULN: sospendere Jakavi fino ad un livello di bilirubina totale ≤3,0 x ULN, quindi riprendere ad un livello di dose inferiore
Aumento della bilirubina totale causato da GvHD (GvHD epatica) >3,0 x ULN: continuare Jakavi ad un livello di dose inferiore fino ad un livello di bilirubina
totale ≤3,0 x ULN.

Aggiustamento della dose in concomitanza con inibitori potenti del CYP3A4 o inibitori sia dell’enzima CYP2C9 che del CYP3A4 Quando ruxolitinib viene somministrato con inibitori potenti del CYP3A4 o con inibitori sia dell’enzima CYP2C9 che del CYP3A4 (es. fluconazolo), la dose unitaria di ruxolitinib deve essere ridotta di circa il 50%, da somministrarsi due volte al giorno (vedere paragrafo 4.5). Deve essere evitato l’uso concomitante di ruxolitinib con dosi di fluconazolo superiori a 200 mg die.

Si raccomanda un monitoraggio più frequente (es. due volte la settimana) dei parametri ematologici e dei segni e sintomi clinici delle reazioni avverse al medicinale correlate a ruxolitinib durante la somministrazione di inibitori potenti del CYP3A4 o inibitori sia dell’enzima CYP2C9 che del CYP3A4.

Popolazioni speciali

Compromissione renale

Nei pazienti con compromissione renale lieve o moderata non è necessario uno specifico aggiustamento della dose.

Nei pazienti con compromissione renale severa (clearance della creatinina inferiore a 30 mL/min) la dose iniziale raccomandata per i pazienti con MF, basata sulla conta piastrinica, deve essere ridotta di circa il 50% da somministrarsi due volte al giorno. La dose iniziale raccomandata per i pazienti con PV e GvHD con compromissione renale severa è di 5 mg due volte al giorno. Durante il trattamento con ruxolitinib i pazienti devono essere attentamente monitorati per quanto riguarda la sicurezza e l’efficacia.

I dati per determinare le migliori opzioni di dose per i pazienti in emodialisi con malattia renale in fase terminale (end-stage renal disease, ESRD) sono limitati. Simulazioni farmacocinetiche/farmacodinamiche basate sui dati disponibili in questa popolazione suggeriscono che la dose iniziale per i pazienti con MF in emodialisi con ESRD è una dose singola di 15-20 mg o due dosi di 10 mg prese a distanza di 12 ore, da somministrarsi dopo la dialisi e solo il giorno dell’emodialisi. Per i pazienti con MF con una conta piastrinica compresa tra 100.000/mm3 e 200.000/mm3 la dose singola raccomandata è di 15 mg. Per i pazienti con MF con una conta piastrinica >200.000/mm3 la dose raccomandata è una dose singola di 20 mg o due dosi di 10 mg prese a distanza di 12 ore. Le dosi successive (singola somministrazione o due dosi di 10 mg prese a distanza di 12 ore) devono essere somministrate solo nei giorni di emodialisi dopo ogni seduta di dialisi.

La dose iniziale raccomandata per i pazienti con PV in emodialisi con ESRD è una dose singola di 10 mg o due dosi di 5 mg prese a distanza di 12 ore, da somministrarsi dopo la dialisi e solo il giorno dell’emodialisi. Queste raccomandazioni sulla dose sono basate su simulazioni ed ogni modifica della dose nei pazienti con ESRD deve essere seguita da un attento monitoraggio della sicurezza e dell’efficacia nei singoli pazienti. Non sono disponibili dati sulla dose da utilizzare in pazienti che sono sottoposti a dialisi peritoneale o a emofiltrazione veno-venosa continua (vedere paragrafo 5.2).

Non ci sono dati disponibili per pazienti con GvHD con ESRD.

Compromissione epatica

Nei pazienti con MF con qualsiasi tipo di compromissione epatica la dose iniziale raccomandata basata sulla conta piastrinica deve essere ridotta di circa il 50% da somministrarsi due volte al giorno. Le dosi successive devono essere aggiustate sulla base di un attento monitoraggio della sicurezza e dell’efficacia. Per pazienti con PV la dose iniziale raccomandata è di 5 mg due volte al giorno. Nei pazienti con compromissione epatica diagnosticata durante il trattamento con ruxolitinib devono essere monitorate le conte ematiche complete, inclusa una conta differenziale dei globuli bianchi, almeno ogni una-due settimane per le prime 6 settimane dopo l’inizio della terapia con ruxolitinib e poi come clinicamente indicato una volta che la funzione epatica e le conte ematiche si sono stabilizzate. La dose di ruxolitinib può essere titolata per ridurre il rischio di citopenia.

Nei pazienti con compromissione epatica lieve, moderata o severa non correlata a GvHD, la dose iniziale di ruxolitinib deve essere ridotta del 50% (vedere paragrafo 5.2).

Nei pazienti con GvHD con coinvolgimento epatico ed un incremento di bilirubina totale >3 x ULN, le conte ematiche devono essere monitorate più frequentemente per la tossicità ed è raccomandata una riduzione della dose di un livello.

Pazienti anziani (≥65 anni)

Per i pazienti anziani non sono raccomandati ulteriori aggiustamenti di dose.

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di Jakavi nei bambini e negli adolescenti fino a 18 anni con MF e PV di età non sono state stabilite. Non ci sono dati disponibili (vedere paragrafo 5.1).

Nei pazienti pediatrici (di età pari o superiore ai 12 anni) con GvHD, la sicurezza e l’efficacia di Jakavi sono supportate dalle evidenze degli studi randomizzati di fase 3 REACH2 e REACH3. Il dosaggio di Jakavi nei pazienti pediatrici con GvHD di età pari o superiore ai 12 anni è lo stesso rispetto a quello nei pazienti adulti. La sicurezza e l’efficacia di Jakavi non sono state stabilite nei pazienti di età inferiore ai 12 anni.

Interruzione del trattamento

Il trattamento della MF e PV può essere continuato fino a quando il rapporto beneficio-rischio rimane positivo. Tuttavia, il trattamento deve essere interrotto dopo 6 mesi se dall’inizio della terapia non c’è stata riduzione delle dimensioni della milza o miglioramento nei sintomi.

Per i pazienti che hanno dimostrato un certo grado di miglioramento clinico, si raccomanda che la terapia con ruxolitinib venga interrotta se i pazienti presentano un aumento del 40% della lunghezza della milza rispetto alla dimensione al basale (all’incirca equivalente ad un aumento del 25% del volume della milza) e non mostrano più un miglioramento tangibile dei sintomi correlati alla malattia.

Nella GvHD, la graduale riduzione di Jakavi può essere considerata nei pazienti che hanno risposto al trattamento e dopo aver interrotto il trattamento con corticosteroidi. Si raccomanda una riduzione della dose di Jakavi del 50% ogni due mesi. Se si ripresentano segni e sintomi della GvHD durante o dopo la graduale riduzione di Jakavi, deve essere preso in considerazione un aumento della dose.

Modo di somministrazione

Jakavi deve essere assunto per via orale, con o senza cibo.

Se una dose viene omessa, il paziente non deve assumere una dose aggiuntiva, ma deve assumere la consueta dose successiva prescritta.

 

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. Gravidanza e allattamento.

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Mielosoppressione

Il trattamento con Jakavi può causare reazioni avverse al medicinale di tipo ematologico, incluse trombocitopenia, anemia e neutropenia. Prima di iniziare la terapia con Jakavi deve essere effettuata una conta ematica completa, inclusa una conta differenziale dei globuli bianchi. Il trattamento deve essere interrotto nei pazienti con MF con conta piastrinica inferiore a 50.000/mm3 o conta assoluta di neutrofili inferiore a 500/mm3 (vedere paragrafo 4.2).

È stato osservato che i pazienti con MF con basse conte piastriniche (<200.000/mm3) all’inizio della terapia sono più predisposti a sviluppare trombocitopenia durante il trattamento.

La trombocitopenia è generalmente reversibile e di solito viene gestita riducendo la dose o sospendendo temporaneamente Jakavi (vedere paragrafi 4.2 e 4.8). Tuttavia, possono essere necessarie trasfusioni di piastrine come clinicamente indicato.

I pazienti che sviluppano anemia possono richiedere trasfusioni di sangue. Potrebbe essere necessario prendere in considerazione anche modifiche o interruzioni della dose per i pazienti che sviluppano anemia.

I pazienti con un livello di emoglobina al di sotto di 10,0 g/dL all’inizio del trattamento presentano un rischio più elevato di manifestare durante il trattamento un livello di emoglobina al di sotto di 8,0 g/dL rispetto ai pazienti con un livello di emoglobina più elevato al basale (79,3% verso 30,1%). Per i pazienti con emoglobina al basale al di sotto di 10,0 g/dL si raccomanda un monitoraggio più frequente dei parametri ematologici e dei segni e sintomi clinici delle reazioni avverse al medicinale correlate a Jakavi.

La neutropenia (conta assoluta dei neutrofili <500) è stata generalmente reversibile ed è stata gestita mediante sospensione temporanea di Jakavi (vedere paragrafi 4.2 e 4.8).

La conta ematica completa deve essere monitorata come clinicamente indicato e la dose aggiustata come richiesto (vedere paragrafi 4.2 e 4.8).

Infezioni

Nei pazienti trattati con Jakavi si sono verificate gravi infezioni batteriche, micobatteriche, micotiche, virali ed altre infezioni opportunistiche. I pazienti devono essere valutati per il rischio di sviluppare gravi infezioni. I medici devono osservare attentamente i pazienti in trattamento con Jakavi per segni e sintomi di infezioni e intraprendere prontamente un trattamento appropriato. Il trattamento con Jakavi non deve essere iniziato fintanto che gravi infezioni attive non si siano risolte.

Nei pazienti trattati con Jakavi è stata riportata tubercolosi. Prima di iniziare il trattamento, i pazienti devono essere valutati per tubercolosi attiva e inattiva (“latente”), secondo le raccomandazioni locali. Questo può includere la storia medica, il possibile precedente contatto con la tubercolosi, e/o lo screening adeguato come radiografia dei polmoni, test della tubercolina e/o saggio di rilascio di interferone-gamma, come applicabili. Si ricorda ai medici il rischio di risultati falsi negativi del test cutaneo della tubercolina, soprattutto in pazienti che sono gravemente malati o immunocompromessi.

Aumenti della carica virale dell’epatite B (titolo HBV-DNA), con e senza associati aumenti di alanina aminotransferasi e aspartato aminotransferasi, sono stati riportati in pazienti con infezioni croniche da HBV che assumevano Jakavi. Prima di iniziare il trattamento con Jakavi si raccomanda di eseguire lo screening per HBV. I pazienti con infezione cronica da HBV devono essere trattati e monitorati secondo le linee guida cliniche.

Herpes zoster

I medici devono istruire i pazienti riguardo ai segni e ai sintomi precoci di herpes zoster, raccomandando di iniziare il trattamento il più presto possibile.

Leucoencefalopatia multifocale progressiva

Durante il trattamento con Jakavi è stata riportata leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML). I medici devono prestare particolare attenzione ai sintomi indicativi di PML che i pazienti possono non notare (ad esempio, sintomi o segni di tipo cognitivo, neurologico o psichiatrico). I pazienti devono essere monitorati per uno qualsiasi di questi nuovi sintomi o segni o per un loro peggioramento, e se questi sintomi/segni si verificano, devono essere considerati il ricorso a un neurologo e appropriate misure diagnostiche per la PML. In caso di sospetta PML, ulteriori somministrazioni devono essere sospese fintanto che la PML sia stata esclusa.

Cancro della pelle non melanoma

Cancri della pelle non melanomi (NMSCs), inclusi carcinoma basocellulare, squamocellulare e a cellule di Merkel, sono stati riportati in pazienti trattati con ruxolitinib. La maggior parte di questi pazienti con MF e PV aveva anamnesi di trattamenti prolungati con idrossiurea e precedenti NMSC o lesioni cutanee precancerose. Una relazione causale con ruxolitinib non è stata stabilita. Si raccomandano esami cutanei periodici per i pazienti che hanno un aumentato rischio di cancro della pelle.

Anomalie/aumenti dei lipidi

Il trattamento con Jakavi è stato associato ad aumenti dei parametri lipidici, quali colesterolo totale, lipoproteine ad alta densità (colesterolo HDL), lipoproteine a bassa densità (colesterolo LDL) e trigliceridi. Si raccomanda il monitoraggio dei lipidi e il trattamento della dislipidemia secondo le linee guida cliniche.

Popolazioni speciali

Compromissione renale

Nei pazienti con compromissione renale severa la dose iniziale di Jakavi deve essere ridotta. La dose iniziale per i pazienti in emodialisi con malattia renale in fase terminale deve essere basata sulla conta piastrinica per i pazienti con MF, mentre la dose inziale raccomandata per i pazienti con PV è una dose singola di 10 mg (vedere paragrafo 4.2). Dosi successive (dose singola di 20 mg o due dosi di 10 mg prese a distanza di 12 ore in pazienti con MF; dose singola di 10 mg o due dosi di 5 mg prese a distanza di 12 ore in pazienti con PV) devono essere somministrate solo nei giorni di emodialisi dopo ogni seduta di dialisi. Modifiche aggiuntive della dose devono essere effettuate con un attento monitoraggio della sicurezza e dell’efficacia (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).

Compromissione epatica

Nei pazienti con MF e PV con compromissione epatica la dose iniziale di Jakavi deve essere ridotta di circa il 50%. Ulteriori modifiche della dose devono essere basate sulla sicurezza e sull’efficacia del medicinale. Nei pazienti con GvHD con compromissione epatica non correlata a GvHD, la dose iniziale di Jakavi deve essere ridotta di circa il 50% (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Se Jakavi viene co-somministrato con inibitori potenti del CYP3A4 o con inibitori sia dell’enzima CYP2C9 che del CYP3A4 (es. fluconazolo), la dose unitaria di Jakavi deve essere ridotta di circa il 50%, da somministrare due volte al giorno (per la frequenza del monitoraggio vedere paragrafi 4.2 e 4.5).

La co-somministrazione di terapie citoriduttive con Jakavi è stata associata a citopenie gestibili (vedere il paragrafo 4.2 per le modifiche della dose durante le citopenie).

Effetti dell’interruzione del trattamento

A seguito dell’interruzione o sospensione di Jakavi, i sintomi della MF possono ripresentarsi nell’arco di circa una settimana. Ci sono stati casi di pazienti che hanno sospeso Jakavi che hanno manifestato eventi avversi severi, specialmente in presenza di una malattia intercorrente acuta. Non è stato stabilito se la brusca sospensione di Jakavi abbia contribuito a questi eventi. A meno che non sia necessaria una brusca sospensione, si può considerare una graduale riduzione della dose di Jakavi, sebbene l’utilità della riduzione non sia dimostrata.

Eccipienti

Jakavi contiene lattosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, da deficit totale di lattasi, o da malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale.

Questo medicinale contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per compressa, cioè essenzialmente ‘senza sodio’.

Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione

Sono stati effettuati studi d’interazione solo negli adulti.

Ruxolitinib viene eliminato attraverso metabolismo catalizzato dal CYP3A4 e dal CYP2C9. Perciò, i medicinali che inibiscono questi enzimi possono dare origine ad una aumentata esposizione a ruxolitinib.

Interazioni con conseguente riduzione della dose di ruxolitinib

Inibitori del CYP3A4

Inibitori potenti del CYP3A4 (ad esempio, ma non solo, boceprevir, claritromicina, indinavir, itraconazolo, ketoconazolo, lopinavir/ritonavir, ritonavir, mibefradil, nefazodone, nelfinavir, posaconazolo, saquinavir, telaprevir, telitromicina, voriconazolo) In soggetti sani la co-somministrazione di ruxolitinib (dose singola di 10 mg) con un inibitore potente del CYP3A4, ketoconazolo, ha determinato Cmax e AUC di ruxolitinib superiori rispettivamente del 33% e del 91% rispetto a quelle ottenute con la somministrazione di ruxolitinib da solo. La co- somministrazione con ketoconazolo ha prolungato l’emivita da 3,7 a 6,0 ore.

Quando si somministra ruxolitinib con inibitori potenti del CYP3A4, la dose unitaria di ruxolitinib deve essere ridotta di circa il 50%, da somministrare due volte al giorno.

I pazienti devono essere attentamente monitorati (es. due volte la settimana) per citopenia e la dose titolata sulla base della sicurezza e dell’efficacia (vedere paragrafo 4.2).

Inibitori sia del CYP2C9 che del CYP3A4

In soggetti sani la co-somministrazione di ruxolitinib (dose singola di 10 mg) con fluconazolo, un inibitore sia del CYP2C9 che del CYP3A4, ha determinato Cmax e AUC di ruxolitinib superiori rispettivamente del 47% e del 232% rispetto a quelle ottenute con la somministrazione di ruxolitinib da solo.

Una riduzione della dose del 50% deve essere considerata quando si usano medicinali che sono inibitori degli enzimi sia CYP2C9 che CYP3A4 (es. fluconazolo). Evitare l’uso concomitante di ruxolitinib con dosi di fluconazolo superiori a 200 mg die.

Induttori enzimatici

Induttori del CYP3A4 (ad esempio, ma non solo, avasimibe, carbamazepina, fenobarbital, fenitoina, rifabutina, rifampina (rifampicina),erba di San Giovanni (Hypericum perforatum)) I pazienti devono essere attentamente monitorati e la dose titolata in base alla sicurezza e all’efficacia (vedere paragrafo 4.2).

In soggetti sani trattati con ruxolitinib (dose singola di 50 mg) dopo somministrazione di rifampicina (dose di 600 mg/die per 10 giorni), induttore potente del CYP3A4, l’AUC di ruxolitinib è risultata più bassa del 70% rispetto a quella ottenuta dopo la somministrazione di ruxolitinib da solo. L’esposizione dei metaboliti attivi di ruxolitinib è risultata invariata. Complessivamente, l’attività farmacodinamica di ruxolitinib è risultata simile, suggerendo che l’induzione del CYP3A4 ha determinato un effetto farmacodinamico minimo. Tuttavia, questo può essere correlato all’alta dose di ruxolitinib che ha determinato effetti farmacodinamici vicini alla Emax. È possibile che nel singolo paziente, un aumento della dose di ruxolitinib sia necessario quando si inizia il trattamento con un induttore enzimatico potente.

Altre interazioni da tenere in considerazione che influiscono su ruxolitinib

Inibitori lievi o moderati del CYP3A4 (ad esempio, ma non solo, ciprofloxacina, eritromicina, amprenavir, atazanavir, diltiazem, cimetidina) In soggetti sani la co-somministrazione di ruxolitinib (dose singola di 10 mg) con eritromicina 500 mg due volte al giorno per quattro giorni ha determinato Cmax e AUC di ruxolitinib superiori rispettivamente dell’8% e del 27% rispetto a quelle ottenute con la somministrazione di ruxolitinib da solo.

Non è richiesto un aggiustamento della dose quando ruxolitinib viene co-somministrato con inibitori lievi o moderati del CYP3A4 (ad es. eritromicina). Tuttavia, i pazienti devono essere attentamente monitorati per citopenia quando iniziano una terapia con un inibitore moderato del CYP3A4.

Effetti di ruxolitinib su altri medicinali

Sostanze trasportate dalla glicoproteina-P o da altri trasportatori

Ruxolitinib può inibire la glicoproteina P (P-glycoprotein, P-gp) e la proteina di resistenza del tumore mammario (breast cancer resistance protein, BCRP) nell’intestino. Questo può determinare un aumento dell’esposizione sistemica dei substrati di questi trasportatori, ad esempio dabigatran etexilato, ciclosporina, rosuvastatina e potenzialmente digossina. Si consiglia il monitoraggio terapeutico del medicinale (therapeutic drug monitoring, TDM) o il monitoraggio clinico della sostanza interessata.

È possibile che l’inibizione potenziale della P-gp e della BCRP nell’intestino possa essere minimizzata se il periodo di tempo tra le somministrazioni viene mantenuto ampio il più a lungo possibile.

Uno studio condotto in soggetti sani ha indicato che ruxolitinib non ha inibito il metabolismo di midazolam, substrato del CYP3A4, somministrato per via orale. Pertanto, non si prevede alcun aumento dell’esposizione dei substrati del CYP3A4 quando somministrati in associazione con ruxolitinib. Un altro studio condotto in soggetti sani ha indicato che ruxolitinib non influenza la farmacocinetica di un contraccettivo orale contenente etinilestradiolo e levonorgestrel. Pertanto, non si prevede che l’efficacia contraccettiva di questa associazione sarà compromessa dalla co- somministrazione con ruxolitinib.

 

04.6 Gravidanza e allattamento

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Gravidanza

Non ci sono dati relativi all’uso di Jakavi in donne in gravidanza.

Gli studi sugli animali hanno mostrato che ruxolitinib è embriotossico e fetotossico. Non è stata osservata teratogenicità in ratti o conigli. Tuttavia, rispetto alla dose clinica più alta, i margini di esposizione sono stati bassi e i risultati sono quindi di limitata rilevanza per gli esseri umani (vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è noto. A scopo precauzionale, l’uso di Jakavi è controindicato durante la gravidanza (vedere paragrafo 4.3).

Donne in età fertile/Contraccezione

Le donne in età fertile devono usare misure contraccettive efficaci durante il trattamento con Jakavi. In caso di gravidanza durante il trattamento con Jakavi, si deve eseguire una valutazione del rischio/beneficio su base individuale con una accurata informazione per quanto riguarda i potenziali rischi per il feto (vedere paragrafo 5.3).

Allattamento

Jakavi non deve essere usato durante l’allattamento con latte materno (vedere paragrafo 4.3) e quindi l’allattamento deve essere sospeso quando si inizia il trattamento. Non è noto se ruxolitinib e/o i suoi metaboliti siano escreti nel latte materno. Il rischio per il lattante non può essere escluso. I dati farmacodinamici/tossicologici disponibili in animali hanno mostrato l’escrezione di ruxolitinib e dei suoi metaboliti nel latte (vedere paragrafo 5.3).

Fertilità

Non vi sono dati sugli effetti di ruxolitinib sulla fertilità nell’uomo. Negli studi sugli animali non sono stati osservati effetti sulla fertilità.

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

Indice

Jakavi ha un effetto sedativo nullo o trascurabile. Tuttavia, i pazienti che accusano capogiri dopo l’assunzione di Jakavi devono astenersi dal guidare veicoli o dall’utilizzare macchinari.

 

04.8 Effetti indesiderati

Indice

Riassunto del profilo di sicurezza

Mielofibrosi

Le reazioni avverse al medicinale più frequentemente segnalate sono state trombocitopenia e anemia.

Le reazioni avverse al medicinale di tipo ematologico (ogni grado del Common Terminology Criteria for Adverse Events, CTCAE) comprendevano anemia (83,8%), trombocitopenia (80,5%) e neutropenia (20,8%).

Anemia, trombocitopenia e neutropenia sono effetti correlati alla dose.

Le tre reazioni avverse al medicinale di tipo non ematologico più frequenti sono state lividi (33,3%), altri sanguinamenti (incluse epistassi, emorragia post-procedurale ed ematuria) (24,3%) e capogiri (21,9%).

Le tre anomalie di laboratorio non ematologiche più frequenti identificate come reazioni avverse sono state aumento dell’alanina aminotransferasi (40,7%), aumento dell’aspartato aminotransferasi (31,5%) e ipertrigliceridemia (25,2%). Negli studi clinici di fase 3 nella MF, non sono stati osservati ipertrigliceridemia o aumento dell’aspartato aminotransferasi di grado 3 o 4 CTCAE, né aumento dell’alanina aminotransferasi o ipercolesterolemia di grado 4 CTCAE.

L’interruzione del trattamento a causa di eventi avversi, indipendentemente dalla causalità, è stata osservata nel 30,0% dei pazienti.

Policitemia vera

Le reazioni avverse al medicinale più frequentemente segnalate sono state anemia e aumento dell’alanina aminotransferasi.

Le reazioni avverse ematologiche (ogni grado CTCAE) comprendevano anemia (61,8%), trombocitopenia (25,0%) e neutropenia (5,3%). Anemia e trombocitopenia di grado 3 o 4 CTCAE sono state riportate nel 2,9% e nel 2,6% dei pazienti, rispettivamente.

Le tre reazioni avverse non ematologiche più frequenti sono state aumento di peso (20,3%), capogiri (19,4%) e mal di testa (17,9%).

Le tre anomalie di laboratorio non ematologiche più frequenti (ogni grado CTCAE) identificate come reazioni avverse sono state aumento dell’alanina aminotransferasi (45,3%), aumento dell’aspartato aminotransferasi (42,6%), e ipercolesterolemia (34,7%). Non sono stati osservati aumento dell’alanina aminotransferasi o ipercolesterolemia di grado 4 CTCAE, ed è stato osservato un aumento dell’aspartato aminotransferasi di grado 4 CTCAE.

L’interruzione del trattamento a causa di eventi avversi, indipendentemente dalla causalità, è stata osservata nel 19,4% dei pazienti.

GvHD acuta

Le reazioni avverse al medicinale più frequentemente segnalate in assoluto sono state trombocitopenia, anemia e neutropenia.

Le anomalie di laboratorio ematologiche identificate come reazioni avverse includono trombocitopenia (85,2%), anemia (75,0%) e neutropenia (65,1%). Anemia di grado 3 è stata segnalata nel 47,7% dei pazienti (grado 4 non applicabile per CTCAE v4.03). Trombocitopenia di grado 3 e 4 sono state segnalate nel 31,3% e nel 47,7% dei pazienti, rispettivamente.

Le tre reazioni avverse non ematologiche più frequenti sono state infezione da citomegalovirus (CMV) (32,3%), sepsi (25,4%) e infezioni del tratto urinario (17,9%).

Le tre anomalie di laboratorio non ematologiche più frequenti identificate come reazioni avverse sono state aumento della alanina aminotransferasi (54,9%), aumento dell’aspartato aminotransferasi (52,3%) e ipercolesterolemia (49,2%). La maggioranza sono state di grado 1 e 2.

L’interruzione del trattamento a causa di eventi avversi, indipendentemente dalla causalità, è stata osservata nel 29,4% dei pazienti.

GvHD cronica

Le reazioni avverse al medicinale globalmente più di frequente segnalate sono state anemia, ipercolesterolemia e aumento dell’aspartato aminotransferasi.

Le anomalie di laboratorio ematologiche identificate come reazioni avverse includono anemia (68,6%), trombocitopenia (34,4%) e neutropenia (36,2%). Anemia di grado 3 è stata segnalata nel 14,8% dei pazienti (grado 4 non applicabile per CTCAE v4.03). Neutropenia di grado 3 e 4 sono state segnalate nel 9,5% e nel 6,7% dei pazienti, rispettivamente.

Le tre reazioni avverse non ematologiche più frequenti sono state ipertensione (15,0%), mal di testa (10,2%) e infezioni del tratto urinario (9,3%).

Le tre anomalie di laboratorio non ematologiche più frequenti identificate come reazioni avverse sono state ipercolesterolemia (52,3%), aumento dell’aspartato aminotransferasi (52,2%) e auumento dell’alanina aminotransferasi (43,1%). La maggioranza sono state di grado 1 e 2.

L’interruzione del trattamento a causa di eventi avversi, indipendentemente dalla causalità, è stata osservata nel 18,1% dei pazienti.

Tabella delle reazioni avverse al medicinale dagli studi clinici

La sicurezza di Jakavi nei pazienti con MF è stata valutata utilizzando i dati di follow-up a lungo termine da due studi di fase 3 (COMFORT-I e COMFORT-II) inclusi i dati provenienti da pazienti inizialmente randomizzati a ruxolitinib (n=301) e da pazienti che hanno ricevuto ruxolitinib dopo il cross-over dai trattamenti di controllo (n=156). L’esposizione mediana su cui si basano le categorie di frequenza delle reazioni avverse al medicinale (adverse drug reactions, ADRs) per i pazienti con MF è stata di 30,5 mesi (intervallo da 0,3 a 68,1 mesi).

La sicurezza di Jakavi nei pazienti PV è stata valutata utilizzando i dati di follow-up a lungo termine da due studi di fase 3 (RESPONSE, RESPONSE 2) inclusi i dati provenienti da pazienti inizialmente randomizzati a ruxolitinib (n=184) e da pazienti che hanno ricevuto ruxolitinib dopo il cross-over dai trattamenti di controllo (n=156). L’esposizione mediana su cui si basano le categorie di frequenza delle reazioni avverse al medicinale per i pazienti con PV è stata di 41,7 mesi (intervallo da 0,03 a 59,7 mesi).

La sicurezza di Jakavi in pazienti con GvHD acuta è stata valutata nello studio di fase 3 REACH2, includendo i dati ottenuti da pazienti randomizzati dall’inizio a Jakavi (n=152) e da pazienti che hanno ricevuto Jakavi dopo il cross-over dal braccio della migliore terapia disponibile (best available therapy, BAT) (n=49). L’esposizione mediana su cui si basano le categorie di frequenza delle reazioni avverse al medicinale è stata di 8,9 settimane (intervallo da 0,3 a 66,1 settimane).

La sicurezza di Jakavi in pazienti con GvHD cronica è stata valutata nello studio di fase 3 REACH3, includendo i dati ottenuti da pazienti randomizzati dall’inizio a Jakavi (n=165) e da pazienti che hanno ricevuto Jakavi dopo il cross-over dal braccio della migliore terapia disponibile (n=61). L’esposizione mediana su cui si basano le categorie di frequenza delle reazioni avverse al medicinale è stata di 41,4 settimane (intervallo da 0,7 a 127,3 settimane).

Nel programma degli studi clinici, la severità delle reazioni avverse al medicinale è stata valutata sulla base dei CTCAE, che definiscono grado 1 = lieve, grado 2 = moderato, grado 3 = severo, grado 4 = che mette in pericolo di vita o disabilitante, grado 5 = morte.

Le reazioni avverse al medicinale dagli studi clinici nella MF e PV (Tabella 4) e nella GvHD acuta e cronica (Tabella 5) sono elencate secondo la classificazione per sistemi e organi MedDRA. All’interno di ciascuna classe di sistema e organo, le reazioni avverse al medicinale sono riportate in ordine decrescente di frequenza. Inoltre, per ogni reazione avversa al medicinale, la corrispondente categoria di frequenza si basa sulla seguente convenzione: molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100); raro (≥1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000); non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

Tabella 4 Categoria di frequenza delle reazioni avverse al medicinale riportate negli studi di fase 3 nella MF e nella PV

Reazione avversa al medicinale Categoria di frequenza per pazienti con MF Categoria di frequenza per pazienti con PV
Infezioni ed infestazioni
Infezioni del tratto urinariod Molto comune Molto comune
Herpes zosterd Molto comune Molto comune
Polmonite Molto comune Comune
Sepsi Comune Non comune
Tubercolosi Non comune Non notae
Riattivazione del HBV Non notae Non comune
Patologie del sistema emolinfopoieticoa,d
Anemiaa
Grado 4 CTCAEc (<6,5g/dL) Molto comune Non comune
Grado 3 CTCAEc
(<8,0 – 6,5g/dL)
Molto comune Comune
Ogni grado CTCAEc Molto comune Molto comune
Trombocitopeniaa
Grado 4 CTCAEc (<25.000/mm3) Comune Non comune
Grado 3 CTCAEc
(50.000 – 25.000/mm3)
Molto comune Comune
Ogni grado CTCAEc Molto comune Molto comune
Neutropeniaa
Grado 4 CTCAEc (<500/mm3) Comune Non comune
Grado 3 CTCAEc
(<1.000 – 500/mm3)
Comune Non comune
Ogni grado CTCAEc Molto comune Comune
Pancitopeniaa,b Comune Comune
Sanguinamento (ogni sanguinamento, compreso sanguinamento intracranico e
gastrointestinale, lividi ed altri sanguinamenti)
Molto comune Molto comune
Lividi Molto comune Molto comune
Sanguinamento gastrointestinale Molto comune Comune
Sanguinamento
intracranico
Comune Non comune
Altri sanguinamenti (incluse epistassi, emorragia post-intervento ed ematuria) Molto comune Molto comune
Disturbi del metabolismo e
della nutrizione
Ipercolesterolemiaa ogni grado CTCAEc Molto comune Molto comune
Ipertrigliceridemiaa ogni grado CTCAEc Molto comune Molto comune
Aumento di peso Molto comune Molto comune
Patologie del sistema nervoso
Capogiri Molto comune Molto comune
Mal di testaa Molto comune Molto comune
Patologie gastrointestinali
Lipasi elevata, ogni grado CTCAEc Molto comune Molto comune
Stipsi Molto comune Molto comune
Flatulenza Comune Comune
Patologie epatobiliari
Alanina aminotransferasi aumentataa
Grado 3 CTCAEc (> 5x – 20x LSN) Comune Comune
Ogni grado CTCAEc Molto comune Molto comune
Aspartato aminotransferasi aumentataa
Ogni grado CTCAEc Molto comune Molto comune
Patologie vascolari
Ipertensione Molto comune Molto comune
a La frequenza si basa su anomalie di laboratorio nuove o peggiorate rispetto al basale.
b La pancitopenia è caratterizzata da un livello di emoglobina <100 g/L, conta piastrinica
<100x109/L, e conta dei neutrofili <1,5x109/L (o riduzione dei globuli bianchi di grado 2 se manca la conta dei neutrofili), simultaneamente nella stessa valutazione di laboratorio
c Common Terminology Criteria for Adverse Events (CTCAE) versione 3.0; grado 1 = lieve, grado 2 = moderato, grado 3 = severo, grado 4 = che mette in pericolo di vita
d Queste ADRs sono discusse nel testo.
e ADR derivato dall’esperienza post-marketing

Alla sospensione, i pazienti con MF possono accusare un ritorno dei sintomi della MF come stanchezza, dolore alle ossa, febbre, prurito, sudorazione notturna, splenomegalia sintomatica e perdita di peso. Negli studi clinici nella MF il punteggio totale dei sintomi della MF è ritornato gradualmente al valore basale entro 7 giorni dalla sospensione del trattamento (vedere paragrafo 4.4).

Tabella 5 Categoria di frequenza delle reazioni avverse al farmaco segnalate negli studi di fase 3 nella GvHD

GvHD Acuta (REACH2) GvHD Cronica (REACH3)
Reazione avversa al medicinale Categoria di frequenza Categoria di frequenza
Infezioni ed infestazioni
Infezioni da CMV Molto comune Comune
Grado CTCAE3 ≥3 Molto comune Comune
Sepsi Molto comune
Grado CTCAE ≥3 Molto comune
Infezioni del tratto urinario Molto comune Comune
Grado CTCAE ≥3 Comune Comune
Infezione da virus BK Comune
Grado CTCAE ≥3 Non comune
Patologie del sistema emolinfopoietico
Trombocitopenia 1 Molto comune Molto comune
Grado 3 CTCAE Molto comune Comune
Grado 4 CTCAE Molto comune Molto comune
Anemia1 Molto comune Molto comune
Grado 3 CTCAE Molto comune Molto comune
Neutropenia1 Molto comune Molto comune
Grado 3 CTCAE Molto comune Comune
Grado 4 CTCAE Molto comune Comune
Pancitopenia1,2 Molto comune
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Ipercolesterolemia1 Molto comune Molto comune
Grado 3 CTCAE Comune Comune
Grado 4 CTCAE Comune Non comune
Aumento di peso Comune
Grado CTCAE ≥3 N/A5
Patologie del sistema nervoso
Mal di testa Comune Molto comune
Grado CTCAE ≥3 Non comune Comune
Patologie vascolari
Ipertensione Molto comune Molto comune
Grado CTCAE ≥3 Comune Common
Patologie gastrointestinali
Lipasi elevata1 Molto comune
Grado 3 CTCAE Comune
Grado 4 CTCAE Non comune
Amilasi elevata1 Molto comune
Grado 3 CTCAE Comune
Grado 4 CTCAE Comune
Nausea Molto comune
Grado CTCAE ≥3 Non comune
Costipazione Comune
Grado CTCAE ≥3 N/A5
Patologie epatobiliari
Alanina aminotransferasi aumentata1 Molto comune Molto comune
Grado 3 CTCAE Molto comune Comune
Grado 4 CTCAE Comune Non comune
Aspartato aminotransferasi aumentata1 Molto comune Molto comune
Grado 3 CTCAE Comune Comune
Grado 4 CTCAE N/A5 Non comune
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Creatinfosfochinasi ematica
aumentata1
Molto comune
Grado 3 CTCAE Comune
Grado 4 CTCAE Comune
Patologie renali e urinarie
Creatinina ematica aumentata1 Molto comune
Grado 3 CTCAE Comune
Grado 4 CTCAE N/A5
1 La frequenza si basa su anomalie di laboratorio nuove o peggiorate rispetto al basale.
2 La pancitopenia è caratterizzata da un livello di emoglobina <100 g/L, conta piastrinica
<100x109/L, e conta dei neutrofili <1,5x109/L (o riduzione dei globuli bianchi di grado 2 se manca la conta dei neutrofili), simultaneamente nella stessa valutazione di laboratorio.
3 Common Terminology Criteria for Adverse Events (CTCAE) versione 4.03.
4 Sepsi di Grado ≥3 include 20 eventi di grado 5 (10%).
5 Non applicabile: nessun caso segnalato.

Descrizione di reazioni avverse al medicinale selezionate

Anemia

Negli studi clinici di fase 3 nella MF, il tempo mediano di insorgenza del primo evento di anemia di grado CTCAE 2 o maggiore è stato di 1,5 mesi. Un paziente (0,3%) ha interrotto il trattamento a causa dell’anemia.

Nei pazienti trattati con ruxolitinib la diminuzione media dell’emoglobina ha raggiunto un nadir di circa 10 g/L al di sotto del basale dopo 8-12 settimane di terapia e poi il valore è risalito gradualmente per raggiungere un nuovo steady state di circa 5 g/L al di sotto del basale. Questo andamento è stato osservato nei pazienti indipendentemente dall’aver ricevuto trasfusioni durante la terapia.

Nello studio COMFORT-I, randomizzato, controllato verso placebo, il 60,6% dei pazienti con MF trattati con Jakavi ed il 37,7% dei pazienti con MF trattati con placebo ha ricevuto trasfusioni di globuli rossi durante il trattamento randomizzato. Nello studio COMFORT-II, la frequenza delle trasfusioni di globuli rossi concentrati è stata del 53,4% nel braccio con Jakavi e del 41,1% nel braccio con la migliore terapia disponibile.

Nel periodo randomizzato degli studi registrativi, l’anemia è stata meno frequente nei pazienti con PV che nei pazienti con MF (40,8% verso 82,4%). Gli eventi di grado 3 e 4 CTCAE sono stati riportati nel 2,7% della popolazione con PV, mentre nei pazienti con MF la frequenza è stata del 42,56%.

Negli studi di fase 3 nella GvHD acuta e cronica, l’anemia di grado CTCAE 3 è stata riportata nel 47,7% e nel 14,8% dei pazienti, rispettivamente.

Trombocitopenia

Negli studi clinici di fase 3 nella MF, nei pazienti che hanno sviluppato trombocitopenia di grado 3 o 4, il tempo mediano di insorgenza è stato di circa 8 settimane. La trombocitopenia è stata generalmente reversibile con la riduzione della dose o con l’interruzione della dose. Il tempo mediano di ritorno della conta piastrinica al di sopra di 50.000/mm3 è stato di 14 giorni. Durante il periodo di studio randomizzato, sono state somministrate trasfusioni piastriniche al 4,7% dei pazienti trattati con ruxolitinib e al 4,0% dei pazienti trattati con i regimi di controllo. L’interruzione del trattamento a causa di trombocitopenia si è verificata nello 0,7% dei pazienti trattati con ruxolitinib e nello 0,9% dei pazienti trattati con i regimi di controllo. I pazienti con una conta piastrinica da 100.000/mm3 a 200.000/mm3 prima di iniziare ruxolitinib hanno avuto con maggior frequenza trombocitopenia di grado 3 o 4 in confronto ai pazienti con una conta piastrinica >200.000/mm3 (64,2% verso 38,5%).

Nel periodo randomizzato degli studi registrativi, la percentuale di pazienti che ha manifestato trombocitopenia è stata inferiore nei pazienti con PV (16,8%) rispetto ai pazienti con MF (69,8%). La frequenza di trombocitopenia severa (cioè di grado 3 e 4 CTCAE) è stata inferiore nei pazienti con PV (2,7%) rispetto ai pazienti con MF (11,6%).

Negli studi di fase 3 nella GvHD acuta, la trombocitopenia di grado 3 e 4 è stata osservata nel 31,3% e 47,7% dei pazienti, rispettivamente. Nello studio di fase 3 nella GvHD cronica, la trombocitopenia di grado 3 e 4 è stata inferiore (5,9% e 10,7%) rispetto alla GvHD acuta.

Neutropenia

Negli studi clinici di fase 3 nella MF, nei pazienti che hanno sviluppato neutropenia di grado 3 o 4, il tempo mediano di insorgenza è stato di 12 settimane. Durante il periodo randomizzato dello studio, sono state riportate sospensioni o riduzioni della dose a causa di neutropenia nell’1,0% dei pazienti, e lo 0,3% dei pazienti ha interrotto il trattamento a causa di neutropenia.

Nel periodo randomizzato degli studi di fase 3 in pazienti con PV, la neutropenia è stata riportata nell’1,6% dei pazienti esposti a ruxolitinib rispetto al 7% dei pazienti esposti ai trattamenti di riferimento. Nel braccio con ruxolitinib un paziente ha sviluppato neutropenia di grado 4 CTCAE. Un follow-up prolungato dei pazienti trattati con ruxolitinib ha mostrato che 2 pazienti avevano riportato neutropenia di Grado 4 CTCAE.

Nello studio di fase 3 nella GvHD acuta, la neutropenia di grado 3 e 4 è stata osservata nel 17,9% e 20,6% dei pazienti, rispettivamente. Nello studio di fase 3 nella GvHD cronica, la neutropenia di grado 3 e 4 è stata inferiore (9,5% e 6,7%) rispetto alla GvHD acuta.

Sanguinamento

Negli studi registrativi di fase 3 nella MF sono stati riportati eventi di sanguinamento (inclusi sanguinamento intracranico e gastrointestinale, lividi ed altri eventi di sanguinamento) nel 32,6% dei pazienti esposti a ruxolitinib e nel 23,2% dei pazienti esposti ai trattamenti di riferimento (placebo o la migliore terapia disponibile). La frequenza degli eventi di grado 3-4 è stata simile per i pazienti trattati con ruxolitinib o trattamenti di riferimento (4,7% verso 3,1%). La maggioranza dei pazienti con eventi di sanguinamento durante il trattamento ha riportato lividi (65,3%). I lividi sono stati segnalati più frequentemente nei pazienti in trattamento con ruxolitinib rispetto ai trattamenti di riferimento (21,3% verso 11,6%). Il sanguinamento intracranico è stato segnalato nell’1% dei pazienti esposti a ruxolitinib e nello 0,9% dei pazienti esposti ai trattamenti di riferimento. Il sanguinamento gastrointestinale è stato segnalato nel 5,0% dei pazienti esposti a ruxolitinib rispetto al 3,1% dei pazienti esposti ai trattamenti di riferimento. Altri eventi di sanguinamento (inclusi ad esempio eventi di epistassi, emorragia post-intervento ed ematuria) sono stati segnalati nel 13,3% dei pazienti trattati con ruxolitinib e nel 10,3% dei pazienti esposti ai trattamenti di riferimento.

Durante il follow-up a lungo termine degli studi clinici di fase 3 nella MF, la frequenza cumulativa di eventi emorragici è aumentata proporzionalmente all’aumentare del tempo di follow-up. I lividi sono stati gli eventi di sanguinamento più frequentemente riportati (33,3%). Eventi di sanguinamento intracranico e gastrointestinale sono stati riportati rispettivamente nell’1,3% e nel 10,1% dei pazienti.

Nel periodo comparativo degli studi di fase 3 in pazienti con PV, eventi di sanguinamento (inclusi sanguinamento intracranico e gastrointestinale, lividi ed altri eventi di sanguinamento) sono stati riportati nel 16,8% dei pazienti trattati con ruxolitinib, nel 15,3% dei pazienti trattati con la migliore terapia disponibile nello studio RESPONSE e nel 12,0% dei pazienti trattati con la migliore terapia disponibile nello studio RESPONSE 2. I lividi sono stati riportati nel 10,3% dei pazienti trattati con ruxolitinib, nell’8,1% dei pazienti trattati con la migliore terapia disponibile nello studio RESPONSE e nel 2,7% dei pazienti trattati con la migliore terapia disponibile nello studio RESPONSE 2. Nessun evento di sanguinamento intracranico o di emorragia gastrointestinale è stato riportato nei pazienti trattati con ruxolitinib. Un paziente trattato con ruxolitinib ha manifestato un evento di sanguinamento di grado 3 (emorragia post-intervento); non è stato riportato alcun evento di sanguinamento di grado 4. Altri eventi di sanguinamento (inclusi epistassi, emorragia post-intervento, sanguinamento delle gengive) sono stati riportati nell’8,7% dei pazienti trattati con ruxolitinib, nel 6,3% dei pazienti trattati con la migliore terapia disponibile nello studio RESPONSE e nel 6,7% dei pazienti trattati con la migliore terapia disponibile nello studio RESPONSE 2.

Durante il follow-up a lungo termine degli studi clinici di fase 3 nella PV, la frequenza cumulativa di eventi emorragici è aumentata proporzionalmente all’aumentare del tempo di follow-up. I lividi sono stati gli eventi di sanguinamento più frequentemente riportati (17,4%). Eventi di sanguinamento intracranico e gastrointestinale sono stati riportati rispettivamente nello 0,3% e nel 3,5% dei pazienti.

Nel periodo comparativo dello studio di fase 3 nella GvHD acuta, sono stati riportati eventi di sanguinamento nel 25,0% e nel 22,0% dei pazienti nel braccio con ruxolitinib e nel braccio con la migliore terapia disponibile, rispettivamente. I sottogruppi di eventi di sanguinamento sono stati generalmente simili tra i bracci di trattamento: lividi (5,9% nel braccio con ruxolitinib vs. 6,7% nel braccio con la migliore terapia disponibile), eventi gastrointestinali (9,2% vs. 6,7%) e altri eventi emorragici (13,2% vs. 10,7%). Sono stati riportati eventi di sanguinamento intracranico nello 0,7% dei pazienti nel braccio con la migliore terapia disponibile ed in nessun paziente nel braccio con ruxolitinib.

Nel periodo comparativo dello studio di fase 3 nella GvHD cronica, eventi di sanguinamento sono stati riportati nel 11,5% e nel 14,6% dei pazienti nel braccio con ruxolitinib e nel braccio con la migliore terapia disponibile, rispettivamente. I sottogruppi di eventi di sanguinamento sono stati generalmente simili tra i bracci di trattamento: lividi (4,2% nel braccio con ruxolitinib vs. 2,5% nel braccio con la migliore terapia disponibile), eventi gastrointestinali (1,2% vs. 3,2%) e altri eventi emorragici (6,7% vs. 10,1%). Non è stato riportato alcun evento di sanguinamento intracranico in entrambi i bracci di trattamento.

Infezioni

Negli studi registrativi di fase 3 nella MF sono stati riportati infezione del tratto urinario di grado 3 o 4 nell’1,0% dei pazienti, herpes zoster nel 4,3% e tubercolosi nell’1,0%. Negli studi registrativi di fase 3 è stata riportata sepsi nel 3,0% dei pazienti. Un follow-up prolungato dei pazienti trattati con ruxolitinib non ha mostrato alcuna tendenza verso un aumento del tasso di sepsi nel tempo.

Nel periodo randomizzato degli studi di fase 3 in pazienti con PV, è stata riportata una (0,5%) infezione del tratto urinario di grado 3 CTCAE e nessuna di grado 4. La percentuale di herpes zoster è stata simile nei pazienti con PV (4,3%) e nei pazienti con MF (4,0%). C’è stato un caso di nevralgia post-erpetica di grado 3 CTCAE tra i pazienti con PV. La polmonite è stata riportata nello 0,5% dei pazienti trattati con ruxolitinib rispetto all’1,6% dei pazienti esposti ai trattamenti di riferimento.

Nessun paziente nel braccio con ruxolitinib ha riportato sepsi o tubercolosi.

Durante il follow-up a lungo termine degli studi di fase 3 nella PV, le infezioni riportate frequentemente sono state infezioni del tratto urinario (11,8%), herpes zoster (14,7%) e polmonite (7,1%). Sepsi è stata riportata nello 0,6% dei pazienti. Nessun paziente ha riportato tubercolosi nel follow-up a lungo termine.

Nello studio di fase 3 per la GvHD acuta, durante il periodo comparativo, sono state riportate infezioni del tratto urinario nel 9,9% (grado ≥3, 3,3%) dei pazienti nel braccio con ruxolitinb rispetto al 10,7% (grado ≥3, 6,0%) dei pazienti nel braccio con la migliore terapia disponibile. Sono state riportate infezioni da CMV nel 28,3% (grado ≥3, 9,3%) dei pazienti nel braccio con ruxolitinb rispetto al 24,0% (grado ≥3, 10,0%) dei pazienti nel braccio con la migliore terapia disponibile. Sono stati riportati episodi di sepsi nel 12,5% (grado ≥3, 11,1%) dei pazienti nel braccio con ruxolitinb rispetto al 8,7% (grado ≥3, 6,0%) dei pazienti nel braccio con la migliore terapia disponibile. Sono state riportate infezioni da virus BK solo in 3 pazienti nel braccio con ruxolitinb con un evento di grado 3. Durante il follow-up a lungo termine dei pazienti trattati con ruxolitinib, sono state riportate infezioni del tratto urinario nel 17,9% (grado ≥3, 6,5%) dei pazienti e infezioni da CMV sono state riportate nel 32,3% (grado ≥3, 11,4%) dei pazienti. Infezioni da CMV con coinvolgimento di organi sono state osservate in un numero molto limitato di pazienti; coliti da CMV, enteriti da CMV e infezioni gastrointestinali da CMV di ogni grado sono state riportate in quattro, due e in un paziente, rispettivamente. Sono stati riportati episodi di sepsi, incluso shock settico, di ogni grado nel 25,4% (grado ≥3, 21,9%) dei pazienti.

Nello studio di fase 3 per la GvHD cronica, durante il periodo comparativo, sono state riportate infezioni del tratto urinario nel 8,5% (grado ≥3, 1,2%) dei pazienti nel braccio con ruxolitinb rispetto al 6,3% (grado ≥3, 1,3%) dei pazienti nel braccio con la migliore terapia disponibile. Sono state riportate infezioni da virus BK nel 5,5% (grado ≥3, 0,6%) dei pazienti nel braccio con ruxolitinb rispetto al 1,3% dei pazienti nel braccio con la migliore terapia disponibile. Sono state riportate infezioni da CMV nel 9,1% (grado ≥3, 1,8%) dei pazienti nel braccio con ruxolitinb rispetto al 10,8% (grado ≥3, 1,9%) dei pazienti nel braccio con la migliore terapia disponibile. Sono stati riportati episodi di sepsi nel 2,4% (grado ≥3, 2,4%) dei pazienti nel braccio con ruxolitinb rispetto al 6,3% (grado ≥3, 5,7%) dei pazienti nel braccio con la migliore terapia disponibile. Durante il follow-up a lungo termine dei pazienti trattati con ruxolitinib, sono state riportate infezioni del tratto urinario e infezioni da BK virus nel 9,3% (grado ≥3, 1,3%) e nel 4,9% (grado ≥3, 0,4%) dei pazienti, rispettivamente. Infezioni da CMV ed episodi di sepsi sono stati riportati nel 8,8% (grado ≥3, 1,3%) e nel 3,5% (grado ≥3, 3,5%) dei pazienti, rispettivamente.

Lipasi elevata

Nel periodo randomizzato dello studio RESPONSE, il peggioramento dei valori della lipasi è stato più elevato nel braccio con ruxolitinib rispetto al braccio di controllo, principalmente a causa delle differenze tra gli aumenti di grado 1 (18,2% verso 8,1%). Gli aumenti di grado ≥2 sono stati simili tra i bracci di trattamento. Nel RESPONSE 2, le frequenze sono state comparabili tra il braccio con ruxolitinib e il braccio di controllo (10,8% verso 8%). Durante il follow-up a lungo termine degli studi di fase 3 nella PV, il 7,4% e lo 0,9% dei pazienti ha riportato un aumento dei valori di lipasi di grado 3 e di grado 4. In questi pazienti non sono stati riportati segni e sintomi concomitanti di pancreatite con elevati valori di lipasi.

Negli studi di fase 3 nella MF, sono stati riportati valori elevati di lipasi rispettivamente nel 18,7% e 19,3% dei pazienti nei bracci con ruxolitinib in confronto al 16,6% e al 14,0% nei bracci di controllo degli studi COMFORT-I e COMFORT-II. Nei pazienti con elevati valori di lipasi, non sono stati riportati segni e sintomi concomitanti di pancreatite.

Nel periodo comparativo dello studio di fase 3 per la GvHD acuta, sono stati riportati valori di lipasi nuovi o peggiorati nel 19,7% dei pazienti nel braccio con ruxolitinb rispetto al 12,5% dei pazienti nel braccio con la migliore terapia disponibile; i corrispondendi incrementi di grado 3 (3,1% vs 5,1%) e di grado 4 (0% vs 0,8%) sono stati simili. Durante il follow-up a lungo termine dei pazienti trattati con ruxolitinib, sono stati riportati valori di lipasi nuovi o peggiorati nel 32,2% dei pazienti; grado 3 e grado 4 sono stati riportati nel 8,7% e 2,2% dei pazienti, rispettivamente.

Nel periodo comparativo dello studio di fase 3 per la GvHD cronica, sono stati riportati valori di lipasi nuovi o peggiorati nel 32,1% dei pazienti nel braccio con ruxolitinb rispetto al 23,5% dei pazienti nel braccio con la migliore terapia disponibile; i corrispondendi incrementi di grado 3 (10,6% vs 6,2%) e di grado 4 (0,6% vs 0%) sono stati simili. Durante il follow-up a lungo termine dei pazienti trattati con ruxolitinib, sono stati riportati valori di lipasi incrementati nel 35,9% dei pazienti; grado 3 e grado 4 sono stati riportati nel 9,5% e 0,4% dei pazienti, rispettivamente.

Aumento della pressione sistolica

Negli studi clinici registrativi di fase 3 nella MF, in almeno una visita, è stato riportato un aumento della pressione sistolica di 20 mmHg o più rispetto al basale nel 31,5% dei pazienti trattati con ruxolitinib rispetto al 19,5% dei pazienti trattati con il trattamento di controllo. Nello studio COMFORT-I (pazienti con MF) l’aumento medio della pressione sistolica rispetto al basale è stato di 0-2 mmHg con ruxolitinib rispetto ad una diminuzione di 2-5 mmHg nel braccio trattato con placebo. Nello studio COMFORT-II i valori medi hanno mostrato una piccola differenza tra i pazienti con MF trattati con ruxolitinib e i pazienti con MF trattati con il trattamento di controllo.

Nel periodo randomizzato dello studio registrativo in pazienti con PV, la pressione sistolica media è aumentata di 0,65 mmHg nel braccio con ruxolitinib rispetto a una diminuzione di 2 mmHg nel braccio trattato con la migliore terapia disponibile.

Pazienti pediatrici

Un totale di 20 pazienti di età compresa tra i 12 e i 18 anni con GvHD sono stati analizzati per gli aspetti di sicurezza: 9 pazienti (5 nel braccio con ruxolitinib e 4 nel braccio con la migliore terapia disponibile) nello studio REACH2 e 11 pazienti (4 nel braccio con ruxolitinib e 7 nel braccio con la migliore terapia disponibile) nello studio REACH3. Sulla base dell’osservazione di una esposizione simile tra adolescenti e adulti, la sicurezza di ruxolitinib alla dose raccomandata di 10 mg due volte al giorno è simile in frequenza e severità.

Anziani

Un totale di 29 pazienti nello studio REACH2 e 25 pazienti nello studio REACH3 di età superiore ai 65 anni e trattati con ruxolitinib sono stati analizzati per gli aspetti di sicurezza. In generale, non sono state identificate nuove problematiche di sicurezza e il profilo di sicurezza in pazienti di età superiore ai 65 anni è generalmente sovrapponibile a quello dei pazienti di età compresa tra i 18 e i 65 anni.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’Allegato V.

 

04.9 Sovradosaggio

Indice

Non è noto un antidoto per i sovradosaggi con Jakavi. Dosi singole fino a 200 mg sono state somministrate con tollerabilità acuta accettabile. Dosi ripetute più alte di quelle raccomandate sono associate ad aumentata mielosoppressione inclusa leucopenia, anemia e trombocitopenia. Deve essere somministrato un adeguato trattamento di supporto.

Non è atteso che l’emodialisi aumenti l’eliminazione di ruxolitinib.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

Indice

Categoria farmacoterapeutica: Agenti antineoplastici, inibitori della protein-chinasi, codice ATC: L01EJ01 Meccanismo d’azione

Ruxolitinib è un inibitore selettivo delle Janus Associated Kinases (JAKs) JAK1 e JAK2 (valori di IC50 di 3,3 nM e 2,8 nM rispettivamente per gli enzimi JAK1 e JAK2). Queste mediano il segnale di un numero di citochine e fattori di crescita che sono importanti per l’ematopoiesi e la funzione immunitaria.

MF e PV sono neoplasie mieloproliferative note per essere associate alla deregolazione del segnale di JAK1 e JAK2. Si ritiene che la base della deregolazione includa alti livelli di citochine circolanti che attivano la via di JAK-STAT, le mutazioni che aumentano la funzionalità enzimatica come JAK2V617F, e la repressione dei meccanismi di regolazione negativa. I pazienti con MF presentano una deregolazione del segnale di JAK indipendentemente dallo stato della mutazione JAK2V617F. Mutazioni attivanti in JAK2 (V617F o esone 12) sono presenti nel >95% dei pazienti con PV.

Ruxolitinib inibisce il segnale di JAK-STAT e la proliferazione cellulare di modelli cellulari citochino-dipendenti di neoplasie ematologiche, cosi come delle cellule Ba/F3 rese citochino- indipendenti dall’espressione della proteina mutata JAK2V617F, con IC50 comprese nell’intervallo 80-320 nM.

Le vie del segnale JAK-STAT agiscono nella regolazione dello sviluppo, della proliferazione e della attivazione di diversi tipi di cellule del sistema immunitario importanti per la patogenesi della GvHD.

Effetti farmacodinamici

Ruxolitinib inibisce la fosforilazione di STAT3 indotta da citochine nel sangue di volontari sani, di pazienti con MF e di pazienti con PV. Sia nei soggetti sani che nei pazienti con MF, ruxolitinib ha determinato, 2 ore dopo la somministrazione, massima inibizione della fosforilazione di STAT3 che è ritornata quasi a livello basale entro 8 ore, indicando che non vi è accumulo né del farmaco immodificato né dei metaboliti attivi.

Nei soggetti con MF, l’innalzamento dei livelli basali dei marcatori infiammatori associati ai sintomi costitutivi come TNFα, IL-6 e CRP è diminuito a seguito del trattamento con ruxolitinib. I pazienti con MF non sono diventati resistenti, nel tempo, agli effetti farmacodinamici di ruxolitinib. Analogamente, anche i pazienti con PV presentano innalzamento dei livelli basali dei marcatori infiammatori e questi marcatori sono diminuiti a seguito del trattamento con ruxolitinib.

In un accurato studio del QT in volontari sani, non c’è stata indicazione di un effetto di prolungamento del QT/QTc di ruxolitinib in dosi singole fino ad una dose sovraterapeutica di 200 mg, indicando che ruxolitinib non ha effetto sulla ripolarizzazione cardiaca.

Efficacia e sicurezza clinica

Mielofibrosi

Due studi di fase 3 randomizzati (COMFORT-I e COMFORT-II) sono stati condotti in pazienti con MF (MF primaria, MF post-policitemia vera o MF post-trombocitemia essenziale). In entrambi gli studi, i pazienti avevano splenomegalia palpabile di almeno 5 cm al di sotto del margine costale e una categoria di rischio intermedio-2 o rischio elevato in base ai criteri condivisi del International Working Group (IWG). La dose iniziale di Jakavi è stata basata sulla conta piastrinica. I pazienti con conta piastrinica ≤100.000/mm3 non erano eleggibili per l’arruolamento negli studi COMFORT ma 69 pazienti sono stati arruolati nello studio EXPAND, uno studio di fase Ib, in aperto, per la determinazione della dose in pazienti con MF (MF primaria, MF post-policitemia vera o MF post- trombocitemia essenziale) e conta piastrinica basale ≥50.000 e <100.000/mm3.

COMFORT-I è uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, condotto in 309 pazienti che erano resistenti o non erano candidabili alla terapia disponibile. L’endpoint primario di efficacia era la percentuale di soggetti che ottenevano una riduzione ≥35% del volume della milza rispetto al basale alla settimana 24 misurata mediante risonanza magnetica (Magnetic Resonance Imaging, MRI) o tomografia computerizzata (Computed Tomography, CT).

Gli endpoints secondari di efficacia comprendevano la durata del mantenimento di una riduzione ≥35% del volume della milza rispetto al basale, la percentuale di pazienti che avevano una riduzione ≥50% del punteggio totale dei sintomi, la modifica del punteggio totale dei sintomi rispetto al basale alla settimana 24, misurato secondo il diario MF Symptom Assessment Form (MFSAF) v2.0 modificato, e la sopravvivenza globale.

COMFORT-II è uno studio randomizzato, in aperto, condotto in 219 pazienti. I pazienti sono stati randomizzati 2:1 a ruxolitinib verso la migliore terapia disponibile. Nel braccio trattato con la migliore terapia disponibile, il 47% dei pazienti ha ricevuto idrossiurea e il 16% dei pazienti ha ricevuto glucocorticoidi. L’endpoint primario di efficacia era la percentuale di pazienti che raggiungevano una riduzione ≥35% del volume della milza rispetto al basale alla settimana 48 misurata mediante MRI o CT.

Gli endpoint secondari comprendevano la percentuale di pazienti che ottenevano una riduzione ≥35% del volume della milza rispetto al basale alla settimana 24 e la durata del mantenimento di una riduzione ≥35% rispetto al basale del volume della milza.

Nel COMFORT-I e nel COMFORT-II, i dati demografici dei pazienti al basale e le caratteristiche della malattia erano comparabili tra i bracci di trattamento.

Tabella 6 Percentuale di pazienti con riduzione ≥35% del volume della milza rispetto al basale alla settimana 24 nel COMFORT-I e alla settimana 48 nel COMFORT-II (ITT)

COMFORT-I COMFORT-II
Jakavi (N=155) Placebo (N=153) Jakavi (N=144) Migliore terapia
disponibile (N=72)
Tempi Settimana 24 Settimana 48
Numero (%) di soggetti
con riduzione ≥35% del volume della milza
65 (41,9) 1 (0,7) 41 (28,5) 0
Intervalli di confidenza del 95% 34,1; 50,1 0; 3,6 21,3; 36,6 0,0; 5,0
Valore di p <0,0001 <0,0001

Una percentuale significativamente più alta di pazienti nel gruppo Jakavi ha raggiunto una riduzione ≥35% del volume della milza rispetto al basale (Tabella 6) indipendentemente dalla presenza o assenza della mutazione JAK2V617F (Tabella 7) o dal sottotipo della malattia (MF primaria, MF post- policitemia vera, MF post-trombocitemia essenziale).

Tabella 7 Percentuale di pazienti con riduzione ≥35% del volume della milza rispetto al basale secondo lo stato della mutazione di JAK (popolazione valutabile per la sicurezza)

COMFORT-I COMFORT-II
Jakavi Placebo Jakavi Migliore terapia disponibile
Stato della
mutazione di JAK
Positivo (N=113) n (%) Negativo (N=40)
n (%)
Positivo (N=121) n (%) Negativo (N=27)
n (%)
Positivo (N=110) n (%) Negativo (N=35)
n (%)
Positivo (N=49)
n (%)
Negativo (N=20)
n (%)
Numero (%) di soggetti con riduzione
≥35% del volume della
milza
54
(47,8)
11 (27,5) 1
(0,8)
0 36
(32,7)
5
(14,3)
0 0
Tempi Dopo 24 settimane Dopo 48 settimane

La probabilità di mantenere una risposta splenica (riduzione ≥35%) verso Jakavi per almeno 24 settimane era dell’89% nel COMFORT I e dell’87% nel COMFORT II; nel COMFORT-II, la probabilità di mantenere la risposta splenica per almeno 48 settimane era del 52%.

Nel COMFORT-I, il 45,9% dei soggetti nel gruppo Jakavi ha ottenuto un miglioramento ≥50% del punteggio totale dei sintomi dal basale alla settimana 24 (misurato utilizzando il diario MFSAF v2.0), rispetto al 5,3% nel gruppo placebo (p<0,0001 utilizzando il test del chi-quadrato). La variazione media dello stato di salute globale alla settimana 24, misurato mediante EORTC QLQ-C30, è stata di +12,3 per Jakavi e di -3,4 per il placebo (p<0,0001).

Nel COMFORT-I, dopo un follow-up mediano di 34,3 mesi, il tasso di mortalità nei pazienti randomizzati al braccio ruxolitinib è stato del 27,1% rispetto al 35,1% nei pazienti randomizzati a placebo; HR 0,687; 95% IC 0,459-1,029; p=0,0668.

Nel COMFORT-I, dopo un follow-up mediano di 61,7 mesi, il tasso di mortalità nei pazienti randomizzati al braccio ruxolitinib è stato del 44,5% (69 di 155 pazienti) rispetto al 53,2% (82 di 154) nei pazienti randomizzati a placebo. C’è stata una riduzione del 31% del rischio di morte nel braccio ruxolitinib rispetto a placebo (HR 0,69; 95% IC 0,50-0,96; p=0,025).

Nel COMFORT-II, dopo un follow-up mediano di 34,7 mesi, il tasso di mortalità nei pazienti randomizzati a ruxolitinib è stato del 19,9% rispetto al 30,1% nei pazienti randomizzati al migliore trattamento disponibile; HR 0,48; 95% IC 0,28-0,85; p=0,009. In entrambi gli studi, i tassi di mortalità più bassi rilevati nel braccio ruxolitinib sono stati prevalentemente determinati dai risultati ottenuti nei sottogruppi di pazienti con mielofibrosi post-policitemia vera e mielofibrosi post-trombocitemia essenziale.

Nel COMFORT-II, dopo un follow-up mediano di 55,9 mesi, il tasso di mortalità nei pazienti randomizzati al braccio ruxolitinib è stato del 40,4% (59 di 146 pazienti) rispetto al 47,9% (35 di 73 pazienti) nei pazienti randomizzati al migliore trattamento disponibile. C’è stata una riduzione del 33% del rischio di morte nel braccio ruxolitinib rispetto al braccio del migliore trattamento disponibile (HR 0,67; IC 95% 0,44-1,02; p=0,062).

Policitemia vera

Uno studio di fase 3, randomizzato, in aperto, con controllo attivo (RESPONSE) è stato condotto in 222 pazienti con PV che erano resistenti o intolleranti a idrossiurea sulla base dei criteri pubblicati dal gruppo di lavoro internazionale European LeukemiaNet (ELN). Centodieci (110) pazienti sono stati randomizzati al braccio ruxolitinib e 112 pazienti al braccio con la migliore terapia disponibile. La dose iniziale di Jakavi era 10 mg due volte al giorno. Le dosi sono state poi aggiustate nei singoli pazienti in base alla tollerabilità e all’efficacia fino a una dose massima di 25 mg due volte al giorno. La migliore terapia disponibile è stata scelta dallo sperimentatore in modo specifico per ciascun paziente e comprendeva idrossiurea (59,5%), interferone/interferone peghilato (11,7%), anagrelide (7,2%), pipobromano (1,8%) e l’osservazione (15,3%).

I dati demografici al basale e le caratteristiche della malattia erano comparabili tra i due bracci di trattamento. L’età mediana era 60 anni (range 33-90 anni). I pazienti nel braccio ruxolitinib avevano diagnosi di PV da un tempo mediano di 8,2 anni e avevano ricevuto precedentemente idrossiurea per un tempo mediano di circa 3 anni. La maggior parte dei pazienti (>80%) aveva ricevuto almeno due flebotomie nelle ultime 24 settimane prima dello screening. Mancano i dati comparativi riguardanti la sopravvivenza a lungo termine e l’incidenza delle complicanze della malattia.

L’endpoint composito primario era la percentuale di pazienti che raggiungeva sia un’assenza di eleggibilità alla flebotomia (controllo dell’ematocrito) sia una riduzione ≥35% del volume della milza rispetto al basale alla settimana 32. L’eleggibilità alla flebotomia era definita come la conferma di un ematocrito >45%, cioè almeno 3 punti percentuale più alto rispetto all’ematocrito ottenuto al basale o la conferma di un ematocrito >48%, a seconda di quale era più basso. Endpoint secondari principali includevano la percentuale di pazienti che raggiungevano l’endpoint primario e rimanevano liberi da progressione alla settimana 48, cosi come la percentuale di pazienti che ottenevano una remissione ematologica completa alla settimana 32.

Lo studio ha raggiunto il suo obiettivo primario e una maggiore percentuale di pazienti nel gruppo Jakavi ha raggiunto l’endpoint composito primario e ciascuno dei suoi singoli componenti. Un significativo maggior numero di pazienti trattati con Jakavi (23%) ha raggiunto una risposta primaria (p<0,0001) rispetto alla migliore terapia disponibile (0,9%). Il controllo dell’ematocrito è stato raggiunto nel 60% dei pazienti nel braccio Jakavi rispetto al 18,8% dei pazienti nel braccio con la migliore terapia disponibile ed una riduzione ≥35% del volume della milza è stata raggiunta nel 40% dei pazienti nel braccio Jakavi rispetto allo 0,9% dei pazienti nel braccio con la migliore terapia disponibile (Figura 1).

Entrambi i principali endpoint secondari sono stati raggiunti. La percentuale di pazienti che ha raggiunto una remissione ematologica completa è stata del 23,6% con Jakavi rispetto all’8,0% con la migliore terapia disponibile (p=0,0013) e la percentuale di pazienti che ha ottenuto una risposta primaria duratura alla settimana 48 è stata del 20% con Jakavi e dello 0,9% con la migliore terapia disponibile (p<0,0001).

Figura 1 Pazienti che hanno raggiunto l’endpoint primario e i componenti dell’endpoint primario alla settimana 32 P-value: <0,0001

Odds Ratio (Ruxolitinib/BAT)

70 e 95% IC:

32,67 (5,04, 1337)

Perceentuale dei pazienti

60 Componenti individuali della Risposta Primaria

alla Settimana 32

60 .RUX .BAT 50 40 40 30 23 19 20 10 1 0 Endpoint composito primario alla settimana 32

1 Riduzione ≥35% del volume

della milza

Controllo dell’ematocrito senza flebotomia

I sintomi sono stati valutati utilizzando il punteggio totale dei sintomi (TTS) MPN-SAF dal diario elettronico del paziente, che consiste di 14 domande. Alla settimana 32, il 49% ed il 64% dei pazienti trattati con ruxolitinib ha raggiunto una riduzione ≥50% nel TTS-14 e TTS-5, rispettivamente, rispetto al solo 5% e 11% dei pazienti trattati con la migliore terapia disponibile.

La percezione del beneficio del trattamento è stata misurata con il questionario Patient Global Impression of Change (PGIC). Il 66% dei pazienti trattati con ruxolitinib rispetto al 19% dei pazienti trattato con la migliore terapia disponibile ha segnalato un miglioramento già a quattro settimane dopo l’inizio del trattamento. Il miglioramento della percezione del beneficio del trattamento era anche più alto nei pazienti trattati con ruxolitinib alla settimana 32 (78% verso 33%).

Per valutare la durata della risposta, ulteriori analisi sono state condotte alla settimana 80 e alla settimana 256 dopo la randomizzazione nello studio RESPONSE. Dei 25 pazienti che avevano raggiunto la risposta primaria alla settimana 32, 3 pazienti hanno avuto progressione della malattia entro la settimana 80 e 6 pazienti entro la settimana 256. La probabilità di mantenere una risposta dalla settimana 32 alla settimana 80 e alla settimana 256 è stata rispettivamente del 92% e del 74% (vedere Tabella 8).

Tabella 8 Durata della risposta primaria nello studio RESPONSE

Settimana 32 Settimana 80 Settimana 256
Risposta primaria raggiunta alla settimana 32*
n/N (%)
25/110 (23%) n/a n/a
Pazienti che mantengono la risposta primaria n/a 22/25 19/25
Probabilità di mantenere la risposta
primaria
n/a 92% 74%
* Secondo i criteri dell’endpoint composito di risposta primaria: assenza di eleggibilità alla flebotomia (controllo dell’ematocrito) e una riduzione ≥35% del volume della milza basale.
n/a: non applicabile

Un secondo studio di fase 3b, randomizzato, in aperto, con controllo attivo (RESPONSE 2), è stato condotto in 149 pazienti con PV che erano resistenti o intolleranti a idrossiurea ma senza splenomegalia palpabile. L’endpoint primario, definito come la percentuale di pazienti che raggiungeva il controllo dell’ematocrito (assenza di eleggibilità alla flebotomia) alla settimana 28, è stato raggiunto (62,2% nel braccio Jakavi verso 18,7% nel braccio con la migliore terapia disponibile). Anche l’endpoint secondario principale, definito come la percentuale di pazienti che otteneva una remissione ematologica completa alla settimana 28, è stato raggiunto (23,0% nel braccio Jakavi verso 5,3% nel braccio con la migliore terapia disponibile).

Malattia del trapianto contro l’ospite (GvHD)

Jakavi è stato studiato in due studi randomizzati, di Fase III, in aperto, multicentrici in pazienti di età pari o superiore ai 12 anni con GvHD acuta (REACH2) e cronica (REACH3) dopo trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (alloSCT) e insufficiente risposta a corticosteroidi e/o altre terapie sistemiche. La dose iniziale di Jakavi è stata di 10 mg due volte al giorno.

Malattia del trapianto contro l’ospite acuta

Nel REACH2, 309 pazienti con malattia del trapianto contro l’ospite (GvHD) acuta di Grado II-IV refrattaria ai corticosteroidi, sono stati randomizzati 1:1 a ricevere Jakavi o la migliore terapia disponibile. I pazienti sono stati stratificati sulla base della severitià della GvHD acuta al momento della randomizzazione. La refrattarietà ai cortocosteroidi è stata definita nel momento in cui i pazienti hanno mostrato progressione dopo un minimo di 3 giorni, fallimento nell’ottenimento di una risposta dopo 7 giorni o insuccesso nella riduzione della terapia corticosteroidea.

La migliore terapia disponibile è stata selezionata dallo sperimentatore sulla base del singolo paziente e includeva siero anti linfocitario (ATG), fotoferesi extracorporea (ECP), cellule stromali mesenchimali (MSC), metotrexato a basse dosi, micofenolato mofetile (MMF), inibitori mTOR (everolimus o sirolimus), etanercept o infliximab.

In aggiunta a Jakavi o alla migliore terapia disponibile, i pazienti potevano ricevere la terapia di supporto standard per un trapianto di cellule staminali che includeva medicinali anti-infettivi e supporto trasfusionale. Ruxolitinib è stato aggiunto all’uso continuato di corticosteroidi e/o inibitori della carcineurina (corticosteroids and/or calcineurin inhibitors, CNIs), come ciclosporina e tacrolimus, e/o di terapie corticosteroidee topiche o per inalazione, in accordo alle linee guida istituzionali.

I pazienti che avevano ricevuto un precendente trattamento sistemico diverso da corticosteroidi e inibitori della carcineurina per la GvHD acuta erano eleggibili all’inclusione nello studio. In aggiunta ai corticosteroidi e agli CNIs, era permesso di continuare terapie farmacologiche sistemiche precedenti per la GvHD acuta solo se usate per la profilassi della GvHD acuta (es. iniziate prima della diagnosi di GvHD acuta) secondo la comune pratica clinica.

Ai pazienti randomizzati nel braccio con la migliore terapia disponibile è stato consentito passare in crossover al braccio con ruxolitinib dopo il Giorno 28 in caso di: Mancato raggiungimento dell’endpoint primario (risposta completa o parziale) al Giorno 28; OPPURE Successiva perdita della risposta e conformità ai criteri di progressione, risposta mista o nessuna risposta, necessitante di un nuovo trattamento immunosoppressivo sistemico aggiuntivo per la GvHD acuta E Nessun segno/sintomo di GvHD cronica

La riduzione di Jakavi era permessa dopo la visita del Giorno 56 per i pazienti con risposta al trattamento.

I dati demografici di base e le caratteristiche della patologia sono state bilanciate tra i due bracci di trattamento. L’età mediana era di 54 anni (intervallo tra 12 e 73 anni). Lo studio ha incluso 2,9 % adolescenti, 59,2% maschi e 68,9% pazienti bianchi. La maggior parte dei pazienti arruolati presentava una pre-esistente patologia maligna.

La severità della GvHD acuta nel braccio di trattamento con Jakavi e nel braccio con la migliore terapia disponibile è stata di grado II nel 34% e nel 34%, di grado III nel 46% e nel 47,0%, e di grado IV nel 20% e nel 19% rispettivamente.

Le ragioni della insufficiente risposta dei pazienti ai corticosteroidi nei bracci con Jakavi e con la migliore terapia disponibile sono state i) mancata risposta dopo 7 giorni di trattamento con corticosteroidi (46,8% e 40,6%, rispettivamente), ii) mancata riduzione del trattamento con corticosteroidi (30,5% e 31,6% rispettivamente) o iii) progressione della malattia dopo 3 giorni di trattamento (22,7% e 22,7% rispettivamente).

Tra tutti i pazienti, gli organi più comunemente coinvolti nella GvHD acuta sono stati la pelle (54,0%) e il tratto gastrointestinale inferiore (68,3%). Più pazienti nel braccio con Jakavi hanno presentato GvHD che ha coinvolto la pelle (60,4%) e il fegato (23,4%) rispetto al braccio con la migliore terapia disponibile (pelle: 47,7% e fegato: 16,1%).

Le più frequenti terapie sistemiche precedenti per la GvHD acuta erano corticosteroidi+CNIs (49,4% nel braccio con Jakavi e 49,0% nel braccio con la migliore terapia disponibile).

L’endopoint primario era il tasso di risposta globale (ORR) il Giorno 28, definito come la percentuale di pazienti in ogni braccio con una risposta completa (CR) o parziale (PR) senza la necessità di terapie sistemiche aggiuntive per progressione precoce, risposta mista o nessuna risposta sulla base della valutazione dello sperimentatore in accordo ai criteri di Harris et al. (2016).

L’endpoint secondario chiave era la percentuale di pazienti che avevano ottenuto una CR o PR il Giorno 28 e mantenuto una CR o PR fino al Giorno 56.

Il REACH2 ha raggiunto il suo obiettivo primario. La ORR al Giorno 28 di trattamento era più elevata nel braccio con Jakavi (62,3%) rispetto al braccio con la migliore terapia disponibile (39,4%). Si è verificata una differenza statisticamente significativa tra i bracci di trattamento (Cochrane-Mantel- Haenszel test stratificato p<0,0001, a due code, OR: 2,64; 95% CI: 1,65-4,22).

Una percentuale più alta di pazienti appertenenti al braccio con Jakavi ha raggiunto una risposta completa (34,4%) rispetto al braccio con la migliore terapia disponibile (19,4%).

Al giorno 28 la ORR era 76% per GvHD di grado II, 56% per GvHD grado III e 53% per GvHD di grado IV nel braccio con Jakavi e 51% per GvHD grado II, 38% per GvHD grado III e 23% per GvHD di grado IV nel braccio con la migliore terapia disponibile.

Tra i non responsivi ai trattamenti al Giorno 28 nel braccio con Jakavi e nel braccio con la migliore terapia disponibile, rispettivamente il 2,6% e il 8,4% hanno presentato una progressione della malattia.

I risultati globali sono presentati in Tabella 9.

Table 9 Tasso di risposta globale al Giorno 28 in REACH2

Jakavi N=154 Migliore terapia disponibile N=155
n (%) 95% CI n (%) 95% CI
Risposta globale 96 (62,3) 54,2-70,0 61 (39,4) 31,6-47,5
OR (95% CI) 2,64 (1,65-4,22)
p-value (a due code) p <0,0001
Risposta completa 53 (34,4) 30 (19,4)
Risposta parziale 43 (27,9) 31 (20,0)

Lo studio ha raggiunto il suo obiettivo secondario sulla base della analisi primaria dei dati (data limite di raccolta dei dati: 25 luglio 2019). Una ORR duratura al Giorno 56 è stata del 39,6% (95% CI: 31,8- 47,8) nel braccio con Jakavi e del 21,9% (95% CI: 15,7-29,3) nel braccio con la migliore terapia disponibile. La differenza tra i due bracci di trattamento è stata statisticamente rilevante (OR: 2,38; 95% CI: 1,43-3,94; p=0,0007). La percentuale di pazienti con una CR è stata del 26,6% nel braccio con Jakavi contro il 16,6% nel braccio con la migliore terapia disponibile. In totale, 49 pazienti (31,6%) inizialmente randomizzati al braccio con la migliore terapia disponibile, sono passati al braccio con Jakavi.

Malattia del trapianto contro l’ospite cronica

Nel REACH3, 329 pazienti con malattia del trapianto contro l’ospite cronica refrattaria ai corticosteroidi (SR-cGvHD) da moderata a grave sono stati randomizzati 1:1 a ricevere Jakavi o la migliore terapia disponibile . I pazienti sono stati stratificati sulla base della severitià della GvHD cronica al momento della randomizzazione. La refrattarietà ai corticosteroidi è stata definita nel momento in cui i pazienti hanno mostrato una assenza di risposta o progressione della malattia dopo 7 giorni o persistenza della malattia per 4 settimane o due tentativi senza successo di riduzione della dose di corticosterooidi.

La migliore terapia disponibile è stata selezionata dallo sperimentatore sulla base del singolo paziente e includeva siero antilinfocitario (ATG), fotoferesi extracorporea (ECP), metotrexate (MTX) a basse dosi, micofenolato mofetile (MMF), inibitori di mTOR (everolimus o sirolimus), infliximab, rituximab, pentostatina, imatinib o ibrutinib.

In aggiunta a Jakavi o alla migliore terapia disponibile, i pazienti potevano ricevere la terapia di supporto standard per il trapianto di cellule staminali che includeva medicinali antiinfettivi e supporto trasfusionale. L’uso continuativo di corticosteroidi e inibitori della carcineurina (CNIs), come ciclosporina e tacrolimus e di terapie corticosteroidee topiche o per inalazione, era consentito in accordo alle linee guida istituzionali.

I pazienti che avevano ricevuto un precedente trattamento sistemico diverso da corticosteroidi e/o inibitori della carcineurina per la GvHD cronica erano eleggibili all’inclusione dello studio. In aggiunta ai corticosteroidi e agli inibitori della carcineurina, era permesso di continuare terapie farmacologiche sistemiche precedenti per la GvHD cronica solo se usate per la profilassi della GvHD cronica (es. iniziate prima della diagnosi di GvHD cronica) secondo la comune pratica clinica.

Ai pazienti randomizzati nel braccio con la migliore terapia disponibile è stato consentito passare in crossover al braccio con ruxolitinib al Giorno 1 del Ciclo 7 e di successivamente in caso di progressione della malattia, risposta mista o non modificata, tossicità verso la migliore terapia disponibile o in caso di riacutizzazione della GvHD cronica.

L’efficacia nei pazienti che sono passati da GvHD acuta a GvHD cronica senza riduzione della dose di corticosteroidi e alcun trattamento sistemico non è nota. L’efficacia nei pazienti con GvHD acuta o cronica dopo infusione di linfociti provenienti dal donatore (DLI) e nei pazienti intolleranti al trattamento steroideo è sconosciuta.

La riduzione di Jakavi era permessa dopo la visita del Giorno 1 del Ciclo 7.

I dati demografici di base e le caratteristiche della patologia sono stati bilanciati tra i due bracci di trattamento. L’età mediana era di 49 anni (intervallo tra 12 e 76 anni). Lo studio ha incluso 3,6% adolescenti, 61,1% maschi e 75,4% pazienti bianchi. La maggior parte dei pazienti arruolati presentava una preesistente patologia maligna.

La severità della GvHD cronica refrattaria ai corticosteroidi alla diagnosi era bilanciata tra i due bracci di trattamento, con 41% e 45% moderata e 59% e 55% severa rispettivamente nel braccio con Jakavi e nel braccio con la migliore terapia disponibile.

Le insufficienti risposte dei pazienti ai corticosteroidi nel braccio con Jakavi e con la migliore terapia disponibile sono state caratterizzate da i) assenza di risposta o progressione della malattia dopo trattamento con corticosteroidi per un minimo di 7 giorni con 1 mg/kg al giorno di equivalenti del prednisone (37,6% e 44,5%, rispettivamente), ii) persistenza della malattia dopo 4 settimane con 0,5 mg/kg al giorno (35,2% e 25,6%) o iii) dipendenza da corticosteroidi (27,3% e 29,9% rispettivamente).

Tra tutti i pazienti, il 73% e il 45% nel braccio con Jakavi ha manifestato coinvolgimento della pelle o dei polmoni rispetto al 69% e al 41% nel braccio con la migliore terapia disponibile.

Le terapie sistemiche precedenti più frequenti per la GvHD cronica erano corticosteroidi in monoterapia (43% nel braccio con Jakavi e 49% nel braccio con la migliore terapia disponibile) e corticosteroidi+CNIs (41% dei pazienti nel braccio con Jakavi e 42% nel braccio con la migliore terapia disponibile).

L’endopoint primario era la ORR il Giorno 1 del Ciclo 7, definita come percentuale di pazienti in ogni braccio con una risposta completa (CR) o una risposta parziale (PR), senza la necessità di terapie sistemiche aggiuntive per una progressione precoce, risposta mista o nessuna risposta sulla base della valutazione dello sperimentatore in accordo ai criteri del National Institute of Health (NIH).

Un endpoint secondario chiave era il tasso di sopravvivenza libera da fallimento del trattamento (Failure Free Survival- FFS), un “tempo composito all’evento”, che includeva i primi dei seguenti eventi: (i) recidiva o ricorrenza della malattia di base o decesso dovuto alla malattia di base, (ii) mortalità non da recidiva o (iii) aggiunta o inizio di un’altra terapia sistemica per cGvHD.

Il REACH3 ha raggiunto il suo obiettivo primario. Al momento della analisi primaria dei dati (data limite di raccolta dei dati: 08 maggio 2020), la ORR alla settimana 24 era più elevata nel braccio con Jakavi (49,7%) rispetto al braccio con la migliore terapia disponibile (25,6%). Si è verificata una differenza statisticamente significativa tra i bracci di trattamento (Cochrane-Mantel-Haenszel test stratificato p<0,0001, a due code, OR: 2,99; 95% CI: 1,86-4,80). I risultati sono presentati nella Tabella 10.

Tra i non responsivi ai trattamenti al Giorno 1 del Ciclo 7 nel braccio con Jakavi e nel braccio con la migliore terapia disponibile, rispettivamente il 2,4% e il 12,8% hanno presentato una progressione della malattia.

Tabella 10 Tasso di risposta globale al Giorno 1 Ciclo 7 in REACH3

Jakavi N=165 Migliore terapia disponibile N=164
n (%) 95% CI n (%) 95% CI
Risposta globale 82 (49,7) 41,8-57,6 42 (25,6) 19,1-33,0
OR (95% CI) 2,99 (1,86-4,80)
p-value (a due code) p<0,0001
Complete response 11 (6,7) 5 (3,0)
Partial response 71 (43,0) 37 (22,6)

L’endopoint secondario chiave FFS ha dimostrato una riduzione del rischio statisticamente significativa del 63% di Jakavi verso la migliore terapia disponibile (HR: 0,370; 95% CI: 0,268-0,510, p<0,0001). La maggior parte degli eventi di FFS a 6 mesi sono stati “aggiunta o inizio di un’altra terapia sistemica per la GvHD cronica” (la probabilità di questo evento è stata del 13,4% vs 48,5% rispettivamente per il braccio con Jakavi e per il braccio con la migliore terapia disponibile). I risultati per “recidiva della patologia di base” e mortalità senza recidiva (non-relapse mortality, NRM) sono stati del 2,46% vs 2,57% e 9,19% vs 4,46% rispettivamente per il braccio con Jakavi e per il braccio con la migliore terapia disponibile. Non sono state osservate differenze di incidenze cumulative tra i bracci di trattamento quando si analizzano solo gli NRM.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con Jakavi in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per il trattamento della MF e della PV. Nei pazienti pediatrici con GvHD (di età pari o superiore ai 12 anni), la sicurezza e l’efficacia di Jakavi sono supportate dalle evidenze degli studi clinici di fase 3 REACH2 e REACH3 (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico). In REACH2, le risposte sono state osservate al giorno 28 in 4/5 pazienti adolescenti con GvHD acuta (3 hanno avuto una CR e 1 una PR) nel braccio con ruxolitinib e 3/4 pazienti adolescenti (3 hanno avuto una CR) nel braccio con la migliore terapia disponibile. In REACH3, le risposte sono state osservate al giorno 1 del ciclo 7 in 3/4 pazienti adolescenti con GvHD cronica (tutti hanno avuto una PR) nel braccio con ruxolitinib e 2/8 pazienti adolescenti (entrambi hanno avuto una PR) nel braccio con la migliore terapia disponibile.

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Assorbimento

Ruxolitinib è un composto di classe 1 secondo BCS (Biopharmaceutical Classification System), con caratteristiche di elevata permeabilità, elevata solubilità e rapida dissoluzione. Negli studi clinici, ruxolitinib è stato rapidamente assorbito dopo somministrazione orale con una concentrazione plasmatica massima (Cmax) raggiunta circa 1 ora dopo l’assunzione. Sulla base di uno studio di “mass balance” nell’uomo, l’assorbimento orale di ruxolitinib, come ruxolitinib o metaboliti formati dopo primo passaggio epatico, è del 95% o superiore. Il valore medio della Cmax di ruxolitinib e l’esposizione totale (AUC) aumentano proporzionalmente rispetto a un intervallo di dosi singole comprese tra 5-200 mg. Non ci sono state variazioni clinicamente rilevanti nella farmacocinetica di ruxolitinib subito dopo somministrazione di un pasto ad elevato contenuto lipidico. Il valore medio della Cmax è risultato moderatamente diminuito (24%) mentre il valore medio dell’AUC è risultato quasi invariato (aumento del 4%) in caso di somministrazione con un pasto ad elevato contenuto lipidico.

Distribuzione

Il volume di distribuzione medio allo steady state è approssimativamente 75 litri nei pazienti con MF e nei pazienti con PV. Alle concentrazioni clinicamente rilevanti di ruxolitinib, il legame alle proteine plasmatiche in vitro è circa del 97%, principalmente all’albumina. Uno studio di autoradiografia del corpo interno nei ratti ha mostrato che ruxolitinib non penetra la barriera emato-encefalica.

Biotrasformazione

Ruxolitinib è principalmente metabolizzato dal CYP3A4 (>50%), con un contributo aggiuntivo dal CYP2C9. Il farmaco non modificato è l’entità predominante nel plasma umano, rappresentando circa il 60% del materiale circolante farmaco-correlato. Nel plasma sono presenti due principali metaboliti attivi che rappresentano il 25% e l’11% dell’AUC del farmaco non modificato. Questi metaboliti hanno un’attività farmacologica JAK-correlata dalla metà a un quinto di quella del farmaco da cui derivano. La somma totale di tutti i metaboliti attivi contribuisce al 18% della farmacodinamica complessiva di ruxolitinib. In base a studi in vitro, ruxolitinib, a concentrazioni clinicamente rilevanti, non inibisce CYP1A2, CYP2B6, CYP2C8, CYP2C9, CYP2C19, CYP2D6 o il CYP3A4 e non è un induttore potente dei CYP1A2, CYP2B6 or CYP3A4. Dati in vitro indicano che ruxolitinib può inibire la P-gp e la BCRP.

Eliminazione

Ruxolitinib viene eliminato principalmente attraverso il metabolismo. L’emivita media di eliminazione di ruxolitinib è di circa 3 ore. In soggetti adulti sani, a seguito di una dose orale singola di ruxolitinib marcato con [14C], l’eliminazione è stata prevalentemente attraverso il metabolismo, con il 74% della radioattività escreta nelle urine e il 22% attraverso le feci. Il farmaco non modificato è risultato essere meno dell’1% del totale di radioattività escreta.

Linearità/Non linearità

La proporzionalità della dose è stata dimostrata negli studi a dose singola e multipla.

Popolazioni speciali

Effetti della superficie corporea, dell’età, del sesso o della razza

Sulla base degli studi in soggetti sani, non sono state osservate differenze rilevanti nella farmacocinetica di ruxolitinib in relazione al sesso o alla razza. In base all’analisi farmacocinetica di popolazione di pazienti con MF, non è stata evidenziata alcuna relazione tra la clearance orale e l’età o la razza del paziente. La clearance orale prevista è stata di 17,7 L/h nelle donne e di 22,1 L/h negli uomini, con una variabilità tra soggetti del 39% nei pazienti con MF. La clearance è stata 12,7 L/h nei pazienti con PV, con una variabilità tra soggetti del 42% e, in base all’analisi farmacocinetica di popolazione di pazienti con PV, non è stata evidenziata alcuna relazione tra la clearance orale e il sesso, l’età o la razza del paziente. La clearance è stata di 10,4 l/h nei pazienti con GvHD acuta e di 7,8 l/h nei pazienti con GvHD cronica con una variabilità tra soggetti del 49%. Sulla base di una valutazione farmacocinetica sulla popolazione nei pazienti con GvHD, non è stata evidenziata alcuna relazione tra la clearance orale e il sesso, l’età o la razza. Nei pazienti con una ridotta superficie corporea (body suface area, BSA) l’esposizione è stata aumentata. Nei soggetti con una superficie corporea di 1 m2, 1,25 m2 e 1,5 m2, l’esposizione media prevista (AUC) è stata rispettivamente il 31%, 22% e 12% più elevata rispetto a quella tipica di un adulto (1,79 m2).

Popolazione pediatrica

La farmacocinetica di Jakavi nei pazienti pediatrici di età inferiore ai 18 anni con MF e PV non sono state stabilite. Il profilo farmacocinetico osservato in pazienti adolescenti con GvHD acuta o cronica era comparabile alla popolazione globale dei pazienti (vedere paragrafo 5.1, “Popolazione pediatrica”). Ruxolitinib non è stato ancora valutato in pazienti pediatrici con GvHD acuta o cronica di età inferiore ai 12 anni.

Compromissione renale

La funzione renale è stata determinata utilizzando sia la modifica della dieta nella malattia renale (Modification of Diet in Renal Disease, MDRD) sia la creatinina urinaria. Dopo una dose singola di ruxolitinib di 25 mg, l’esposizione di ruxolitinib è risultata simile in soggetti con vari gradi di compromissione renale e in quelli con funzione renale normale. Tuttavia, i valori plasmatici di AUC dei metaboliti di ruxolitinib tendevano ad aumentare con il crescere della severità della compromissione renale, e sono aumentati più marcatamente nei soggetti con severa compromissione renale. Non è noto se l’aumento dell’esposizione dei metaboliti sia preoccupante per la sicurezza. Si raccomanda una modifica della dose nei pazienti con compromissione renale severa e malattia renale in fase terminale (vedere paragrafo 4.2). La somministrazione solo nei giorni di dialisi riduce l’esposizione dei metaboliti, ma anche l’effetto farmacodinamico, specialmente nei giorni tra una dialisi e l’altra.

Compromissione epatica

Dopo una dose singola di 25 mg di ruxolitinib in pazienti con vari gradi di compromissione epatica, l’AUC media di ruxolitinib era aumentata nei pazienti con compromissione epatica lieve, moderata e severa rispettivamente dell’87%, 28% e 65%, rispetto ai pazienti con funzione epatica normale. Non è stata evidenziata una chiara relazione tra l’AUC e il grado di compromissione epatica sulla base della classificazione Child-Pugh. L’emivita di eliminazione terminale è risultata prolungata nei pazienti con compromissione epatica rispetto ai controlli sani (4,1-5,0 ore verso 2,8 ore). Si raccomanda una riduzione della dose di circa il 50% per i pazienti con MF e PV con compromissione epatica (vedere paragrafo 4.2).

Nei pazienti con GvHD con compromissione epatica non correlata alla GvHD, la dose iniziale di ruxolitinib deve essere ridotta del 50%.

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

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Ruxolitinib è stato valutato in studi farmacologici di sicurezza, di tossicità a dosi ripetute, di genotossicità e tossicità riproduttiva e in uno studio di carcinogenicità. Gli organi bersaglio associati all’azione farmacologica di ruxolitinib negli studi a dose ripetuta includono midollo osseo, sangue periferico e tessuti linfoidi. Infezioni generalmente associate a immunosoppressione sono state osservate nei cani. In uno studio di telemetria nei cani sono state rilevate diminuzioni sfavorevoli della pressione arteriosa con aumenti della frequenza cardiaca, e in uno studio respiratorio nei ratti è stata rilevata una diminuzione sfavorevole del volume d’aria per minuto. Negli studi nel cane e nel ratto, i margini (in base alla Cmax non legata) al livello non sfavorevole sono stati rispettivamente 15,7 volte e 10,4 volte maggiori della dose massima raccomandata per l’uomo di 25 mg due volte al giorno. Non sono stati rilevati effetti in una valutazione degli effetti neurofarmacologici di ruxolitinib.

Negli studi su ratti giovani, la somministrazione di ruxolitinib ha determinato effetti sulla crescita e sulle misure ossee. La riduzione della crescita ossea è stata osservata a dosi ≥5 mg/kg/die quando il trattamento è iniziato al giorno 7 postnatale (paragonabile al neonato umano) e a dosi ≥15 mg/kg/die quando il trattamento è iniziato nei giorni 14 o 21 postnatali (paragonabile al bambino, 1-3 anni).

Fratture e conclusione anticipata del trattamento sono state osservate nei ratti a dosi ≥30 mg/kg/die quando il trattamento è stato iniziato al giorno 7 postnatale. Sulla base dell’AUC non legata, l’esposizione al NOAEL (livello senza osservazione di effetto avverso) nei ratti giovani trattati il giorno 7 postnatale era 0,3 volte quella dei pazienti adulti trattati con 25 mg due volte al giorno, mentre la ridotta crescita ossea e le fratture si sono verificate a esposizioni che erano rispettivamente 1,5 e 13 volte quelle dei pazienti adulti trattati con 25 mg due volte al giorno. Gli effetti sono stati generalmente più gravi quando la somministrazione è iniziata prima nel periodo postnatale. A parte lo sviluppo osseo, gli effetti di ruxolitinib nei ratti giovani sono stati simili a quelli nei ratti adulti. I ratti giovani sono più sensibili dei ratti adulti alla tossicità di ruxolitinib.

Negli studi sugli animali ruxolitinib ha determinato una diminuzione del peso dei feti e un aumento delle perdite post-impianto. Non è stato evidenziato un effetto teratogeno in ratti e conigli. Tuttavia, rispetto alla dose clinica più alta, i margini di esposizione sono stati bassi e i risultati sono quindi di limitata rilevanza per gli esseri umani. Non sono stati osservati effetti sulla fertilità. In uno studio sullo sviluppo pre- e post-natale, sono stati osservati un periodo di gestazione leggermente prolungato, un ridotto numero di siti di impianto, e un ridotto numero di neonati. Nei neonati sono stati osservati pesi corporei iniziali medi più bassi e un breve periodo di ridotto aumento del peso corporeo medio. In ratti in allattamento, ruxolitinib e/o i suoi metaboliti sono risultati escreti nel latte a una concentrazione che era 13 volte superiore alla concentrazione nel plasma materno. Ruxolitinib non si è dimostrato mutageno o clastogenico. Ruxolitinib non è risultato carcinogenico nel modello di topo transgenico Tg.rasH2.

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Cellulosa, microcristallina Magnesio stearato Silice colloidale anidra Carbossimetilamido sodico (Tipo A) Povidone K30 Idrossipropilcellulosa 300-600 cps Lattosio monoidrato

 

06.2 Incompatibilità

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Non pertinente.

 

06.3 Periodo di validità

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3 anni

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Non conservare a temperatura superiore a 30°C.

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

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Confezioni di blister in PVC/PCTFE/Alluminio contenenti 14 o 56 compresse o confezioni multiple contenenti 168 (3 confezioni da 56) compresse.

È possibile che non tutte le confezioni o i tipi di confezione siano commercializzate.

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Novartis Europharm Limited Vista Building Elm Park, Merrion Road Dublin 4 Irlanda

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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Jakavi 5 mg compresse EU/1/12/773/004-006 Jakavi 10 mg compresse EU/1/12/773/014-016 Jakavi 15 mg compresse EU/1/12/773/007-009 Jakavi 20 mg compresse EU/1/12/773/010-012

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Data della prima autorizzazione: 23 agosto 2012 Data del rinnovo più recente: 24 aprile 2017

 

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 11/05/2022