Capecitabina Zentiva: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Capecitabina Zentiva

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Capecitabina Zentiva: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Capecitabina Zentiva 500 mg compresse rivestite con film.

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Ogni compressa rivestita con film contiene 500 mg di capecitabina. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

03.0 Forma farmaceutica

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Compressa rivestita con film

Compresse da 500 mg: compresse rivestite con film di color pesca, oblunghe a forma di capsula con impresso “500” su un lato. Dimensioni approssimativamente di 17,1 x 8,1 mm.

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Capecitabina Zentiva è indicato:

per la terapia adiuvante nei pazienti sottoposti a chirurgia per carcinoma del colon di stadio III (Dukes C) (vedere paragrafo 5.1).

per il trattamento del carcinoma del colon–retto metastatico (vedere paragrafo 5.1).

per il trattamento di prima linea del carcinoma gastrico avanzato in associazione con un regime a base di platino (vedere paragrafo 5.1).

in associazione a docetaxel (vedere paragrafo 5.1) è indicato nel trattamento di pazienti con carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico dopo fallimento della chemioterapia citotossica. La precedente terapia deve avere incluso un’antraciclina.

in monoterapia per il trattamento di pazienti con carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico dopo fallimento di un regime chemioterapico contenente taxani e un’antraciclina o per i quali non è indicata un’ulteriore terapia con antracicline.

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Capecitabina Zentiva deve essere prescritta solo da un medico specializzato nell’uso di medicinali antineoplastici. Si raccomanda un controllo attento di tutti i pazienti durante il primo ciclo di terapia. Il trattamento deve essere interrotto alla comparsa di tossicità non tollerabile o di progressione della

malattia. I calcoli della dose standard e ridotta in base alla superficie corporea per dosaggi iniziali di capecitabina di 1.250 mg/m² e 1.000 mg/m² sono dettagliati rispettivamente nelle tabelle 1 e 2.

Posologia

Posologia raccomandata (vedere paragrafo 5.1):

Monoterapia

Carcinoma del colon, del colon-retto e gastrico

Nella somministrazione in monoterapia, il dosaggio iniziale consigliato di capecitabina nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon, nel trattamento del carcinoma del colon–retto metastatico o del carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico è 1.250 mg/m², somministrato due volte al giorno (mattino e sera; dosaggio totale giornaliero pari a 2.500 mg/m²) per 14 giorni, seguiti da un periodo di 7 giorni di intervallo. La terapia adiuvante nei pazienti con carcinoma del colon di stadio III è raccomandata per un totale di 6 mesi.

Terapia combinata

Carcinoma del colon, del colon–retto e gastrico

Nel trattamento di associazione, la dose iniziale consigliata di capecitabina deve essere ridotta a 800 –

1.000 mg/m², se somministrato due volte al giorno per 14 giorni, seguiti da un periodo di 7 giorni di intervallo o a 625 mg/m² due volte al giorno se somministrato continuativamente (vedere paragrafo 5.1). Per la combinazione con irinotecan, la dose iniziale raccomandata è 800 mg/m2 se somministrato 2 volte al giorno per 14 giorni seguiti da 7 giorni in combinazione con irinotecan 200 mg/m2 al giorno. L’introduzione di bevacizumab in regime di associazione non ha effetto sulla dose iniziale di capecitabina. Nei pazienti in trattamento con l’associazione capecitabina più cisplatino si deve iniziare, prima della somministrazione di cisplatino, una pre–medicazione per mantenere un’adeguata idratazione e un trattamento antiemetico, in accordo al riassunto delle caratteristiche del prodotto di cisplatino. Nei pazienti in trattamento con l’associazione capecitabina più oxaliplatino si raccomanda di eseguire la premedicazione con antiemetici, in accordo al riassunto delle caratteristiche del prodotto di oxaliplatino. Nei pazienti affetti da tumore del colon in stadio III si raccomanda un trattamento adiuvante della durata di 6 mesi.

Carcinoma mammario

In associazione con docetaxel, il dosaggio iniziale raccomandato di capecitabina nel trattamento del carcinoma mammario metastatico è 1250 mg/m² due volte al giorno per 14 giorni, seguiti da un periodo di 7 giorni di intervallo, in associazione a docetaxel 75 mg/m² in infusione endovenosa di 1 ora ogni 3 settimane. Nei pazienti in trattamento con l’associazione capecitabina e docetaxel, prima della somministrazione di docetaxel, si deve iniziare una pre–medicazione con un corticosteroide orale, come desametasone, in accordo al riassunto delle caratteristiche del prodotto di docetaxel.

Calcolo della dose di Capecitabina Zentiva

Tabella 1 Calcolo della dose standard e ridotta di capecitabina in base alla superficie corporea, per un dosaggio iniziale di 1.250 mg/m²

Dosaggio di 1.250 mg/m² (due volte al giorno)
Dosaggio pieno
1.250 mg/m²
Numero di compresse da 500 mg per ciascuna somministrazione (da assumere al mattino e alla sera) Dose ridotta (75%)
950 mg/m²
Dose ridotta (50%)
625 mg/m²
Superficie corporea (m²) Dose per singola somministrazion e (mg) 500 mg Dose per singola somministrazione (mg) Dose per singola somministrazione (mg)
≤1,26 1.500 3 1.150 800
1,27 – 1,38 1.650 3 1.300 800
1,39 – 1,52 1.800 3 1.450 950
1,53 – 1,66 2.000 4 1.500 1.000
1,67 – 1,78 2.150 4 1.650 1.000
1,79 – 1,92 2.300 4 1.800 1.150
1,93 – 2,06 2.500 5 1.950 1.300
2,07 – 2,18 2.650 5 2.000 1.300
≥2,19 2.800 5 2.150 1.450

Tabella 2 Calcolo della dose standard e ridotta di capecitabina in base alla superficie corporea, per un dosaggio iniziale di 1.000 mg/m²

Dosaggio di 1.000 mg/m² (due volte al giorno)
Dosaggio pieno 1000 mg/m² Numero di compresse da 500 mg per ciascuna somministrazione (da assumere al mattino e alla sera) Dose ridotta (75%)
750 mg/m²
Dose ridotta (50%)
500 mg/m²
Superficie corporea (m²) Dose per singola somministrazion e (mg) 500 mg Dose per singola somministrazione (mg) Dose per singola somministrazione (mg)
≤1,26 1.150 2 800 600
1,27 – 1,38 1.300 2 1.000 600
1,39 – 1,52 1.450 2 1.100 750
1,53 – 1,66 1.600 2 1.200 800
1,67 – 1,78 1.750 2 1.300 800
1,79 – 1,92 1.800 3 1.400 900
1,93 – 2,06 2.000 4 1.500 1.000
2,07 – 2,18 2.150 4 1.600 1.050
≥2,19 2.300 4 1.750 1.100

Modifiche della posologia durante il trattamento

Generale

La tossicità causata dalla somministrazione di capecitabina può essere gestita con trattamento sintomatico e/o modifica della dose (interruzione del trattamento o riduzione della dose). Una volta ridotta, la dose non deve essere aumentata successivamente. In caso di tossicità che a giudizio del medico curante difficilmente diventeranno serie o rischiose per la vita, come l’alopecia, l’alterazione del gusto, le alterazioni delle unghie, il trattamento può essere continuato alla stessa dose senza riduzione o interruzione. I pazienti che assumono capecitabina devono essere informati della necessità di interrompere il trattamento immediatamente se si verifica una tossicità di grado moderato o grave. Le dosi di capecitabina escluse a causa di tossicità non possono essere sostituite. Qui di seguito sono riportate le modifiche del dosaggio consigliate in caso di tossicità:

Tabella 3 Schema di riduzione della dose di Capecitabina Zentiva (ciclo di 3 settimane o somministrazione continua)

Gradi di tossicità* Modifiche della dose durante un ciclo di terapia Modifica della dose per il ciclo/la dose successiva (%
del dosaggio iniziale)
Mantenere il livello della dose Mantenere il livello della dose
– Prima comparsa Interruzione del trattamento fino al raggiungimento del grado 0–1 100%
– Seconda comparsa 75%
– Terza comparsa 50%
– Quarta comparsa Interruzione permanente del trattamento Non applicabile
– Prima comparsa Interruzione del trattamento fino al raggiungimento del grado 0–1 75%
– Seconda comparsa 50%
– Terza comparsa Interruzione permanente del trattamento Non applicabile
– Prima comparsa Interruzione permanente o Qualora il medico ritenga che la continuazione del trattamento sia nel miglior interesse per il paziente, interrompere il trattamento fino al raggiungimento del grado 0–1 50%
– Seconda comparsa Interruzione permanente Non applicabile

Grado 1

Grado 2

Grado 3

Grado 4

*secondo i Criteri Comuni di Tossicità (versione 1) del National Cancer Institute of Canada Clinical Trial Group (NCIC CGT) o i Criteri Comuni di Terminologia per gli Eventi Avversi (CTCAE) del Cancer Therapy Evaluation Program, US National Cancer Institute, versione 4.0. Per la sindrome mano–piede e l’iperbilirubinemia, vedere paragrafo 4.4.

Ematologia:I pazienti con conta dei neutrofili al basale <1,5 x 109/l e/o conta piastrinica <100 x 109/l non devono essere trattati con capecitabina. Nel caso in cui esami di laboratorio non pianificati durante un ciclo di trattamento mostrino che la conta dei neutrofili scende al di sotto di 1,0 x 109/l o che la conta piastrinica scende al di sotto di 75 x 109/l, il trattamento con capecitabina deve essere interrotto.

Modifiche della dose per tossicità quando capecitabina è utilizzata in cicli di 3 settimane in associazione con altri medicinali:

Le modifiche della dose per tossicità quando capecitabina è utilizzata in cicli di 3 settimane in associazione con altri medicinali devono essere eseguite in accordo alla precedente tabella 3 per Capecitabina e in accordo al relativo riassunto delle caratteristiche del prodotto per l’altro/gli altri medicinale/i.

All’inizio del ciclo di trattamento, se è indicato un posticipo del trattamento o per capecitabina o per l’altro/gli altri medicinale/i, la somministrazione della terapia deve essere ritardata fino al raggiungimento delle condizioni per la ripresa della somministrazione di tutti i medicinali.

Durante il ciclo di trattamento, per quelle tossicità considerate dal medico curante non correlate a capecitabina, il trattamento con capecitabina deve essere continuato e la dose dell’altro medicinale modificata in accordo alle relative informazioni prescrittive.

Se l’altro/gli altri medicinale/i deve/devono essere interrotto/i definitivamente, il trattamento con capecitabina può essere ripreso quando le condizioni per la reintroduzione di capecitabina si siano ristabilite.

Questo approccio si applica a tutte le indicazioni e a tutte le popolazioni speciali di pazienti.

Modifiche della dose per tossicità quando capecitabina è utilizzata ininterrottamente in associazione con altri medicinali:

Le modifiche della dose per tossicità quando capecitabina è utilizzata ininterrottamente in associazione con altri medicinali devono essere eseguite in accordo alla precedente tabella 3 per capecitabina e in accordo al relativo riassunto delle caratteristiche del prodotto per l’altro/gli altri medicinale/i.

Modifiche della posologia in popolazioni speciali di pazienti

Compromissione epatica

Non vi sono sufficienti dati di sicurezza ed efficacia per poter raccomandare modifiche del dosaggio per i pazienti con compromissione epatica. Non esistono dati relativi alla compromissione epatica dovuta a cirrosi o ad epatite.

Danno renale

Capecitabina è controindicato in pazienti con danno renale grave (clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min [Cockcroft e Gault] al basale). L’incidenza di reazioni avverse di grado 3 o 4 in pazienti con danno renale moderato (clearance della creatinina pari a 30–50 ml/min al basale) è maggiore rispetto alla popolazione totale. Si raccomanda una riduzione al 75% per una dose iniziale pari a 1.250 mg/m² nei pazienti con danno renale moderato al basale. Non è richiesta una riduzione della dose per una dose iniziale di

1.000 mg/m² in pazienti con danno renale moderato al basale. Non si raccomanda alcuna modifica della dose iniziale nei pazienti con danno renale lieve (clearance della creatinina pari a 51–80 ml/min al basale). Sono consigliabili un attento monitoraggio e l’interruzione immediata del trattamento se il paziente sviluppa un evento avverso di grado 2, 3 o 4 durante il trattamento, e la dose successiva deve essere modificata come indicato nella precedente tabella 3. Se durante il trattamento la clearance della creatinina calcolata scende al di sotto di 30 ml/min, capecitabina deve essere interrotta. Queste raccomandazioni sulle modifiche della posologia in caso di danno renale si applicano sia alla monoterapia che all’uso in associazione (vedere anche paragrafo "Anziani" riportato di seguito).

Anziani

Durante l’utilizzo di capecitabina in monoterapia, non è necessario alcun aggiustamento della dose iniziale. Comunque i pazienti di età ≥ 60 anni, rispetto ai soggetti più giovani, hanno riportato con maggiore frequenza reazioni avverse di grado 3 o 4 correlate al trattamento.

Quando capecitabina è stato usato in associazione con altri medicinali, i pazienti anziani (≥ 65 anni), hanno manifestato più reazioni avverse al farmaco di grado 3 e 4, comprese quelle che hanno portato all’interruzione del trattamento, rispetto ai pazienti più giovani. È consigliabile un attento monitoraggio dei pazienti di età

≥ 60 anni.

– In combinazione a docetaxel: nei pazienti di età uguale o superiore a 60 anni si è osservato un aumento dell’incidenza di reazioni avverse di grado 3 o 4 correlate al trattamento e di reazioni avverse serie correlate al trattamento (vedere paragrafo 5.1). Si raccomanda un dosaggio iniziale di capecitabina ridotto al 75% (950 mg/m² due volte al giorno) in pazienti di età uguale o superiore a 60 anni. Se non si manifesta tossicità in pazienti di età ≥ 60 anni trattati con una dose iniziale ridotta di capecitabina in associazione con docetaxel, il dosaggio di capecitabina può essere cautamente incrementato a 1.250 mg/m² due volte al giorno.

Popolazione pediatrica

Non c’è stato un uso importante di capecitabina nella popolazione pediatrica per l’indicazione del carcinoma del colon, del colon–retto, gastrico e alla mammella.

Modo di somministrazione

Le compresse di Capecitabina Zentiva devono essere deglutite intere con acqua entro 30 minuti dalla fine del pasto.

Le compresse di Capecitabina Zentiva non devono essere frantumate o tagliate.

04.3 Controindicazioni

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Anamnesi di reazioni gravi o inattese alla terapia con fluoropirimidine.

Ipersensibilità al principio attivo, al fluorouracile o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

Nei pazienti con nota completa assenza di attività della diidropirimidina deidrogenasi (DPD) (vedere paragrafo 4.4).

Durante la gravidanza e l’allattamento.

Nei pazienti affetti da forme gravi di leucopenia, neutropenia o trombocitopenia.

Nei pazienti affetti da grave compromissione epatica.

Nei pazienti affetti da grave compromissione renale (clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min).

Trattamento recente o concomitante con brivudina (vedere paragrafi 4.4 e 4.5 per le interazioni farmacologiche).

Se esistono controindicazioni ad uno qualsiasi dei medicinali nel regime di associazione, tale medicinale non deve essere utilizzato.

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Tossicità limitanti la dose

Le tossicità che limitano la dose comprendono diarrea, dolore addominale, nausea, stomatite e sindrome mano–piede (reazione cutanea mano–piede, eritrodisestesia palmo–plantare). La maggior parte delle reazioni avverse è reversibile e non necessita di interruzione permanente della terapia, anche se può rendersi necessaria una sospensione o riduzione dei dosaggi.

Diarrea

I pazienti con diarrea grave devono essere attentamente monitorati e, in caso di disidratazione, devono essere loro somministrati liquidi ed elettroliti. Possono essere somministrati trattamenti antidiarroici standard (ad es. loperamide). Per diarrea di grado 2 secondo i Criteri Comuni di Tossicità del National Cancer Institute of Canada Clinical Trial Group (NCIC, CTG) si intende un incremento da 4 a 6 scariche al giorno o scariche notturne, per diarrea di grado 3 un incremento da 7 a 9 scariche al giorno o incontinenza e malassorbimento. Per diarrea di grado 4 un incremento ≥10 scariche al giorno o diarrea molto emorragica o necessità di supporto parenterale. Se necessario si deve effettuare una riduzione della dose (vedere paragrafo 4.2).

Disidratazione

La disidratazione deve essere prevenuta o corretta quando insorge. I pazienti con anoressia, astenia, nausea, vomito o diarrea possono rapidamente andare incontro a disidratazione. La disidratazione può causare insufficienza renale acuta, specialmente in pazienti con preesistente compromissione della funzione renale o quando la capecitabina viene somministrata contemporaneamente ad altri farmaci nefrotossici . Insufficienza renale acuta secondaria alla disidratazione può essere potenzialmente fatale.

Se si verifica disidratazione di grado 2 (o superiore), il trattamento con capecitabina deve essere immediatamente interrotto e la disidratazione corretta. Il trattamento non deve essere ripreso finché il paziente non è stato reidratato e ogni causa precipitante corretta o controllata. Modifiche della dose devono essere effettuate per l’evento avverso precipitante secondo necessità (vedere paragrafo 4.2).

Sindrome mano–piede

La sindrome mano-piede nota anche come reazione cutanea mano–piede o eritrodisestesia palmo–plantare o eritema delle estremità indotto da chemioterapia. La sindrome mano–piede di grado 1 è definita come intorpidimento, disestesia/parestesia, formicolio, edema o eritema indolore delle mani e/o dei piedi e/o fastidio che non impedisce il normale svolgimento delle attività del paziente.

La sindrome mano–piede di grado 2 è definita come eritema e edema dolorosi alle mani e/o ai piedi e/o fastidio che influisce sullo svolgimento delle attività quotidiane del paziente.

La sindrome mano–piede di grado 3 è definita come desquamazione umida, ulcerazione, formazione di vesciche e forti dolori alle mani e/o ai piedi e/o grave fastidio che rende impossibile l’attività lavorativa del paziente o lo svolgimento delle attività quotidiane. La sindrome mano-piede persistente o grave (di grado 2 o superiore) può condurre ad una perdita delle impronte digitali che possono avere conseguenze nell’identificazione del paziente.

Se dovesse verificarsi sindrome mano–piede di grado 2 o 3 sospendere la somministrazione di capecitabina fino alla risoluzione o riduzione dell’intensità dei sintomi al grado 1. Dopo il verificarsi di sindrome mano– piede di grado 3, i dosaggi successivi di capecitabina devono essere diminuiti. Quando capecitabina e cisplatino sono utilizzati in associazione, non è raccomandato l’uso di vitamina B6 (piridoxina) per il trattamento sintomatico o di profilassi secondaria della sindrome mano–piede, in quanto casi pubblicati hanno dimostrato che può ridurre l’efficacia di cisplatino. Ci sono alcune evidenze che dexpantenolo è efficace per la profilassi della sindrome mano-piede in pazienti trattati con capecitabina.

Cardiotossicità

La terapia con fluoropirimidine è stata associata a cardiotossicità, comprendente infarto del miocardio, angina, aritmie, shock cardiogeno, morte improvvisa e alterazioni elettrocardiografiche (inclusi casi molto rari di prolungamento dell’intervallo QT). Tali reazioni avverse possono verificarsi più comunemente nei pazienti con anamnesi di malattia dell’arteria coronarica. Aritmia cardiaca (comprendente fibrillazione ventricolare, torsione di punta e bradicardia), angina pectoris, infarto del miocardio, insufficienza cardiaca e cardiomiopatia sono stati riportati dai pazienti che assumevano capecitabina. I pazienti con anamnesi di cardiopatia, aritmia e angina pectoris significative devono essere considerati con cautela (vedere paragrafo 4.8).

Ipo– o ipercalcemia.

Ipo– o ipercalcemia è stata riportata durante il trattamento con capecitabina. I pazienti con pre–esistente storia di ipo– o ipercalcemia devono essere considerati con cautela (vedere paragrafo 4.8).

Malattie del sistema nervoso centrale o periferico.

Deve essere esercitata cautela nei pazienti con malattie del sistema nervoso centrale o periferico come ad esempio metastasi nel cervello o neuropatie (vedere paragrafo 4.8).

Diabete mellito o disturbi elettrolitici

I pazienti affetti da diabete mellito o disturbi elettrolitici, vista la possibilità di aggravamento durante il trattamento con capecitabina, devono essere considerati con cautela.

Anticoagulanti cumarino–derivati

In uno studio sull’interazione con la somministrazione di una singola dose di warfarin, si è registrato un significativo incremento dell’AUC media (+57%) di S–warfarin. Questi dati suggeriscono un’interazione, probabilmente dovuta all’inibizione dell’isoenzima 2C9 del citocromo P450 da parte della capecitabina. I pazienti che assumono anticoagulanti orali cumarino–derivati insieme a capecitabina devono essere monitorati regolarmente per l’eventuale verificarsi di alterazioni dei parametri della coagulazione (INR o tempo di protrombina) e il dosaggio degli anticoagulanti deve essere aggiustato di conseguenza (vedere paragrafo 4.5).

Brivudina

Brivudina non deve essere somministrata in concomitanza con capecitabina. A seguito di questa interazione tra farmaci sono stati segnalati casi fatali. È necessario attendere almeno 4 settimane tra la fine del trattamento con brivudina e l’inizio della terapia con capecitabina. Il trattamento con brivudina può essere iniziato 24 ore dopo l’ultima dose di capecitabina (vedere paragrafi 4.3 e 4.5). In caso di somministrazione accidentale di brivudina ai pazienti in trattamento con capecitabina, misure efficaci per ridurre la tossicità di capecitabina

devono essere adottate. Si raccomanda il ricovero immediato in ospedale. È necessario istituire tutte le misure opportune a prevenire infezioni sistemiche e disidratazione.

Compromissione epatica

In assenza di dati sulla sicurezza e l’efficacia in pazienti con compromissione epatica, l’utilizzo di capecitabina deve essere attentamente monitorato in pazienti con disfunzione epatica da lieve a moderata, indipendentemente dalla presenza di metastasi del fegato. La somministrazione di capecitabina deve essere interrotta se si verificano aumenti della bilirubina, correlati al trattamento, maggiori di 3,0 x LSN o aumenti delle aminotransferasi epatiche (ALT, AST), correlati al trattamento, maggiori di 2,5 x LSN. Il trattamento con capecitabina in monoterapia può essere ripreso quando la bilirubina si riduce a ≤3,0 x LSN o le aminotransferasi epatiche si riducono a ≤2,5 x LSN.

Danno renale

L’incidenza di reazioni avverse di grado 3 o 4 in pazienti affetti da danno renale moderato (clearance della creatinina pari a 30–50 ml/min) è maggiore rispetto alla totalità della popolazione (vedere paragrafi 4.2 e 4.3).

Deficit di diidropirimidina deidrogenasi (DPD)

La tossicità rara, inattesa e grave (per es. stomatite, diarrea, mucositi, neutropenia e neurotossicità) associata a 5-FU è stata correlata a un deficit dell’attività della DPD.

I pazienti con bassa o assente attività di DPD, un enzima coinvolto nella degradazione del fluorouracile, sono a maggior rischio di reazioni avverse gravi, in grado di mettere in pericolo la vita o fatali causate dal fluorouracile. Sebbene il deficit di DPD non possa essere precisamente identificato, è noto che i pazienti con certe mutazioni omozigoti o eterozigoti composte del locus genico DPYD (ad es.DPYD*2°, c.1679T>G, c.2846°>T e varianti c.1236G>A/HapB3)che causano l’assenza completa o quasi completa dell’attività enzimatica di DPD (come determinato da analisi di laboratorio), hanno il maggior rischio di tossicità in grado di mettere in pericolo la vita o fatali e non devono essere trattati con capecitabina (vedere paragrafo 4.3). Nessuna dose è risultata sicura per pazienti con una totale assenza di attività DPD.

Pazienti con alcune varianti eterozigotiche DPYD (incluse DPYD*2A, c.1679T >G, c.2846A>T e varianti c.1236G>A/HapB3) hanno dimostrato di avere un incremento del rischio di severa tossicità quando trattati con capecitabina.

La frequenza del genotipo eterozigote DPYD*2A nel gene DPYD nei pazienti caucasici è di circa 1%, 1,1% per la variante c.2846A>T, 2,6-6,3 % per la variante c.1236G>A/HapB3 e 0,07-0,1% per la variante c.1679T>G. Si raccomanda la genotipizzazione per questi alleli al fine di identificare i pazienti con incremento di rischio per la tossicità severa. I dati sulla frequenza di queste varianti DPYD in altre popolazioni rispetto al quella caucasica sono limitati. Non può essere escluso che anche altre rare varianti possano essere associate con un incremento di rischio di severa tossicità.

I pazienti con un parziale deficit di DPD (come quelli con mutazioni eterozigoti del gene DPYD) e per i quali il beneficio di Capecitabina Zentiva è considerato essere superiore ai rischi (prendendo in considerazione l’appropriatezza di un regime chemioterapico alternativo non-fluopirimidinico) devono essere trattati con estrema cautela e frequentemente monitorati con un aggiustamento di dose in accordo alla tossicità. La riduzione della dose iniziale in questi pazienti dovrebbe essere considerata per evitare severa tossicità. Non ci sono sufficienti dati per raccomandare una dose specifica in pazienti con parziale attività di DPD misurata tramite test specifico.

E’ stato riportato che le varianti DPYD*2A, c.1679T>G comportano una forte riduzione dell’attività enzimatica rispetto ad altre varianti, con un aumentato rischio di effetti collaterali. Le conseguenze della riduzione di dose sull’efficacia non sono al momento conosciute.

Pertanto, in assenza di tossicità severa, la dose può essere aumentata contemporaneamente ad un attento monitoraggio del paziente.

I pazienti che hanno caratterizzazione negativa per gli alleli sopra menzionati possono ancora avere un rischio di severi eventi avversi.

In pazienti con deficit di DPD non identificato che vengono trattati con capecitabina, cosi come in quelli che hanno caratterizzazione negativa per le variazioni specifiche di DPYD, possono verificarsi tossicità potenzialmente letali come episodi di sovradosaggio acuto (vedere paragrafo 4.9).

In caso di tossicità acuta di grado 2-4 il trattamento deve essere sospeso immediatamente. La sospensione definitiva del trattamento deve essere presa in considerazione sulla base della valutazione clinica dell’insorgenza, della durata e della gravità delle tossicità osservate.

Complicazioni oftalmologiche

I pazienti devono essere attentamente controllati a causa di complicazioni oftalmologiche come cheratiti e disturbi corneali, soprattutto se hanno avuto precedenti patologie dell’occhio. Il trattamento delle patologie dell’occhio deve essere iniziato in modo clinicamente appropriato.

Reazioni cutanee gravi

La capecitabina può indurre reazioni cutanee gravi come la Sindrome di Stevens-Johnson e la necrolisi epidermica tossica. La capecitabina deve essere interrotta permanentemente in pazienti che hanno avuto esperienza di reazioni cutanee gravi durante il trattamento.

Le compresse di Capecitabina Zentiva non devono essere frantumate o tagliate. In caso di esposizione del paziente o di chi se ne prende cura a compresse schiacciate o tagliate di Capecitabina Zentiva potrebbero verificarsi reazioni avverse al medicinale (vedere paragrafo 4.8).

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Sono stati condotti studi di interazione solo negli adulti. Interazioni con altri medicinali

Brivudina É stata riportata un’interazione clinicamente significativa tra brivudina e le fluoropirimidine (per es. capecitabina, 5-Fluorouracile, tegafur) dovuta all’inibizione della diidropirimidina deidrogenasi da parte di brivudina. Questa interazione, che comporta un aumento della tossicità delle fluoropirimidine, è potenzialmente fatale. Per questo motivo brivudina non deve essere somministrato in concomitanza con capecitabina (vedere paragrafi 4.3 e 4.4). È necessario attendere almeno 4 settimane tra la fine del trattamento con brivudina e l’inizio della terapia con capecitabina.

Il trattamento con brivudina può essere iniziato 24 ore dopo l’ultima dose di capecitabina.

Substrati del citocromo P-450 2C9

Oltre agli studi sul warfarin, non sono stati condotti altri studi formali di interazione tra la capecitabina e altri substrati di CYP2C9. Occorre esercitare cautela nel somministrare la capecitabina insieme ai substrati di 2C9 (ad esempio la fenitoina). Vedere anche interazione con altri anticoagulanti cumarino-derivati di sotto, e il paragrafo 4.4.

Anticoagulanti cumarino–derivatiIn pazienti trattati contemporaneamente con capecitabina e anticoagulanti cumarino–derivati, come per esempio warfarin e fenprocumone, sono stati riportati alterazione dei parametri della coagulazione e/o emorragie. Tali reazioni si sono verificate entro diversi giorni e fino a diversi mesi dall’inizio della terapia con capecitabina e, in alcuni casi, entro un mese dall’interruzione della terapia con capecitabina. In uno studio clinico sull’interazione farmacocinetica, dopo la somministrazione di una singola dose di 20 mg di warfarin, il trattamento con capecitabina ha incrementato del 57% l’AUC di S–warfarin con un incremento del 91% del valore di INR. Poiché il metabolismo di R–warfarin non è stato alterato, questi dati suggeriscono che la capecitabina riduce l’isoenzima 2C9 ma non ha effetti sugli isoenzimi 1A2 e 3A4. I pazienti che assumono anticoagulanti cumarino–derivati insieme a capecitabina devono essere monitorati regolarmente per l’eventuale verificarsi di alterazioni dei parametri della coagulazione (PT o INR) e il dosaggio degli anticoagulanti deve essere aggiustato di conseguenza.

Fenitoina Durante il trattamento concomitante di capecitabina e fenitoina sono stati registrati incrementi delle concentrazioni plasmatiche di fenitoina, risultanti in sintomi da intossicazione da fenitoina in singoli casi. I pazienti che assumono fenitoina in concomitanza con capecitabina devono essere monitorati regolarmente per l’eventuale verificarsi di incremento delle concentrazioni plasmatiche di fenitoina.

Acido folinico/acido folico

Uno studio sull’associazione di capecitabina e di acido folinico ha mostrato che l’acido folinico non ha effetti significativi sulla farmacocinetica di capecitabina e dei suoi metaboliti. Tuttavia, l’acido folinico produce effetti sulla farmacodinamica di capecitabina la cui tossicità può risultare incrementata dall’acido folinico: la dose massima tollerata (MTD) di capecitabina in monoterapia a regimi intermittenti è 3.000 mg/m² al giorno, mentre quando capecitabina era associata ad acido folinico (30 mg p.o. due volte al giorno) la dose massima tollerata di capecitabina scendeva a soltanto 2000 mg/m² al giorno. Una maggiore tossicità può risultare rilevante quando si passa da 5-FU/LV a capecitabina. Questo può essere rilevante anche con l’aggiunta di acido folico per deficienza di folato dovuta a similarità tra acido folinico e acido folico.

Antiacidi

É stato studiato l’effetto di un antiacido contenente idrossido di alluminio e idrossido di magnesio sulla farmacocinetica della capecitabina. Si è verificato un lieve aumento delle concentrazioni plasmatiche della capecitabina e di un metabolita (5’–DFCR); non si è verificato alcun effetto sui 3 metaboliti principali (5’– DFUR, 5–FU e FBAL).

Allopurinolo Sono state osservate interazioni del 5–FU con allopurinolo, con possibile diminuzione dell’efficacia del 5–FU. Si deve evitare l’uso concomitante di allopurinolo e capecitabina.

Interferone alfa

La dose massima tollerata (MTD) di capecitabina è risultata pari a 2000 mg/m² al giorno quando assunto in associazione con interferone alfa–2a (3 MUI/m² al giorno), rispetto a 3000 mg/m² al giorno quando capecitabina era somministrato da solo.

Radioterapia

La dose massima tollerata (MTD) di capecitabina in monoterapia utilizzando il regime intermittente è di 3000 mg/m² al giorno mentre, quando combinato con radioterapia per il carcinoma del retto, la dose massima tollerata (MTD) di capecitabina è 2000 mg/m² al giorno, usando sia un regime posologico continuo o un regime giornaliero da lunedi a venerdi in concomitanza al ciclo di trattamento radioterapico di 6 settimane.

Oxaliplatino

Non si è verificata alcuna differenza clinicamente significativa nell’esposizione alla capecitabina o ai suoi metaboliti, platino libero o platino totale quando la capecitabina è stata somministrata in associazione con oxaliplatino o in associazione con oxaliplatino e bevacizumab.

Bevacizumab

Non si è verificato alcun effetto clinicamente significativo del bevacizumab sui parametri farmacocinetici della capecitabina o dei suoi metaboliti in presenza di oxaliplatino.

Interazione con il cibo

In tutti gli studi clinici i pazienti erano stati informati di dover assumere capecitabina nei 30 minuti successivi al pasto. Poiché gli attuali dati relativi alla sicurezza e all’efficacia si basano sulla somministrazione del medicinale con cibo, si raccomanda di somministrare capecitabina con il cibo. La somministrazione con il cibo diminuisce la percentuale di assorbimento di capecitabina (vedere paragrafo 5.2).

04.6 Gravidanza e allattamento

Indice

Donne in età fertile/contraccezione in uomini e donne

Le donne potenzialmente fertili devono essere informate di evitare il rischio di gravidanza durante il trattamento con capecitabina. In caso di gravidanza durante il trattamento con capecitabina, la paziente dovrà essere informata relativamente al rischio potenziale per il feto. Durante il trattamento e per 6 mesi dopo l’ultima dose di capecitabina deve essere usato un metodo contraccettivo efficace.

In base ai risultati sulla tossicità genetica, durante il trattamento e per 3 mesi dopo l’ultima dose di capecitabina i pazienti maschi con partner di sesso femminile in età fertile devono utilizzare metodi contraccettivi efficaci.

Gravidanza

Non sono stati effettuati studi con capecitabina su donne in gravidanza; si può tuttavia ritenere che capecitabina se somministrato a donne in stato di gravidanza possa provocare danni al feto. In studi sulla tossicità a livello della riproduzione svolti sugli animali, la somministrazione di capecitabina ha provocato letalità embrionale e teratogenicità. Questi risultati sono gli effetti attesi dei derivati della fluoropirimidina. Capecitabina è controindicato in gravidanza.

Allattamento

Non è noto se la capecitabina sia escreto nel latte materno. Non sono stati condotti studi per valutare l’impatto di capecitabina sulla produzione di latte o la sua presenza nel latte materno. Nel latte del topo durante il periodo dell’allattamento sono state rinvenute notevoli quantità di capecitabina e dei suoi metaboliti Poiché il rischio di potenziale danno al lattante non è noto, l’allattamento deve essere sospeso durante il trattamento con capecitabina e per 2 settimane dopo l’ultima dose.

Fertilità

Non ci sono dati su capecitabina e sul suo impatto sulla fertilità. Gli studi registrativi di capecitabina hanno incluso femmine in età fertile e maschi solo se disponibili ad utilizzare un metodo contraccettivo adeguato per evitare la gravidanza per tutta la durata dello studio e per un periodo successivo ragionevole.

Sono stati osservati effetti sulla fertilità in studi sugli animali (vedere paragrafo 5.3).

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Capecitabina influenza in modo lieve o moderato la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. Capecitabina può indurre capogiri, affaticamento e nausea.

04.8 Effetti indesiderati

Indice

Riassunto del profilo di sicurezza

Il profilo globale di sicurezza di capecitabina si basa sui dati relativi a più di 3.000 pazienti trattati con capecitabina in monoterapia o con capecitabina in associazione con differenti regimi chemioterapici in molteplici indicazioni. I profili di sicurezza della monoterapia con capecitabina nelle popolazioni di pazienti con carcinoma metastatico della mammella, carcinoma colorettale metastatico e carcinoma del colon in ambito adiuvante sono simili. Vedere paragrafo 5.1 per i dettagli sugli studi principali, inclusi i disegni dello studio e i risultati di efficacia più importanti.

Le reazioni avverse al farmaco (ADR) correlate al trattamento più comunemente riportate e/o clinicamente rilevanti sono state disturbi gastrointestinali (specialmente diarrea, nausea, vomito, dolore addominale, stomatite), sindrome mano–piede (eritrodisestesia palmo–plantare), affaticamento, astenia, anoressia, cardiotossicità, peggioramento della funzionalità renale ove la funzione fosse già precedentemente compromessa e trombosi/embolia.

Lista delle reazioni avverse in forma tabulare

Le ADR considerate dallo sperimentatore come possibilmente, probabilmente o lontanamente correlate alla somministrazione di capecitabina sono elencate nella tabella 4 per l’assunzione di capecitabina in monoterapia, e nella tabella 5 per l’assunzione di capecitabina in associazione con differenti regimi chemioterapici in molteplici indicazioni. Per classificare le ADR in base alla loro frequenza sono usati i seguenti termini: molto comune (≥ 1/10), comune (da ≥ 1/100 a < 1/10), non comune (da ≥ 1/1.000 a

< 1/100), e raro (da ≥ 1/10.000 a < 1/1000), molto raro (< 1/10.000). All’interno di ciascuna classe di frequenza, le ADR sono riportate in ordine di gravità decrescente.

Capecitabina in monoterapia

La tabella 4 elenca le ADR associate all’uso di capecitabina in monoterapia sulla base di un’analisi aggregata dei dati sulla sicurezza relativi a tre studi principali che hanno incluso oltre 1900 pazienti (studi M66001, SO14695 e SO14796). Le ADR sono state inserite nello specifico gruppo di frequenza in accordo all’incidenza globale derivante dall’analisi aggregata.

Tabella 4 Riassunto delle ADR correlate riportate in pazienti trattati con capecitabina in monoterapia.

Sistema corporeo Molto comune
Tutti i gradi
Comune
Tutti i gradi
Non comune Gravi e/o pericolosi per la vita (grado 3–
4) o considerati clinicamente rilevanti
Raro/molto raro (esperienza dopo commercializzazione)
Infezioni ed infestazioni Infezione virale erpetica, nasofaringite, infezione del tratto respiratorio inferiore Sepsi, infezione del tratto urinario, cellulite, tonsillite, faringite, candidosi orale, influenza, gastroenterite, infezione fungina, infezione, ascesso dentale
Tumori benigni, maligni e non specificati Lipoma
Patologie del sistema emolinfopoietico Neutropenia, anemia Neutropenia febbrile, pancitopenia, granulocitopenia, trombocitopenia, leucopenia, anemia emolitica, aumento del Rapporto internazionale normalizzato (INR)/ Prolungamento del tempo di protrombina
Disturbi del sistema immunitario Ipersensibilità
Disturbi del metabolismo e della nutrizione Anoressia Disidratazione, perdita di peso Diabete, ipokaliemia, disturbi dell’appetito, malnutrizione, ipertrigliceridemia
Disturbi psichiatrici Insonnia, depressione Stato confusionale, attacco di panico, depressione dell’umore, riduzione della libido
Patologie del sistema nervoso Cefalea, letargia, capogiri, parestesia, disgeusia Afasia, compromissione della memoria, atassia, sincope, disturbi dell’equilibrio, disturbi sensori, neuropatia periferica Leucoencefalopatia tossica
(molto raro)
Patologie dell’occhio Aumento della lacrimazione congiuntivite, irritazione dell’occhio Ridotta acuità visiva, diplopia Stenosi del dotto lacrimale (raro), disturbi della cornea (raro), cheratiti (raro), cheratite puntata (raro)
Patologie dell’orecchio e del labirinto Vertigine, dolore all’orecchio
Patologie cardiache Angina instabile, angina pectoris, ischemia miocardica, fibrillazione atriale, aritmia, tachicardia, tachicardia sinusale, palpitazioni Fibrillazione ventricolare (raro), prolungamento QT (raro), torsione di punta (raro), bradicardia (raro), vasospasmo (raro)
Patologie vascolari Tromboflebite Trombosi venosa profonda, ipertensione, petecchie, ipotensione, vampate di calore, senso di freddo alle estremità
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Dispnea, epistassi, tosse, rinorrea Embolia polmonare, pneumotorace, emottisi, asma, dispnea da sforzo
Patologie gastrointestinali Diarrea, vomito, nausea, stomatite, dolore addominale Emorragia gastrointestinale, costipazione, dolore all’addome superiore, dispepsia, flatulenza, secchezza fauci del cavo orale Ostruzione intestinale, ascite, enterite, gastrite, disfagia, dolore all’addome inferiore, esofagite, disturbi addominali, malattia da reflusso gastroesofageo, colite, sangue nelle feci
Patologie epatobiliari Iperbilirubinemia, anomalie nei test di funzionalità epatica Ittero Insufficienza epatica (raro), colestasi epatica (raro)
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Sindrome da eritrodisestesia palmo–plantare** Eruzione cutanea, alopecia eritema, pelle secca, prurito, iperpigmentazione Vescicole, ulcerazione della pelle, rash, orticaria, reazione da fotosensitività, eritema Lupus eritematoso cutaneo (raro).
Reazioni cutanee gravi come la Sindrome di
cutanea, rash maculare, desquamazione della pelle, dermatite, disturbi di pigmentazione, disturbi ungueali palmare, rigonfiamento facciale, porpora, Sindrome da rievocazione di irradiazione Steven – Johnson e Necrolisi epidermica Tossica (molto raro) (vedere paragrafo 4.4).
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Dolore alle estremità, dolore alla schiena, artralgia Rigonfiamento delle articolazioni, dolore osseo, dolore facciale, rigidità muscoloscheletrica, debolezza muscolare
Patologie renali e urinarie Idronefrosi, incontinenza urinaria, ematuria, nicturia, aumento della creatininemia
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Emorragia vaginale
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Affaticamento, astenia Piressia, edema periferico, malessere, dolore toracico Edema, brividi, malattia simil– influenzale, rigidità, aumento della temperatura corporea

** Sulla base dell’esperienza post-marketing la Sindrome da eritrodisestesia palmo–plantare grave o persistente può condurre col tempo alla perdita di impronte digitali (vedere paragrafo 4.4).

Capecitabina nella terapia di associazione

La tabella 5 elenca le ADR associate all’uso di capecitabina in associazione con differenti regimi chemioterapici in molteplici indicazioni, sulla base dei dati di sicurezza relativi a oltre 3.000 pazienti. Le ADR sono state inserite nello specifico gruppo di frequenza (Molto comune o Comune) in base all’incidenza più elevata osservata negli studi clinici principali e solo se aggiuntive a quelle osservate con capecitabina in monoterapia o se appartenenti a un gruppo di frequenza più elevata rispetto a capecitabina in monoterapia (vedere tabella 4). Le ADR non comuni riportate per capecitabina nella terapia di associazione sono in linea con le ADR riportate per capecitabina in monoterapia o per la monoterapia con i medicinali di associazione (in letteratura e/o nei rispettivi riassunti delle caratteristiche del prodotto).

Alcune delle ADR sono reazioni che si osservano di frequente con il medicinale di associazione (ad es. la neuropatia sensoriale periferica con docetaxel o oxaliplatino, l’ipertensione con bevacizumab); tuttavia non si può escludere un peggioramento indotto dalla terapia con capecitabina.

Tabella 5 Riassunto delle ADR riportate in pazienti trattati con capecitabina nella terapia di associazione in aggiunta a quelle osservate con capecitabina in monoterapia o osservate in un gruppo di frequenza più elevata rispetto a capecitabina in monoterapia.

Sistema corporeo Molto comune
Tutti i gradi
Comune
Tutti i gradi
Raro/molto raro (esperienza dopo commercializzazione)
Infezioni ed infestazioni Herpes zoster, Infezione del tratto urinario, Candidosi orale, Infezione delle vie aeree superiori, Rinite, Influenza,
+Infezione, Herpes orale
Patologie del sistema emolinfopoietico +Neutropenia,
+Leucopenia, +Anemia,
+Febbre neutropenica, Trombocitopenia
Depressione midollare, Neutropenia febbrile
Disturbi del sistema immunitario Ipersensibilità
Disturbi del metabolismo e della nutrizione Riduzione dell’appetito Ipokaliemia, Iponatremia, Ipomagnesemia, Ipocalcemia, Iperglicemia
Disturbi psichiatrici Disturbi del sonno, Ansia
Patologie del sistema nervoso Parestesia, Disestesia, Neuropatia periferica, Neuropatia periferica sensoriale, Disgeusia, Cefalea Neurotossicità, Tremore, Nevralgia, Reazione di ipersensibilità, Ipoestesia
Patologie dell’occhio Aumento della lacrimazione Disturbi della visione, Secchezza oculare, Dolore oculare, Compromissione della vista, Vista offuscata
Patologie dell’orecchio e del labirinto Tinnito, Ipoacusia
Patologie cardiache Fibrillazione atriale, Ischemia cardiaca/infarto
Patologie vascolari Edema degli arti inferiori, Ipertensione,
+Embolia e trombosi
Arrossamento, Ipotensione, Crisi ipertensive, Vampate di calore, Flebiti
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Mal di gola, Disestesia della faringe Singhiozzo, Dolore della faringe e/o laringe, Disfonia
Patologie gastrointestinali Stipsi, Dispepsia Emorragia dell’addome superiore, Ulcerazione della bocca, Gastrite, Distensione addominale, Malattia da reflusso gastroesofageo, Dolore
alla bocca, Disfagia, Emorragia rettale, Dolore all’addome inferiore, Disestesia orale, Parestesia orale, Ipoestesia orale, Malessere addominale
Patologie epatobiliari Alterazione della funzionalità epatica
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Alopecia, Disturbi ungueali Iperidrosi, Eruzione eritematosa, Orticaria, Sudorazione notturna
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Mialgia, Artralgia, Dolore alle estremità Dolore mandibolare, Spasmi muscolari, Trisma, Debolezza muscolare
Patologie renali e urinarie Ematuria, Proteinuria, Riduzione della clearance renale della creatinina, Disuria Insufficienza renale acuta secondaria alla disidratazione (raro)
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Piressia, Debolezza,
+Letargia, Intolleranza alla temperatura
Infiammazione delle mucose, Dolore agli arti, Dolore, Brividi, Dolore al torace, Sindrome simil– influenzale, Febbre, Reazioni correlate all’infusione, Reazioni correlate al sito di iniezione, Dolore nel sito di infusione, Dolore nel sito di iniezione
Traumatismo, avvelenamento e complicazioni da procedura Contusione

+ Per ciascun termine, la frequenza è stata calcolata sulla base delle ADR di tutti i gradi. Per i termini contrassegnati da un "+", la frequenza è stata calcolata sulla base delle ADR di grado 3–4. Le ADR sono state inserite in base alla frequenza più elevata osservata negli studi clinici principali sulla terapia di associazione.

Descrizione di reazioni avverse selezionate

Sindrome mano–piede (vedere paragrafo 4.4):

Negli studi sulla capecitabina in monoterapia (compresi gli studi sulla terapia adiuvante nel carcinoma del colon, sul trattamento del carcinoma del colon retto metastatico e sul trattamento del carcinoma della mammella), con il dosaggio di 1.250 mg/m² di capecitabina due volte al giorno nei giorni da 1 a 14 ogni tre settimane, la sindrome mano–piede di qualunque grado è stata osservata con una frequenza compresa tra il 53% e il 60%; nel braccio capecitabina/docetaxel per il trattamento del carcinoma mammario metastatico la frequenza è stata del 63%. Nella terapia con capecitabina in associazione, con il dosaggio di 1.000 mg/m² di capecitabina due volte al giorno nei giorni da 1 a 14 ogni tre settimane, la sindrome mano–piede di qualunque grado è stata osservata con una frequenza compresa tra il 22% e il 30%.

Nell’ambito di una meta–analisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4.700 pazienti trattati con capecitabina in monoterapia o capecitabina in associazione con diversi regimi chemioterapici in molteplici indicazioni (carcinoma del colon, del colon retto, gastrico e della mammella) la sindrome mano–piede di qualunque grado si è manifestata in 2.066 pazienti (43%) dopo un periodo mediano di 239 giorni (95% IC: 201,288) dall’inizio del trattamento con capecitabina. In tutti gli studi combinati è emersa un’associazione statisticamente significativa tra le seguenti covariate e un aumento del rischio di sviluppare la sindrome mano–piede: aumento del dosaggio iniziale di capecitabina (grammo), riduzione della dose cumulativa di capecitabina (0,1*kg), aumento dell’intensità di dose relativa nelle prime 6 settimane, aumento della durata del trattamento in studio (settimane), avanzamento dell’età (incrementi di 10 anni), sesso femminile e buon performance status secondo l’ECOG al basale (0 vs ≥1).

Diarrea (vedere paragrafo 4.4)

Capecitabina può comportare la comparsa di diarrea, che è stata osservata fino a un massimo del 50% dei pazienti.

I risultati di una meta–analisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4.700 pazienti trattati con capecitabina hanno dimostrato che in tutti gli studi combinati è emersa un’associazione statisticamente significativa tra le seguenti covariate e un aumento del rischio di sviluppare diarrea: aumento del dosaggio iniziale di capecitabina (grammo), aumento della durata del trattamento in studio (settimane), avanzamento dell’età (incrementi di 10 anni) e sesso femminile. È stata osservata un’associazione statisticamente significativa tra le seguenti covariate e una riduzione del rischio di sviluppare diarrea: aumento della dose cumulativa di capecitabina (0,1*kg) e aumento dell’intensità di dose relativa nelle prime 6 settimane.

Cardiotossicità (vedere paragrafo 4.4)

Oltre alle ADR descritte nelle tabelle 4 e 5, sulla base di un’analisi aggregata dei dati sulla sicurezza clinica relativi a 7 studi clinici che hanno incluso 949 pazienti (2 studi di fase III e 5 studi di fase II nel carcinoma metastatico del colon retto e nel carcinoma metastatico della mammella), in associazione all’uso di capecitabina in monoterapia sono state osservate le seguenti ADR con un’incidenza inferiore allo 0,1%: cardiomiopatia, scompenso cardiaco, morte improvvisa ed extrasistole ventricolari.

Encefalopatia

Oltre alle ADR descritte nelle tabelle 4 e 5, sulla base della suddetta analisi aggregata dei dati sulla sicurezza clinica relativi a 7 studi clinici, all’uso di capecitabina in monoterapia si è associata anche encefalopatia, con un’incidenza inferiore allo 0,1%.

Esposizione a compresse di capecitabina frantumate o tagliate

In caso di esposizione a compresse di capecitabina frantumate o tagliate, sono state riportate le seguenti reazioni avverse al medicinale: irritazione agli occhi, gonfiore degli occhi, eruzione cutanea, mal di testa, parestesia, diarrea, nausea, irritazione gastrica e vomito.

Popolazioni speciali

Pazienti anziani (vedere paragrafo 4.2)

Un’analisi dei dati sulla sicurezza in pazienti di età ≥ 60 anni trattati con capecitabina in monoterapia e un’analisi dei pazienti trattati con l’associazione terapeutica di capecitabina e docetaxel hanno mostrato un aumento dell’incidenza delle reazioni avverse di grado 3 e 4 correlate al trattamento e delle reazioni avverse serie correlate al trattamento rispetto ai pazienti con età inferiore a 60 anni. Inoltre i pazienti di età ≥60 anni trattati con capecitabina e docetaxel hanno interrotto prematuramente il trattamento a causa delle reazioni avverse più di frequente rispetto ai pazienti con meno di 60 anni.

I risultati di una meta–analisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4.700 pazienti trattati con capecitabina hanno dimostrato che in tutti gli studi combinati è emersa un’associazione statisticamente significativa tra l’avanzamento dell’età (incrementi di 10 anni) e un aumento del rischio di sviluppare la sindrome mano–piede e diarrea e una riduzione del rischio di sviluppare neutropenia.

Sesso

I risultati di una meta–analisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4.700 pazienti trattati con capecitabina hanno dimostrato che in tutti gli studi combinati è emersa un’associazione statisticamente significativa tra il sesso femminile e un aumento del rischio di sviluppare la sindrome mano–piede e diarrea e una riduzione del rischio di sviluppare neutropenia.

Pazienti con insufficienza renale (vedere paragrafi 4.2, 4.4 e 5.2)

Un’analisi dei dati sulla sicurezza in pazienti trattati con capecitabina in monoterapia (carcinoma del colon retto) con compromissione renale al basale ha mostrato un aumento dell’incidenza delle reazioni avverse di grado 3 e 4 correlate al trattamento rispetto ai pazienti con funzionalità renale normale (36% nei pazienti senza compromissione renale n= 268 vs rispettivamente 41% nell’insufficienza lieve n= 257 e 54% in quella moderata n= 59) (vedere paragrafo 5.2). Nei pazienti con funzionalità renale moderatamente alterata è stato osservato un aumento del tasso di riduzione della dose (44%) vs il 33% e il 32% nei pazienti con insufficienza renale lieve o assente e un aumento dell’interruzione prematura del trattamento (21% d’interruzioni durante i primi due cicli) vs 5% e 8% nei pazienti con compromissione renale lieve o assente.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette.

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse.

04.9 Sovradosaggio

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Le manifestazioni di sovradosaggio acuto includono nausea, vomito, diarrea, mucosite, irritazione gastrointestinale ed emorragie, e depressione del midollo osseo. La gestione clinica del sovradosaggio deve avvenire tramite terapia convenzionale e intervento medico di supporto al fine di correggere le manifestazioni cliniche presenti e di prevenire eventuali possibili complicanze delle stesse.

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: citostatico (antimetabolita) Codice ATC: L01BC06.

La capecitabina è una fluoropirimidina carbammato non citotossica, che agisce come precursore somministrabile per via orale della forma citotossica 5–fluorouracile (5–FU). La capecitabina è attivata tramite diversi passaggi enzimatici (vedere paragrafo 5.2). L’enzima coinvolto nella conversione finale in 5– FU, la timidina fosforilasi (ThyPase), si ritrova nei tessuti tumorali, ma anche nei tessuti normali, benchè generalmente ad una concentrazione inferiore. Nei modelli tumorali da xenotrapianto umano la capecitabina ha dimostrato di avere un effetto sinergico in associazione a docetaxel, che può essere correlato all’iperegolazione della timidina fosforilasi da parte di docetaxel.

È stato osservato che il metabolismo del 5–FU nel percorso anabolico blocca la reazione di metilazione dell’acido deossiuridilico in acido timidilico, interferendo cosi nella sintesi dell’acido deossiribonucleico (DNA). L’incorporazione di 5–FU porta inoltre all’inibizione della sintesi del RNA e delle proteine. Poiché DNA e RNA sono essenziali per la divisione e la crescita cellulare, il 5–FU può dar luogo a una deficienza di timidina che provoca la crescita non bilanciata e la morte cellulare. Gli effetti della deprivazione di DNA e RNA sono particolarmente marcati nelle cellule con crescita più rapida e che metabolizzano il 5–FU più velocemente.

Carcinoma del colon e del colon–retto:

Monoterapia con capecitabina nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon

I dati che derivano da uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III in pazienti con carcinoma del colon in stadio III (Dukes C) supportano l’uso di capecitabina per la terapia adiuvante nei pazienti con carcinoma del colon (Studio XACT, M66001). In questo studio, 1987 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con capecitabina (1250 mg/m² due volte al giorno per 2 settimane, seguite da 1 settimana di riposo, come cicli di 3 settimane per 24 settimane) o 5–FU e leucovorin (schema Mayo Clinic: 20 mg/m² leucovorin e.v. seguiti da 425 mg/m² bolo di 5–FU e.v., nei giorni da 1 a 5, ogni 28 giorni per 24 settimane). Capecitabina è risultato almeno equivalente al 5–FU/LV e.v. nella sopravvivenza libera da malattia nella popolazione per protocollo (Rapporto di rischio HR 0,92; 95% IC 0,80–1,06). In tutta la popolazione randomizzata i test sulla differenza tra capecitabina e 5–FU/LV per la sopravvivenza libera da malattia e la sopravvivenza globale hanno evidenziato un HR di 0,88 (IC al 95%: 0,77–1,01; p=0,068) e 0,86 (IC al 95%: 0,74–1,01; p=0,060) rispettivamente. Il follow–up mediano al tempo dell’analisi è stato di 6,9 anni. In un’analisi multivariata di Cox precedentemente pianificata, è stata dimostrata la superiorità di capecitabina verso il bolo di 5–FU/LV. I seguenti fattori erano stati predefiniti nell’analisi statistica per l’inclusione nel modello: età, tempo dalla chirurgia alla randomizzazione, sesso, livelli di CEA al basale, linfonodi al basale e paese. In tutta la popolazione randomizzata, capecitabina ha dimostrato di essere superiore a 5–FU/LV sia in termini di sopravvivenza libera da malattia (HR: 0,849; IC al 95%: 0,739 – 0,976; p=0,0212) sia in termini di sopravvivenza globale (HR: 0,828; IC al 95%: 0,705 – 0,971; p=0,0203).

Terapia di associazione nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon

I dati che derivano da uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III, in pazienti con carcinoma del colon in stadio III (Dukes C) supportano l’uso di capecitabina in combinazione a oxaliplatino (XELOX) per il trattamento adiuvante nei pazienti con carcinoma del colon (Studio NO16968). In questo studio, 944 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con capecitabina (1.000 mg/m² due volte al giorno per 2 settimane, seguite da 1 settimana di riposo, come cicli di 3 settimane per 24 settimane), in combinazione a oxaliplatino (130 mg/m² in infusione endovenosa per 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane); 942 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con 5–FU in bolo e leucovorin. Nell’analisi primaria per la DFS nella popolazione ITT, XELOX ha dimostrato di essere significativamente superiore a 5–FU/LV (HR=0,80, IC al 95% =[0,69; 0,93]; p=0,0045). Il tasso di DFS a 3 anni è stato del 71% nel braccio trattato con XELOX rispetto al 67% nel braccio trattato con 5–FU/LV. L’analisi eseguita per l’endpoint secondario della RFS supporta questi risultati con un HR di 0,78 (IC al 95% =[0,67; 0,92]; p=0,0024) nel braccio trattato con XELOX rispetto a quello con il 5–FU/LV. XELOX ha dimostrato un trend di superiorità in OS con un HR di 0,87 (IC al 95% =[0,72; 1,05]; p=0,1486) che si traduce in una riduzione del 13% del rischio di morte. Il tasso di OS a 5 anni è stato del 78% per XELOX rispetto al 74% per 5–FU/LV. I dati di efficacia sono basati su un tempo di osservazione mediano di 59 mesi per l’OS e 57 mesi per la DFS. Il tasso di ritiro dallo studio per eventi avversi è stato più elevato nel braccio di trattamento con XELOX (21%) rispetto a quello del braccio con 5FU/LV in monoterapia (9%) nella popolazione ITT.

Monoterapia con capecitabina nel carcinoma del colon–retto metastatico

I dati di due studi clinici con uguale disegno, multicentrici, randomizzati, controllati, di fase III (SO14695: SO14796) supportano l’uso di capecitabina per il trattamento di prima linea del tumore metastatico del colon– retto. In questi studi 603 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con capecitabina (1.250 mg/m² due volte al giorno per 2 settimane seguite da un intervallo di 1 settimana e somministrati in cicli di 3 settimane). 604 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con 5–FU e leucovorin (regime Mayo: 20 mg/m² leucovorin e.v. seguiti da 425 mg/m² di 5–FU in bolo per via endovenosa, ai giorni da 1 a 5, ogni 28 giorni). Le percentuali di risposta obiettiva globale nell’intera popolazione randomizzata (valutazione dello sperimentatore) sono state: 25,7% (capecitabina) rispetto a 16,7% (regime Mayo); p < 0,0002. Il tempo mediano alla progressione è stato di 140 giorni (capecitabina) rispetto a 144 giorni (regime Mayo). La sopravvivenza mediana è stata di 392 giorni (capecitabina) rispetto a 391 giorni (regime Mayo). Non sono attualmente disponibili dati di confronto sulla monoterapia con capecitabina nel tumore del colon–retto verso i regimi di associazione di prima linea.

Terapia di associazione nel trattamento di prima linea del carcinoma colorettale metastatico

I dati di uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III (NO16966) supportano l’uso di capecitabina in associazione con oxaliplatino o in associazione con oxaliplatino e bevacizumab per il trattamento di prima linea del carcinoma colorettale metastatico. Lo studio comprendeva due parti: una parte iniziale a due bracci nella quale 634 pazienti sono stati randomizzati a due differenti regimi di trattamento, cioè XELOX o FOLFOX–4, e una successiva parte 2×2 fattoriale nella quale 1401 pazienti sono stati randomizzati a quattro differenti gruppi di trattamento, cioè XELOX più placebo, FOLFOX–4 più placebo, XELOX più bevacizumab, e FOLFOX–4 più bevacizumab. Vedere tabella 7 per i regimi di trattamento.

Tabella 6 Regimi di trattamento nello studio NO16966 (mCRC)

Trattamento Dose iniziale Schedula
FOLFOX–4 o FOLFOX–4 +
Bevacizumab
Oxaliplatino 85 mg/m² e.v.

2 ore

Oxaliplatino al giorno 1, ogni 2 settimane
Leucovorin 200 mg/m² e.v.

2 ore

Leucovorin al giorno 1 e 2, ogni 2 settimane
5–Fluorouracile 400 mg/m² e.v.
in bolo, seguito da 600 mg/m² e.v.

22 ore

5–fluorouracile e.v.
in bolo/infusione, al giorno 1 e 2, ogni due settimane
Placebo o Bevacizumab 5 mg/kg e.v.
30–90 min
Giorno 1, prima di FOLFOX–4, ogni 2 settimane
XELOX o XELOX+
Bevacizumab
Oxaliplatino 130 mg/m² e.v.

2 ore

Oxaliplatino al giorno 1, ogni 3 settimane
Capecitabina 1000 mg/m² orale due volte al giorno Capecitabina orale 2 volte al giorno per 2 settimane (seguita da una settimana di interruzione)
Placebo o Bevacizumab 7,5 mg/kg e.v.
30–90 min
Giorno 1, prima di XELOX, ogni 3 settimane
5–Fluorouracile: iniezione in bolo e.v.
subito dopo leucovorin

La non inferiorità dei bracci contenenti XELOX rispetto a quelli contenenti FOLFOX–4 nel confronto generale è stata dimostrata in termini di sopravvivenza libera da progressione nella popolazione di pazienti eleggibili e nella popolazione intent–to–treat (vedere tabella 7). I risultati indicano che XELOX è equivalente a FOLFOX–4 in termini di sopravvivenza globale (vedere tabella 7). Il confronto di XELOX più bevacizumab verso FOLFOX–4 più bevacizumab è stata un’analisi esplorativa pre–pianificata. Nel confronto tra questi sottogruppi di trattamento, XELOX più bevacizumab è risultato simile a FOLFOX–4 più bevacizumab in termini di sopravvivenza libera da progressione (HR 1,01; 97,5% IC 0,84 – 1,22). Il follow–up mediano al momento delle analisi primarie nella popolazione intent–to–treat era 1,5 anni; i dati derivati da analisi eseguite dopo un ulteriore anno di follow–up sono inclusi anch’essi nella tabella 7. L’analisi della PFS in corso di trattamento non ha tuttavia confermato i risultati dell’analisi di PFS generale e OS: l’Hazard Ratio di XELOX verso FOLFOX–4 era di 1,24 con IC al 97,5%: 1,07 – 1,44. Sebbene le analisi di sensibilità mostrano differenze nella programmazione del regime e nel tempo di valutazione del tumore influiscono sull’analisi della PFS in corso di trattamento, non è stata trovata una spiegazione definitiva a questo risultato.

Tabella 7: Principali risultati di efficacia per l’analisi di non–inferiorità dello Studio NO16966

ANALISI PRIMARIA
XELOX/XELOX+P/XELOX+BV (PPE*: N=967; ITT**: N=1017) FOLFOX–4/FOLFOX–4+P/ FOLFOX–4+BV (PPE*: N = 937;
ITT**: N= 1017)
Popolazione Tempo mediano all’evento (giorni) HR (IC al 97,5%)
Parametro: Sopravvivenza libera da progressione
PPE 241 259 1,05
(0,94;
1,18)
ITT 244 259 1,04
(0,93;
1,16)
Parametro: Sopravvivenza globale
PPE 577 549 0,97
(0,84;
1,14)
ITT 581 553 0,96
(0,83;
1,12)
ULTERIORE ANNO DI FOLLOW UP
Popolazione Tempo mediano all’evento (giorni) HR (IC al 97,5%)
Parametro: Sopravvivenza libera da progressione
PPE 242 259 1,02
(0,92;
1,14)
ITT 244 259 1,01
(0,91;
1,12)
Parametro: Sopravvivenza globale
PPE 600 594 1,00
(0,88;
1,13)
ITT 602 596 0,99
(0,88;
1,12)

*PPE=popolazione di pazienti eleggibili; **ITT=popolazione intent–to–treat

Da uno studio randomizzato, controllato di fase III (CAIRO) è stato studiato l’effetto usando capecitabina alla dose iniziale di 1000 mg/m² per 2 settimane ogni 3 settimane in associazione con irinotecan per il trattamento di prima linea di pazienti con carcinoma colorettale metastatico. 820 pazienti sono stati randomizzati a ricevere un trattamento sequenziale (n=410) o di associazione (n=410). Il trattamento sequenziale consisteva in un trattamento di prima linea con capecitabina (1.250 mg/m² due volte al giorno per 14 giorni), di seconda linea con irinotecan (350 mg/m² al giorno 1), e di terza linea con l’associazione di capecitabina (1.000 mg/m² due volte al giorno per 14 giorni) e oxaliplatino (130 mg/m² al giorno 1). Il trattamento di associazione è stato di prima linea con capecitabina (1.000 mg/m² due volte al giorno per 14 giorni) associato a irinotecan (250 mg/m² al giorno 1) (XELIRI) e di seconda linea con capecitabina (1000 mg/m² due volte al giorno per 14 giorni) più oxaliplatino (130 mg/m² al giorno 1). Tutti i cicli di trattamento sono stati somministrati a intervalli di 3 settimane. Nel trattamento di prima linea la sopravvivenza libera da progressione mediana nella popolazione intent–to–treat è stata di 5,8 mesi (IC al 95%; 5,1 –6,2 mesi) per capecitabina in monoterapia e 7,8 mesi (IC al 95%; 7,0 – 8,3 mesi; p=0,0002) per XELIRI. Tuttavia questo era associato ad aumento dell’incidenza di tossicità gastrica e neutropenia durante il trattamento di prima linea con XELIRI (rispettivamente 26% e 11% per XELIRI e capecitabina in prima linea ).

In tre studi randomizzati condotti su pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico, il regime XELIRI è stato messo a confronto con 5–FU + irinotecan (FOLFIRI). I regimi XELIRI comprendevano capecitabina 1000 mg/m² due volte al giorno nei giorni da 1 a 14 di un ciclo di tre settimane associata a irinotecan 250 mg/m² al giorno 1. Nello studio più ampio (BICC–C) i pazienti sono stati randomizzati al trattamento in aperto con FOLFIRI (n=144), con 5–FU in bolo (mIFL) (n=145) o con XELIRI (n=141) e ulteriormente randomizzati al trattamento in doppio cieco con celecoxib o con placebo. La PFS mediana è stata di 7,6 mesi per FOLFIRI, 5,9 mesi per mIFL (p=0,004 per il confronto con FOLFIRI) e 5,8 mesi per XELIRI (p=0,015). L’OS mediana è stata di 23,1 mesi per FOLFIRI, 17,6 mesi per mIFL (p=0,09) e 18,9 mesi per XELIRI (p=0,27). I pazienti trattati con XELIRI hanno manifestato eccessiva tossicità gastrointestinale rispetto a quelli trattati con FOLFIRI (rispettivamente diarrea 48% e 14% per XELIRI e FOLFIRI).

Nello studio EORTC i pazienti sono stati randomizzati al trattamento in aperto con FOLFIRI (n=41) o con XELIRI (n=44) e ulteriormente randomizzati al trattamento in doppio cieco con celecoxib o con placebo. La PFS e la sopravvivenza globale (OS) mediane sono risultate inferiori per XELIRI rispetto a FOLFIRI (PFS 5,9 versus 9,6 mesi e OS 14,8 versus 19,9 mesi); inoltre, nei pazienti in trattamento con il regime XELIRI, sono stati riportati tassi eccessivi di diarrea (41% XELIRI; 5,1% FOLFIRI).

Nello studio pubblicato da Skof et al., i pazienti sono stati randomizzati a ricevere FOLFIRI O XELIRI. Il tasso di risposta globale è risultato pari al 49% nel braccio trattato con XELIRI e al 48% nel braccio trattato con FOLFIRI (p=0,76). Al termine del trattamento il 37% dei pazienti nel braccio trattato con XELIRI e il 26% dei pazienti nel braccio trattato con FOLFIRI non presentavano evidenza di malattia (p=0,56). La tossicità è risultata simile tra i trattamenti, ad eccezione della neutropenia, riportata più comunemente nei pazienti trattati con FOLFIRI.

Montagnani et al. si sono avvalsi dei risultati ricavati dai tre suddetti studi per fornire un’analisi globale degli studi randomizzati di confronto tra i regimi terapeutici FOLFIRI e XELIRI nel trattamento dell’mCRC. Al trattamento con FOLFIRI è stata associata una riduzione significativa del rischio di progressione della malattia (HR 0,76; IC al 95%: 0,62–0,95; p<0,01), un risultato parzialmente imputabile alla scarsa tolleranza dei regimi XELIRI impiegati.

I dati ricavati da uno studio clinico randomizzato (Souglakos et al., 2012) di confronto tra FOLFIRI + bevacizumab e XELIRI + bevacizumab non hanno evidenziato differenze significative in termini di PFS e OS tra i trattamenti. I pazienti sono stati randomizzati al trattamento con FOLFIRI più bevacizumab (Braccio A, n=167) o con XELIRI più bevacizumab (Braccio B, n=166). Per il Braccio B, il regime XELIRI ha impiegato capecitabina 1.000 mg/m² due volte al giorno per 14 giorni +irinotecan 250 mg/m² al giorno 1. Per il trattamento con FOLFIRI–Bev e il trattamento con XELIRI–Bev, rispettivamente, il tempo mediano di sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sopravvivenza globale e i tassi di risposta sono stati i seguenti: 10,0 mesi e 8,9 mesi (p=0,64); 25,7 mesi e 27,5 mesi (p=0,55); 45,5% e 39,8% (p=0,32). I pazienti trattati con XELIRI + bevacizumab hanno riportato un’incidenza significativamente maggiore di diarrea, neutropenia febbrile e reazioni cutanee mano–piede rispetto ai pazienti trattati con FOLFIRI + bevacizumab con aumento significativo di ritardi nel trattamento, riduzioni della dose e interruzioni del trattamento.

I dati emersi da un’analisi ad interim di uno studio multicentrico, randomizzato, controllato di fase II (AIO KRK 0604) supportano l’uso di capecitabina alla dose iniziale di 800 mg/m² per 2 settimane ogni 3 settimane in associazione con irinotecan e bevacizumab per il trattamento di prima linea di pazienti con carcinoma colorettale metastatico. 120 pazienti sono stati randomizzati al regime di trattamento modificato XELIRI con capecitabina 800 mg/m² due volte al giorno per due settimane seguito da 7 giorni di riposo, irinotecan (200 mg/m² in infusione di 30 minuti al giorno 1 ogni 3 settimane), e bevacizumab (7,5 mg/kg in infusione da 30 a 90 minuti al giorno 1 ogni 3 settimane); 127 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con capecitabina (1.000 mg/m² due volte al giorno per due settimane seguito da 7 giorni di riposo), oxaliplatino (130 mg/m² in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane), e bevacizumab (7,5 mg/kg in infusione da 30 a 90 minuti al giorno 1 ogni 3 settimane). In seguito a una durata media di follow–up per la popolazione dello studio di 26,2 mesi, le risposte al trattamento sono risultate quelle sotto indicate:

Tabella 8 Principali risultati di efficacia per lo studio AIO KRK

XELOX + bevacizumab (ITT: n=127) XELIRI modificato + bevacizumab (ITT: n=120) Hazard Ratio IC al 95%
Valore di p
Sopravvivenza libera da progressione dopo 6 mesi
ITT 76% 84%
IC al 95% 69 – 84% 77 – 90%
Sopravvivenza libera da progressione mediana
ITT 10,4 mesi 12,1 mesi 0,93
IC al 95% 9,0 – 12,0 10,8 – 13,2 0,82 – 1,07 p=0,30
Sopravvivenza globale mediana
ITT 24,4 mesi 25,5 mesi 0,90
IC al 95% 19,3 – 30,7 21,0 – 31,0 0,68 – 1,19 p=0,45

Terapia di associazione nel trattamento di seconda linea del carcinoma colorettale metastatico

I dati di uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III (NO16967) supportano l’uso di capecitabina in associazione con oxaliplatino per il trattamento di seconda linea del carcinoma colorettale metastatico. In questo studio, 627 pazienti con carcinoma colorettale metastatico che avevano ricevuto un precedente trattamento con irinotecan in associazione con un regime a base di fluoropirimidine come trattamento di prima linea sono stati randomizzati al trattamento con XELOX o FOLFOX–4. Per il regime posologico di XELOX e FOLFOX–4 (senza aggiunta di placebo o bevacizumab), vedere la tabella 6. È stato dimostrato che XELOX non è inferiore a FOLFOX–4 in termini di sopravvivenza libera da progressione nella popolazione per–protocol e intent–to–treat (vedere tabella 9). I risultati indicano che XELOX è equivalente a FOLFOX–4 in termini di sopravvivenza globale (vedere tabella 9). Il follow–up mediano al momento delle analisi primarie nella popolazione intent–to–treat era 2,1 anni; i dati derivati da analisi eseguite dopo ulteriori 6 mesi di follow–up sono inclusi anch’essi nella tabella 9.

Tabella 9: Principali risultati di efficacia per l’analisi di non–inferiorità dello studio NO16967

ANALISI PRIMARIA
XELOX (PPP*: N=251; ITT**: N=313) FOLFOX–4 (PPP*: N = 252; ITT**: N= 314)
Popolazione Tempo mediano all’evento (giorni) HR IC al 95%
Parametro: Sopravvivenza libera da progressione
PPP 154 168 1,03 (0,87;
1,24)
ITT 144 146 0,97 (0,83;
1,14)
Parametro: Sopravvivenza globale
PPP 388 401 1,07 (0,88;
1,31)
ITT 363 382 1,03 (0,87;
1,23)
ULTERIORI 6 MESI DI FOLLOW UP
Popolazione Tempo mediano all’evento (giorni) HR (95% IC)
Parametro: Sopravvivenza libera da progressione
PPP 154 166 1,04 (0,87;
1,24)
ITT 143 146 0,97 (0,83;
1,14)
Parametro: Sopravvivenza globale
PPP 393 402 1,05 (0,88;
1,27)
ITT 363 382 1,02 (0,86;
1,21)

*PPP=popolazione per–protocollo; **ITT=popolazione intent–to–treat Carcinoma gastrico avanzato

I dati che derivano da uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III in pazienti con carcinoma gastrico avanzato supportano l’uso di capecitabina nel trattamento di prima linea del carcinoma gastrico avanzato (ML17032). In questo studio, 160 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con capecitabina (1.000 mg/m² due volte al giorno per 2 settimane seguiti da 7 giorni di riposo) e cisplatino (80 mg/m² in infusione di 2 ore ogni 3 settimane). Un totale di 156 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con 5–FU (800 mg/m² al giorno, in infusione continua dal giorno 1 al giorno 5 ogni 3 settimane) e cisplatino (80 mg/m² in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane). Capecitabina in associazione con cisplatino ha dimostrato la non–inferiorità rispetto a 5–FU in associazione con cisplatino in termini di sopravvivenza libera da progressione nell’analisi per protocollo (HR 0,81; IC al 95%: 0,63 – 1,04). La sopravvivenza libera da progressione mediana è stata di 5,6 mesi (capecitabina + cisplatino) contro 5,0 mesi (5–FU + cisplatino). L’HR per la durata della sopravvivenza (sopravvivenza globale) è stato simile all’HR per la sopravvivenza libera da progressione (HR 0,85; IC al 95%: 0,64 – 1,13). La durata della sopravvivenza mediana è stata di 10,5 mesi (capecitabina + cisplatino) contro 9,3 mesi (5–FU + cisplatino).

I dati che derivano da uno studio clinico multicentrico, randomizzato, di fase III di confronto tra capecitabina e 5–FU e tra oxaliplatino e cisplatino in pazienti con carcinoma gastrico avanzato supportano l’uso di capecitabina nel trattamento di prima linea del carcinoma gastrico avanzato (REAL–2). In questo studio, 1002 pazienti sono stati randomizzati con un disegno 2×2 fattoriale a uno dei seguenti 4 bracci:

–ECF: epirubicina (50 mg/m² in bolo al giorno 1 ogni 3 settimane), cisplatino (60 mg/m² in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane) e 5–FU (200 mg/m² somministrato giornalmente in infusione continua mediante catetere centrale).

–ECX: epirubicina (50 mg/m² in bolo al giorno 1 ogni 3 settimane), cisplatino (60 mg/m² in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane) e capecitabina (625 mg/m² due volte al giorno continuativamente).

EOF: epirubicina (50 mg/m² in bolo al giorno 1 ogni 3 settimane), oxaliplatino (130 mg/m² in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane) e 5–FU (200 mg/m² somministrato giornalmente in infusione continua mediante catetere centrale).

EOX: epirubicina (50 mg/m² in bolo al giorno 1 ogni 3 settimane), oxaliplatino (130 mg/m² in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane) e capecitabina (625 mg/m² due volte al giorno continuativamente).

L’analisi primaria di efficacia nella popolazione per protocollo ha dimostrato la non–inferiorità in termini di sopravvivenza globale per i regimi contenenti capecitabina verso i regimi a base di 5–FU (HR 0,86; IC al 95% 0,8 – 0,99) e per i regimi contenenti oxaliplatino vs regimi a base di cisplatino (HR 0,92; IC al 95%: 0,80 – 1,1). La sopravvivenza globale mediana è stata di 10,9 mesi nei regimi a base di capecitabina e 9,6 mesi in

quelli contenenti 5–FU. La sopravvivenza mediana globale è stata di 10,0 mesi nei regimi a base di cisplatino e di 10,4 mesi nei regimi a base di oxaliplatino.

La capecitabina è stata anche utilizzata in associazione con oxaliplatino nel trattamento del carcinoma gastrico avanzato. Studi con capecitabina in monoterapia indicano che capecitabina mostra attività nel carcinoma gastrico avanzato.

Carcinoma gastrico avanzato, del colon e del colon–retto: meta– analisi

Una meta–analisi di sei studi clinici (studi SO14695, SO14796, M66001, NO16966, NO16967, M17032) supporta l’uso di capecitabina in sostituzione del 5–FU in monoterapia e nel trattamento di associazione del carcinoma gastrointestinale. L’analisi aggregata include 3097 pazienti trattati con regimi contenenti capecitabina e 3074 pazienti trattati con regimi contenenti 5–FU. La sopravvivenza globale mediana è stata di 703 giorni (IC al 95%: 671; 745) nei pazienti trattati con regimi contenenti capecitabina e di 683 giorni (IC al 95%: 646; 715) in quelli trattati con regimi contenenti 5–FU. L’HR per la sopravvivenza globale è stato 0,94 (IC al 95%: 0,89; 1,00, p=0,0489), il che indica che i regimi contenenti capecitabina non inferiori a quelli contenenti 5–FU.

Carcinoma mammario

Terapia di associazione con capecitabina e docetaxel nel carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico.

I dati di uno studio clinico di fase III multicentrico, randomizzato, controllato, supportano l’utilizzo di capecitabina in associazione a docetaxel per il trattamento di pazienti con tumore mammario localmente avanzato o metastatico in progressione dopo chemioterapia citotossica che includeva un’antraciclina. In questo studio 255 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con capecitabina (1250 mg/m² due volte al giorno per 2 settimane seguite da un intervallo di 1 settimana e docetaxel 75 mg/m² in infusione endovenosa di 1 ora ogni 3 settimane). 256 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con docetaxel da solo (100 mg/m² in infusione endovenosa di 1 ora ogni 3 settimane). La sopravvivenza è stata superiore nel braccio di associazione capecitabina + docetaxel (p = 0,0126). La sopravvivenza mediana è stata di 442 giorni (capecitabina + docetaxel) rispetto a 352 giorni (docetaxel da solo). Le percentuali di risposta obiettiva globale nell’intera popolazione randomizzata (valutazione dello sperimentatore) sono state: 41,6% (capecitabina + docetaxel) vs. 29,7% (docetaxel da solo); p = 0,0058. Il tempo alla progressione della malattia è stato superiore nel braccio di associazione capecitabina + docetaxel (p < 0,0001). Il tempo mediano alla progressione è stato di 186 giorni (capecitabina + docetaxel) rispetto a 128 giorni (docetaxel da solo).

Monoterapia con capecitabina dopo fallimento con chemioterapia contenente taxani e un’antraciclina e laddove la terapia con antracicline non sia indicata

I dati di due studi clinici multicentrici di fase II supportano l’utilizzo di capecitabina in monoterapia per il trattamento di pazienti in progressione dopo chemioterapia che includeva taxani e un’antraciclina o per i quali non sia indicata un’ulteriore terapia con antracicline. In questi studi 236 pazienti in totale sono stati trattati con capecitabina (1250 mg/m² due volte al giorno per 2 settimane seguite da un intervallo di 1 settimana). Le percentuali di risposta obiettiva globale (valutazione dello sperimentatore) sono state del 20% (primo studio) e del 25% (secondo studio). Il tempo mediano alla progressione è stato di 93 e 98 giorni. La sopravvivenza mediana è stata di 384 e 373 giorni.

Tutte le indicazioni

Una meta–analisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4700 pazienti trattati con capecitabina in monoterapia o in associazione con diversi regimi chemioterapici in molteplici indicazioni (carcinoma del colon, del colon retto, gastrico e della mammella) ha evidenziato una sopravvivenza globale più prolungata nei pazienti in trattamento con capecitabina che hanno sviluppato la sindrome mano–piede rispetto ai pazienti che non hanno sviluppato la sindrome mano–piede: sopravvivenza globale mediana 1100 giorni (IC al 95%: 1007;1200) vs 691 giorni (IC al 95%: 638;754) con un HR di 0,61 (IC al 95%: 0,56; 0,66).

Popolazione pediatrica

L’Agenzia Europea per i Medicinali ha esentato dall’obbligo di condurre studi sulla capecitabina in tutte le sottoclassi di popolazione pediatrica nell’adenocarcinoma del colon e del retto, nell’adenocarcinoma gastrico e nel carcinoma della mammella (vedere paragrafo 4.2 per le informazioni sull’uso pediatrico).

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

La farmacocinetica della capecitabina è stata valutata su un intervallo di dose di 502– 3514 mg/m²/die. I parametri della capecitabina, 5’–deossi–5–fluorocitidina (5’–DFCR) e 5’–deossi–5–fluorouridina (5’DFUR) misurati ai giorni 1 e 14 erano simili. L’AUC del 5FU al giorno 14 era superiore del 30%–35%. La riduzione della dose di capecitabina diminuisce l’esposizione sistemica al 5–FU in maniera più che dose–proporzionale, a causa della non lineare farmacocinetica relativa al metabolita attivo.

Assorbimento

Dopo somministrazione orale, la capecitabina è assorbita completamente e rapidamente; successivamente si converte completamente nei metaboliti 5’–DFCR e 5’–DFUR. La somministrazione con il cibo diminuisce la percentuale di assorbimento della capecitabina, ma provoca soltanto un minore effetto sulla AUC di 5’–DFUR e sulla AUC del successivo metabolita 5–FU. Al dosaggio di 1250 mg/m² al giorno 14 somministrato dopo i pasti, le concentrazioni plasmatiche massime (Cmax in mcg/ml) della capecitabina, 5’–DFCR, 5’–DFUR, 5–FU e FBAL sono state rispettivamente di 4,67 – 3,05 – 12,1 – 0,95 e 5,46. Il tempo per il raggiungimento delle concentrazioni plasmatiche massime (Tmax in ore) è stato di 1,50 – 2,00 – 2,00 – 2,00 e 3,34. I valori della AUC0 in μg•h/ml sono stati 7,75 – 7,24 – 24,6 – 2,03 e 36,3.

Distribuzione

Studi effettuati in vitro sul plasma umano hanno evidenziato che la capecitabina, 5’DFCR, 5’–DFUR e 5–FU sono legati alle proteine, principalmente all’albumina, in percentuali rispettivamente pari a 54%, 10%, 62% e 10%.

Biotrasformazione

Capecitabina è dapprima metabolizzata dalla carbossilesterasi epatica in 5’–DFCR, che viene poi convertita in 5’–DFUR ad opera della citidina deaminasi, localizzata principalmente nei tessuti del fegato e del tumore. Si ha poi un’ulteriore attivazione catalitica del 5’–DFUR ad opera della timidina fosforilasi (ThyPase). Gli enzimi coinvolti nell’attivazione catalitica sono presenti nei tessuti tumorali, ma anche nei tessuti sani, anche se generalmente in quantità inferiore. La biotrasformazione sequenziale enzimatica della capecitabina in 5– FU porta a concentrazioni più elevate all’interno dei tessuti neoplastici. Nei tumori del colon–retto la generazione di 5–FU sembra essere in gran parte localizzata nelle cellule stromali del tumore. Dopo la somministrazione orale della capecitabina a pazienti con tumore colorettale, il rapporto della concentrazione di 5–FU nei tumori colorettali rispetto ai tessuti adiacenti era di 3,2 (con variazione da 0,9 a 8,0). Il rapporto della concentrazione di 5–FU nel tumore rispetto al plasma era di 21,4 (con variazione da 3,9 a 59,9, n=8), mentre il rapporto nei tessuti sani rispetto al plasma era di 8,9 (con variazione da 3,0 a 25,8, n=8). È stata misurata l’attività della timidina fosforilasi che è risultata essere 4 volte superiore nel tumore colorettale primitivo rispetto ai valori riportati nel tessuto normale adiacente. Sulla base di studi di immunoistochimica, la timidina fosforilasi sembra essere in gran parte localizzata nelle cellule stromali del tumore.

Il 5–FU è successivamente catabolizzato dall’enzima diidropirimidina deidrogenasi (DPD) nel molto meno tossico diidro–5–fluorouracile (FUH2). La diidropirimidasi agisce sull’anello pirimidinico per ottenere l’acido 5–fluoro–ureidopropionico (FUPA). Infine, la β–ureido–propionasi trasforma il FUPA in α–fluoro–β–alanina (FBAL) che è eliminata con le urine. L’attività della diidropirimidina deidrogenasi (DPD) è il fattore critico limitante. La carenza di DPD può indurre un’aumentata tossicità della capecitabina (vedere paragrafo 4.3 e 4.4).

Eliminazione

L’emivita di eliminazione (t1/2 in ore) di capecitabina, 5’–DFCR, 5’–DFUR, 5–FU e FBAL è stata rispettivamente di 0,85 – 1,11 – 0,66 – 0,76 e 3,23. La capecitabina e i suoi metaboliti sono eliminati principalmente nelle urine; il 95,5% della dose di capecitabina somministrata è stato ritrovato nelle urine. L’escrezione fecale è minima (2,6%). Il principale metabolita escreto nelle urine è FBLA, che rappresenta il 57% della dose somministrata. Circa il 3% della dose somministrata è escreto nelle urine immodificato.

Terapia di associazione

Studi di fase I relativi alla valutazione degli effetti di capecitabina sulla farmacocinetica di docetaxel o paclitaxel e viceversa hanno dimostrato che non vi è alcun effetto di capecitabina sulla farmacocinetica di docetaxel o paclitaxel (Cmax e AUC) e che non vi è alcun effetto di docetaxel o paclitaxel sulla farmacocinetica di 5’–DFUR.

Farmacocinetica in popolazioni speciali di pazienti

E’ stata condotta un’analisi farmacocinetica di popolazione in seguito a trattamento con capecitabina somministrato alla dose di 1250 mg/m² due volte al giorno in 505 pazienti affetti da tumore del colon–retto. Il sesso, la presenza o l’assenza di metastasi epatica al basale, il performance status secondo Karnofsky, la bilirubina totale, l’albumina sierica, ASAT e ALAT non hanno influito in maniera statisticamente significativa sulla farmacocinetica di 5’–DFUR, 5–FU e FBAL.

Pazienti con compromissione epatica dovuta a metastasi del fegato

Uno studio di farmacocinetica ha mostrato che la biodisponibilità della capecitabina e l’esposizione a 5–FU possono aumentare in pazienti tumorali con insufficienza epatica da lieve a moderata dovuta a metastasi del fegato, rispetto ai pazienti senza compromissione epatica. Non si ha disponibilità di dati di farmacocinetica in pazienti con compromissione epatica grave.

Pazienti con compromissione renale

In base agli esiti di uno studio di farmacocinetica condotto in pazienti tumorali con compromissione renale da lieve a grave, non si ha alcuna evidenza del fatto che la clearance della creatinina abbia effetti sulla farmacocinetica del farmaco immodificato e di 5–FU. È emerso che la clearance della creatinina influenza l’esposizione sistemica a 5’–DFUR (aumento del 35% della AUC quando la clearance della creatinina diminuisce del 50%) e a FBAL (aumento del 114% della AUC quando la clearance della creatinina diminuisce del 50%). FBAL è un metabolita privo di attività antiproliferativa.

Anziani

In base alle analisi farmacocinetiche di popolazione condotte su pazienti di varie età (da 27 a 86 anni) e di cui 234 (46%) pazienti erano di età superiore o uguale a 65 anni, l’età non influisce sulla farmacocinetica di 5’– DFUR e 5–FU. L’ AUC di FBAL aumentava con l’età (un incremento del 20% dell’età porta a un incremento del 15% nella AUC di FBAL). Tale incremento è probabilmente dovuto a una variazione della funzionalità renale.

Fattori etnici

A seguito della somministrazione orale di capecitabina al dosaggio di 825 mg/m² due volte al giorno per 14 giorni, pazienti giapponesi (n=18) hanno evidenziato una Cmax di circa il 36% inferiore e una AUC del 24% più bassa per la capecitabina rispetto ai pazienti di razza caucasica (n=22). I pazienti giapponesi hanno anche evidenziato una Cmax di circa il 25% inferiore e una AUC del 34% più bassa per la FBAL rispetto ai pazienti di razza caucasica. La rilevanza clinica di queste differenze è sconosciuta. Non sono state riscontrate differenze significative nell’esposizione ad altri metaboliti (5’DFCR, 5’DFUR e 5FU).

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

In studi di tossicità a dosi ripetute, la somministrazione giornaliera di capecitabina, per via orale, alle scimmie cynomolgus e ai topi ha prodotto effetti tossici a livello gastrointestinale e del sistema ematopoietico e linfatico, tipici delle fluoropirimidine. Tali tossicità erano reversibili. È stata osservata tossicità cutanea, caratterizzata da alterazioni degenerative/regressive, dovuta alla capecitabina. La capecitabina non ha evidenziato tossicità epatiche e del SNC. Tossicità cardiovascolare (per esempio prolungamento dell’intervallo PR e dell’intervallo QT) è stata individuata nella scimmia cynomolgus dopo somministrazione (100 mg/kg) per via endovenosa, ma non dopo ripetute somministrazioni di dosaggio (1.379 mg/m²/die) per via orale.

Uno studio di carcinogenicità nel topo della durata di due anni non ha prodotto alcuna evidenza di carcinogenicità dovuta a capecitabina.

Nel corso di studi standard sulla fertilità, i topi femmina che hanno assunto capecitabina hanno evidenziato compromissione della fertilità; tale effetto è risultato comunque reversibile dopo un periodo di sospensione del farmaco. Inoltre, durante uno studio di 13 settimane si sono avute variazioni atrofiche e degenerative negli organi riproduttivi dei topi maschi; tali effetti erano comunque reversibili dopo un periodo di sospensione del farmaco (vedere paragrafo 4.6).

Studi sulla embriotossicità e teratogenicità nei topi hanno mostrato un aumento, correlato alla dose, di riassorbimento fetale e teratogenicità. Nella scimmia si sono osservati aborti e letalità embrionale a dosi elevate, ma non teratogenicità.

La capecitabina non è risultata mutagena in vitro per i batteri (test di Ames) o per le cellule di mammifero (test di mutazione del gene V79/HPRT di criceto cinese). Tuttavia, come gli altri analoghi nucleosidici (ad es. 5–FU), la capecitabina risultava clastogenica nei linfociti umani (in vitro) e ha mostrato un trend positivo nel test (in vivo) dei micronuclei nel midollo osseo del topo.

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Nucleo della compressa Croscarmellosa sodica Cellulosa microcristallina Ipromellosa

Silice colloidale anidra Magnesio Stearato

Rivestimento della compressa Ipromellosa

Titanio Diossido (E171) Talco

Macrogol 400

Ferro ossido rosso (E172) Ferro ossido giallo (E172)

06.2 Incompatibilità

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Non pertinente.

06.3 Periodo di validità

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3 anni.

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Non conservare a temperature superiore a 30°C.

06.5 Natura e contenuto della confezione

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blister Alluminio PVC/PVDC e Alluminio-PVC-PE-PVDC 500 mg: 120 compresse rivestite con film

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Seguire le procedure per la manipolazione sicura dei farmaci citotossici.

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Zentiva Italia S.r.l. Viale L. Bodio, 37/b 20158 Milano

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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AIC 041928033 – "500 MG COMPRESSE RIVESTITE CON FILM" 120 COMPRESSE IN BLISTER AL/PVC/PVDC

AIC 041928045 – "500 MG COMPRESSE RIVESTITE CON FILM" 120 COMPRESSE IN BLISTER AL/PVC/PE/PVDC

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

Indice

Data della prima registrazione: 19/11/2013. Data dell’ultimo Rinnovo:

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 20/04/2021